Il 49,2% posti lavoro persi svolti da donne
Maggior ricorso a contratti a termine per componente femminile
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In base alle stime della Fondazione studi dei consulenti del lavoro “sui dati recentemente revisionati dell’Istat, tra 2019 e 2021, il numero degli occupati si è ridotto di 567.000 unità, per una contrazione del 2,5%”, e “quasi la metà dei posti di lavoro persi a seguito della pandemia da Covid-19 (il 49,2%) è stato femminile”.
Lo si legge nello studio dei professionisti, che precede la Festa internazionale della donna, domani, 8 marzo.
Secondo le elaborazioni condotte sulle Comunicazione obbligatorie giunte al ministero del Lavoro relative ai primi nove mesi del 2021, “sono state 2,3 milioni le donne interessate dall’attivazione di almeno un nuovo contratto di lavoro, un valore che, malgrado la ripresa, risulta ancora inferiore al 2019 (-1,5%) quando il numero delle nuove attivate era stato più alto”. Sul totale dei lavoratori, va avanti la ricerca, la quota ‘rosa’ ha rappresentato “il 46,2% delle nuove assunzioni”, mentre nel 2019 erano state il 45,6%. L’indagine dei consulenti, poi, mette in luce il maggior ricorso, per ciò che concerne la componente femminile, a contratti a termine e flessibili, giacché “soltanto il 21,3% delle donne (ma tra gli uomini la percentuale scende al 19,1%) è stata interessata dall’attivazione di un contratto a tempo indeterminato, mentre la maggioranza ne ha avuto uno a termine (64%), o flessibile di altra natura. I primi, peraltro, risultano in calo, rispetto al 2019 (-7,9%), mentre i secondi aumentano (3%)”, si legge, infine.
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