Anno: XXV - Numero 66    
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Vaccino, i chiarimenti sulla seconda dose.

Ecco cosa dice la circolare e le ricadute per i medici di famiglia

Vaccino, i chiarimenti sulla seconda dose.

Il governo fa un passo indietro sulle seconde dosi ai soggetti sotto i 60 anni che hanno ricevuto Astrazeneca contro il coronavirus. Pur non rinnegando il “crossing” – il passaggio ad un vaccino a mRna (Pfizer, Moderna) – nella nuova circolare del 18 giugno il Ministero della Salute, successiva ad indicazione del Comitato tecnico scientifico guidato da Franco Locatelli, ammette che i cittadini possano fare il richiamo con una seconda dose di Astrazeneca. E possono farlo ove non acconsentano di stare all’indicazione governativa di inoculare un principio diverso.

Si tratta di una scelta che è nelle loro facoltà. Infatti, spiega la circolare, pur restando prioritaria l’indicazione di una seconda dose con un vaccino capace di prevenire l’insorgenza di trombocitopenia immune in soggetti a basso rischio di sviluppare Covid-19 grave, due dosi di vaccino Astrazeneca sono comunque più efficaci di una sola, studi alla mano, per proteggersi dal virus. La circolare per inciso conferma la linea di somministrare preferenzialmente vaccini a vettore adenovirale – compreso il monodose Johnson & Jonhson – agli ultrasessantenni, e indirizza i monodose su migranti e senza fissa dimora, data la difficile reperibilità di questi soggetti. Il governo sposa in sostanza la linea della libera scelta adottata dalla Regione Lazio, dopo la circolare dell’11 giugno, quella che apriva alla vaccinazione eterologa. Inoltre, ritocca le informative dei consensi alla vaccinazione, venendo in qualche modo incontro alla richiesta di Gimbe di rivederle. La Fondazione presieduta da Nino Cartabellotta aveva chiesto al Ministero di esprimersi con una nota congiunta e definitiva e di ammettere che il “crossing”, il passaggio da una prima dose con un vaccino ad adenovirus vettore ad una seconda con vaccino a mRna, è “off label”, non è previsto né dagli organi regolatori dell’Unione Europea né nei foglietti illustrativi dei produttori, quindi sarebbe stato necessario informare l’utenza su benefici, rischi e incertezze delle opzioni.

L’11 giugno, all’indomani della morte della ragazza genovese vaccinata con Astrazeneca, anche di fronte alle richieste di parte del mondo scientifico, il Comitato tecnico scientifico della Protezione Civile aveva raccomandato di non proporre vaccini a vettore adenovirale ai soggetti tra 18 e 59 anni, specie se donne, e il Ministero della Salute aveva accolto la raccomandazione come “perentoria”; la raccomandazione del Cts guidato da Franco Locatelli prevedeva che non solo ai soggetti sotto i 60 anni non fosse inoculato il vaccino a vettore adenovirale ma che a questi soggetti ove avessero ricevuto la prima dose con Astrazeneca (J&J è monodose, ndr) avrebbe dovuto essere somministrato un vaccino a mRna, anche perché con il richiamo a 8-12 settimane, cresce la risposta anticorpale e buono è il profilo di reattogenicità. Nelle stesse ore però l’European Medicines Agency di Amsterdam ribadiva sui social che i vaccini Astrazeneca e J&J restano somministrabili a tutte le fasce d’età. In altre parole, l’Italia ha lanciato la vaccinazione “eterologa”, come del resto la Germania, divergendo dalle linee guida ufficiali europee. Regioni come Lombardia e Campania in un primo momento dicevano no, salvo cambiare linea di fronte a rassicurazioni ministeriali; con l’assessore Alessio D’Amato il Lazio sposava la linea della libera scelta del paziente: volesse continuare con Astrazeneca quali evidenze possono impedire al medico di somministrarglielo?

Del resto, come riassumeva Pierluigi Bartoletti medico di famiglia e vicesegretario vicario Fimmg, la confusione negli studi dove anche i Mmg sono impegnati a vaccinare c’è. «Da un lato l’Ema conferma che il vaccino Astrazeneca è somministrabile dai 18 anni in su, dall’altro Aifa ordina di completare il ciclo degli over 60 anni con un Mrna; i bugiardini dicono invece che il ciclo va completato con lo stesso prodotto iniziale». Come ci dice un addetto ai lavori romano, in questo momento c’è anche rischio di spreco vaccinale. «Nel Lazio sopra a 60 anni restano da vaccinare solo 186.982 persone. Tra luglio e settembre in Regione è previsto l’arrivo di circa 2,6 milioni di dosi Astrazeneca e 1,6 circa di J&J, anche se tutti gli over 60 decidessero di completare il richiamo secondo linee guida Ema, quasi 9 su 10 potrebbero restare nei frigoriferi». Per il presidente Omceo Rm Antonio Magi, la linea della libera scelta è sensata: «Se il medico ha davanti un paziente che ha ricevuto la prima dose di Astrazeneca e ritiene che abbia caratteristiche per cui non riscontra problemi, non vedo perché il paziente non debba ricevere anche la seconda dose di Astrazeneca; è il medico che di volta in volta deve visitare il paziente, fargli un’anamnesi corretta e decidere la tipologia di vaccino in base alla sua storia».

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