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Fascismo: l’equivoco delle “cose buone” fatte.

Leggo da Antonio Noto, sondaggista, che il 72% degli italiani si sente antifascista. “Così si difende la democrazia”, titolava ieri il suo pezzo sul La Repubblica.

Fascismo: l’equivoco delle “cose buone” fatte.

Mi rincuora che siano più gli italiani che credono nella democrazia liberale, quella che ha al centro i diritti dell’uomo, nel rispetto della società, cioè degli altri consociati. Oggi i giornali abbondano di riflessioni sul 25 aprile, tutte tesi già sentite, perché l’idea della libertà è antica e per noi si è consolidata nel corso del Risorgimento nazionale, negli anni durante i quali gli italiani non desideravano solo una Patria per tutti, ma un governo liberale, uno stato rappresentativo come lo aveva delineato, fin dal 1848, lo Statuto Albertino.

Tornando ai dati che ci fornisce Noto, è probabile che sia tra il 72% dichiaratamente antifascista ed il 28% che non si è detto tale, compresi coloro che hanno dichiarato di non sapere come rispondere (anche se questi mi augurano siano pochi) vi sono anche coloro i quali ritengono che comunque il fascismo abbia fatto anche alcune “cose buone”, le bonifiche, alcune norme di protezione sociale, la riforma della scuola voluta da Giovanni Gentile, costruito opere pubbliche importanti e forse dato anche prestigio all’Italia nel mondo.

Che opere buone ne abbia fatte è indubbio, ha detto più volte Alessandro Barbero, storico con grande capacità divulgativa, perché non è immaginabile che, avendo governato per venti anni, non abbia fatto niente di buono. Questa affermazione induce a sviluppare alcune considerazioni in tema di diritti individuali e sociali violati dal fascismo fin dalla fase dell’attacco al potere dello Stato con le aggressioni fisiche agli avversari, un dato che forse viene sottovalutato in ragione del fatto che, in quel periodo, la violenza aveva guidato l’azione di molti, come dimostra il “biennio rosso”, per cui probabilmente questi nostri concittadini pensano che siccome “così fan tutti” la lesione dei diritti sia poco rilevante o che comunque riguardi pochi, coloro che fanno professione di diffusione di idee, filosofi, storici, politologi, giornalisti. Senonché, ottenuto il potere per l’ignavia dei liberali, dei popolari e dei socialisti che ripetutamente invitati dal Re ad assumere le responsabilità di governo, nel difficile momento del passaggio da un’economia di guerra ad una gestione ordinaria, non se lòa sono sentita. E così, una volta giunto al potere, il fascismo non ha mutato il suo volto illiberale e autoritario ed ha trasformato la democrazia rappresentativa in un regime totalitario, frenato solamente dalla presenza del Re, ineliminabile nonostante il dittatore nazista abbia ripetutamente suggerito a Mussolini di cacciare Monarchia e di farsi Presidente di una Repubblica fascista, come aveva fatto lui a Berlino.

In ogni caso, anche a voler convenire sul fatto che qualche cosa buona il fascismo l’aveva fatta, basterebbe a cancellare questo giudizio positivo il fatto di aver voluto le leggi razziali e soprattutto di aver coinvolto l’Italia in una guerra che non avevamo alcun interesse a combattere. Giuseppe Valditara, Ministro dell’Istruzione quella guerra la definisce “insensata” e sottolinea l’importanza del 25 aprile come giornata della “liberazione dell’Italia da una dittatura e da un’occupazione militare straniera… momento conclusivo del Risorgimento”. Sottolinea, inoltre, come il protocollo firmato di recente con le varie associazioni serve ad organizzare, d’intesa con il Ministero, iniziative nelle scuole con le varie associazioni che hanno partecipato alla Resistenza, “non solo dunque gli ex comunisti, ma anche cattolici, azionisti, liberali, socialisti come pure le associazioni rappresentative dell’esercito italiano, che non aveva aderito alla RSI”. La Resistenza, ricorda Valditara, “è stata un fenomeno plurale, a raccontarla nelle scuole, di intesa con il Ministero, non può essere soltanto chi decise di schierarsi con l’Unione Sovietica e contro la NATO. Non vogliamo che venga vissuta come uno scontro tra comunisti e fascisti: la Resistenza è stato un momento corale che ha coinvolto tanti italiani che anelavano al ritorno della libertà e della democrazia”. E accenna al carattere strumentale di un dibattito portato avanti da un’opposizione che, “non avendo argomenti seri, da un anno e mezzo continua con questa retorica dell’allarme fascista che non esiste nel Paese e che non interessa agli italiani”.

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