L'app per il processo penale telematico non funziona, e per la giustizia è un problema
Tutti contro l'app, con i principali tribunali che ne hanno sospeso l'utilizzo.
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Magistrati e avvocati penalisti per una volta sono dalla stessa parte della barricata: l’app non funziona, e l’obbligo (va detto, progressivo) di utilizzarla in via esclusiva per il deposito di atti e documenti è arrivato troppo presto. Soprattutto considerate le dotazioni infrastrutturali dei tribinali e la preparazione digitale del personale. Tanto che il ministro della Giustizia Carlo Nordio ne avrebbe dovuto parlare oggi in un incontro con le forze di maggioranza.
L’ultimo decreto di Nordio, risalente a fine dicembre, avrebbe dovuto mettere – per così dire – una “pezza”, ma sembra aver al contrario esasperato gli animi: anzi, inasprendo l’obbligo di usare l’applicazione in via esclusiva per la maggior parte dei procedimenti, ha peggiorato la situazione.
Troppo, per la giunta esecutiva dell’Associazione nazionale dei magistrati che il 4 gennaio ha denunciato come si sia imposto di utilizzare l’applicativo “senza che lo stesso sia stato efficacemente testato presso gli uffici”, e nonostante i “numerosissimi malfunzionamenti”. Non solo. “Malgrado le numerose criticità rilevate da pressoché tutti gli uffici chiamati alla sperimentazione del sistema”, proseguono i magistrati, “si è altresì proceduto non prendendo in adeguata considerazione la scarsità di risorse e di infrastrutture tecnologiche che consentano ai Tribunali di celebrare efficacemente i processi per il tramite delle tecnologie digitali”.
La conclusione dei magistrati è che in via Arenula si va avanti come se “gli uffici fossero stati, tutti e da tempo, dotati di postazioni PC con accesso ad APP, nelle aule d’udienza e nelle camere di consiglio. Si opera come se il personale amministrativo e giudiziario fosse stato dotato di una idonea struttura di assistenza per la immediata gestione delle criticità”.
Mercoledì 8 gennaio è intervenuta anche Area Democratica per la Giustizia, un’associazione di magistrati, evocando ironicamente Musk. “Per come va la giustizia digitale in Italia manco Musk potrebbe mettere una pezza”, ha dichiarato il segretario Giovanni Zaccaro.
E veniamo dunque al punto più pratico: i principali Tribunali (Roma, Napoli e Milano) hanno deciso di sospendere l’utilizzo di APP (così si chiama il sistema); altri stanno seguendo, come Torino e Pescara. Insomma, un parapiglia che però era cronaca annunciata. Lo stesso Consiglio superiore della magistratura, in più riprese e in più delibere aveva lanciato un vero e proprio allarme (a marzo, a luglio e a dicembre del 2024), anche perché a chiederne la sospensione erano state le principali procure, che non riuscivano a portare a termine le stesse archiviazioni. La causa pare risiedere in difetti di progettazione dell’applicativo, problemi a quanto pare non risolti neanche con il rilascio della versione 2.0.
Lapidaria l’Unione nazionale delle Camere penali: “È doveroso un immediato intervento che assicuri la possibilità di depositare anche con modalità non telematiche gli appelli e tutti gli atti soggetti a termini perentori” , hanno scritto gli avvocati. “Il processo penale telematico può essere attuato unicamente nel rispetto del pieno ed effettivo diritto di difesa”. A prescindere e nonostante l’impegno del Governo nel Pnrr, che aveva promesso la completa digitalizzazione del processo penale per recuperare efficienza. L’eterogenesi dei fini, a quanto pare.
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