Fisco, la missione di Draghi: mettere ordine tra duecento norme
Una commissione per la riforma fiscale snella, con personaggi autorevoli ed operativi, con un orizzonte temporale breve e con l’obiettivo, con tutta probabilità, di impostare una legge delega.
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 Sono queste le prime indicazioni che emergono sulla rivoluzione fiscale targata Draghi che dovrebbe segnare una delle priorità del nuovo governo. Le indicazioni politiche di massima sono state fornite dallo stesso presidente del Consiglio in Parlamento: riforma organica, progressività riduzione graduale della pressione fiscale, semplificazione.
Le idee che circolano tra Palazzo Chigi e Via Venti Settembre trovano naturalmente una sponda nella istituzione da cui provengono Mario Draghi e Daniele Franco: la Banca d’Italia. È stato lo stesso governatore Ignazio Visco per due volte consecutive, nelle “Considerazioni finali” del 2019 e del 2020, a puntare l’indice sulla necessità di una riforma organica del nostro sistema tributario (gli interventi spot fino ad oggi sono stati circa mille con 200 provvedimenti). A Via Nazionale studiano la questione da tempo e le loro idee vanno tenute d’occhio. Come quelle esposte pochi giorni fa, in Parlamento nella indagine conoscitiva presso le Commissioni Finanze di Camera e Senato, da Giacomo Ricotti, capo del settore fisco di Via Nazionale.
Meno tasse
Questo è l’obiettivo più atteso, ma non come si crede comunemente per via della pressione fiscale. In realtà l’Italia con il 41,8% è al settimo posto ben sotto Francia, Danimarca, Belgio, Svezia e Austria (sono tutti dati del 2018, i più recenti). Il problema è quello delle aliquote marginali effettive, formula difficile che di fatto rappresenta quanto si paga di più quando si salta una aliquota per un aumento di stipendio a causa delle detrazioni che precipitano (tra i 35 e i 60 mila euro si arriva al 65 per cento di aliquota marginale effettiva). In questo caso l’obiettivo è quasi certo: ridurre almeno la differenza di 11 punti di aliquota tra chi sta sotto e chi sopra i 28 mila euro netti.
Lavoro e rendita
Qui non è solo la Banca d’Italia che lo dice, ma anche la Commissione europea. È «necessario ridurre» il carico fiscale sui fattori produttivi, lavoro e capitale, aumentando quello sui consumi e la ricchezza (più che quella finanziaria, quella immobiliare). Le tasse sul lavoro, e relativo cuneo, in Italia sono tra le più alte d’Europa: 42,7 per cento contro una media dell’eurozona del 38,6 per cento. Anche le imposte sul capitale sono le più alte d’Europa: 23 per cento contro una media del 21 per cento dell’area euro.
Terreno scivoloso: Iva e Imu
Il prelievo sui consumi in Italia è «tra i più bassi in Europa». La tassa sulla casa è invece in linea con la media ma c’è il problema del catasto e della prima casa.
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