Il marchio del Festival di Sanremo è del Comune.
È arrivata la sentenza del Consiglio di Stato.
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Mentre per giorni l’attenzione dei principali quotidiani nazionali è stata catturata dalle polemiche sull’ipotesi di un trasferimento del Festival di Sanremo, sono passate quasi inosservate le motivazioni — di fatto storiche — con cui il Consiglio di Stato ha argomentato la sentenza che impone al Comune di procedere a una manifestazione di interesse pubblica per l’assegnazione dei marchi “Festival della Canzone Italiana” e “Festival di Sanremo”. Una decisione che, lungi dal ridimensionare il ruolo della Città dei Fiori, lo rafforza con chiarezza, riconoscendole la piena titolarità dell’evento.
Le motivazioni, rese pubbliche nei giorni scorsi, tracciano una linea chiara: il Festival, quale manifestazione musicale in sé, appartiene a chi le ha dato i natali nel Salone delle feste del Casinò Municipale: anno 1951. “Costituisce un evento del quale è titolare (sub specie di possessore di marchio) il Comune di Sanremo”, scrivono i giudici nella sentenza n. 5602/2025. E ancora: “Il Festival, appunto, quale evento musicale, è di titolarità del Comune”. Il provvedimento, reso anticipatamente senza motivazioni il 29 maggio, affronta anche le linee difensive avanzate dalla Rai, fondate in particolare sulla natura di “format” sviluppato nel tempo dalla tv di Stato, le quali vengono ridimensionate dai giudici di ultima istanza, che riconoscono tali profili come separati e non interferenti con il possesso comunale del marchio. “Il marchio ha senz’altro una sua autonoma identità e un contenuto suo proprio che prescinde dal programma Tv”, si legge ancora nel dispositivo. La posizione della Rai, che nel corso del giudizio ha cercato di valorizzare l’elemento del “format televisivo” come generatore di diritti concorrenti o persino preminenti rispetto al marchio, è stata respinta. Il Consiglio di Stato, su questo punto, è tranchant: “Tutto l’argomentare della Rai e di Rai Pubblicità circa la sussistenza di concorrenti diritti (o di una comunione) intorno al Festival non è dunque condivisibile né conducente”, chiarendo che l’eventuale format ideato dalla Rai “ricade nella proprietà intellettuale di altri soggetti” e si pone “su tutt’altro piano, che nulla ha a che vedere col marchio (e, dunque, con la proprietà immateriale) comunale”.
Questi chiarimenti giungono in un momento cruciale per i rapporti istituzionali tra Rai e Comune. Conclusa formalmente la fase selettiva della manifestazione di interesse – come annunciato nei giorni scorsi da Palazzo Bellevue – si apre ora la fase negoziale, che porterà alla definizione del nuovo assetto contrattuale per l’edizione 2026 del Festival e per le tre successive, con possibilità di proroga di due anni a partire dall’edizione 2029 fino al 2030. La prima riunione ufficiale è già stata calendarizzata, anche se l’appuntamento resta coperto dal massimo riserbo.
Da un lato del tavolo, il Comune di Sanremo sarà rappresentato dal sindaco Alessandro Mager, che fin dal suo insediamento ha mantenuto per sé la delega ai rapporti con la Rai, e dall’assessore al Turismo e Manifestazioni Alessandro Sindoni, già parte della cabina di regia istituita per gestire gli sviluppi legati alla sentenza del Tar Liguria. Dall’altro lato, sono attesi i rappresentanti della Rai. L’incontro segna il primo confronto diretto tra le due parti dopo mesi di silenzio nei contatti istituzionali, un silenzio dettato dal rispetto delle procedure selettive e del contenzioso giudiziario in corso. In questi mesi, infatti, la giustizia amministrativa ha di fatto imposto equidistanza per garantire imparzialità nella selezione del soggetto gestore del Festival. La manifestazione di interesse, pur non configurandosi come un bando d’appalto classico, ha rappresentato una fase sensibile, durante la quale il Comune ha mantenuto un profilo di rigorosa neutralità.
Eppure, il dibattito pubblico non si è mai fermato. Secondo alcune fonti giornalistiche, a fronte delle richieste inserite dall’amministrazione Mager nel proprio bando di concessione, il servizio pubblico avrebbe pensato a un piano per trasferire l’evento in altre sedi non meglio specificate. Ne è nata una narrazione parallela, fatta di voci “off the records”, che ha avuto ampia eco nazionale e che ha contribuito a diffondere l’idea di un possibile “Festival di altrove”. Ora però le interlocuzioni tornano ufficiali, dentro le stanze del municipio di Sanremo. Le parti si ritroveranno faccia a faccia, chiamate a riannodare un dialogo sospeso. Sarà un momento denso, in cui riaffiorerà la consapevolezza di essere stati — e di essere ancora — partner indissolubili di un’avventura che ha segnato la cultura italiana. La trattativa si apre su basi ormai definite: i parametri fissati dalla manifestazione di interesse e, soprattutto, la cornice giuridica limpida tracciata dal Consiglio di Stato. È la fase del ritorno alla politica dei fatti, non dei retroscena.
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