Anno: XXV - Numero 66    
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Medici ospedalieri italiani sempre più poveri

Medici dipendenti, gli stipendi crescono in Europa ma non in Italia. Ecco il confronto

Medici ospedalieri italiani sempre più poveri

Antonio Magi (Sumai) l’Italia è terzultima per stipendi dei medici specialisti – dipendenti e non – in Europa ed è stata superata dalla Spagna dove le retribuzioni di questi medici sono cresciute di una media di 35 mila euro annui.

È ora dunque di rivedere le classifiche degli stipendi per capire se in Europa qualcuno se la passa peggio o meglio, e di quanto. In attesa delle rilevazioni della Federazione Europea dei Medici Specialisti (FEMS), che dovrebbero uscire a primavera 2023, ricordiamo due fotografie un po’ ingiallite dal tempo. Nel 2019 Ocse (Organizzazione per commercio e sviluppo) comparando il salario medio dei medici -solo dipendenti -con quello del lavoratore-tipo in ogni paese evidenziava che in Italia un medico guadagna 2,5 volte un altro occupato, in Francia 2,2 volte, in Spagna 2,3 volte, in Germania 3,5 volte, nel Regno Unito 3,4 volte. Ci trovavamo insomma a metà classifica. I più puntuali dati Fems 2017 dicevano che l’Italia i medici specialisti dipendenti guadagnavano appena più di 80 mila euro contro gli 85 mila dei pari grado francesi, gli spagnoli 79 mila euro mentre in Germania si arrivava a 150 mila euro e in UK a circa 130 mila euro. In Spagna era iniziata una risalita rispetto ai valori bassi evidenziati dalle precedenti statistiche: nel 2011 il medico spagnolo prendeva 65 mila euro, l’italiano invece era a 80 mila euro di media. Da questa sommaria analisi si conferma un dato che un po’ tutti sappiamo: con il blocco dei contratti del 2010 lo stipendio del medico dipendente italiano si è fermato mentre gli altri stipendi sono avanzati, incluso quello degli spagnoli che ora si attesterebbe sui 95 mila euro annui, 12-13 mila in più che ne nostro paese, dove – forse non a caso – gli specialisti crollano di stipendio e di numero. Nel 2006 secondo la Fnomceo avevamo 290 mila specialisti, dieci anni dopo sono 275 mila, nei paesi nordici invece c’è un boom e gli specialisti li cercano da noi già formati. E i nostri stipendi non sono più né tra i più alti né a centro-classifica.

«In realtà queste comparazioni sono delicate. Anche nell’ambito della dipendenza, a parte le voci fisse ed accessorie, la composizione dei salari è diversa. Anche tasse e detrazioni rispettano regole diverse da un paese all’altro. Le nuove analisi che FEMS sta producendo cercheranno di offrire dati il più possibile depurati e comparabili», spiega Alessandra Spedicato, membro del Direttivo nazionale Anaao Assomed e delegata italiana nella FEMS in Europa. «L’Italia però differisce dal resto d’Europa per un motivo: negli altri paesi UE c’è stata una costante crescita dei salari, sostenuta da meccanismi come gli scatti biennali in Francia, le rivalutazioni periodiche delle professionalità in Centro e Nord-Europa, le vere e proprie “sollevazioni” all’Est. Ad esempio, subito prima della pandemia di Covid-19, in Romania, i colleghi hanno indetto uno sciopero massivo e alla fine della trattativa lo stipendio, che era tra i più bassi in tutto il continente, è cresciuto del 35%, e con esso sono cresciuti sia il potere d’acquisto sia forse l’autorevolezza dello stesso servizio sanitario. Da noi, ci sono gli scatti a 5, 15 e 20 anni, ma a parte che il contratto non è applicato uniformemente dappertutto dopo 10 anni di blocco (unico caso in Europa), la propensione allo sciopero nella dirigenza sanitaria appare inferiore anche a quella di altri paesi del Nordeuropa. E comunque, a mio avviso, fatichiamo ad indire scioperi con la stessa frequenza e massività riscontrata in altri pubblici servizi. Teniamo molto conto dei disagi dei pazienti».

Per questi motivi oggi il medico italiano appare incastrato nel suo ruolo e nel suo compenso fermo. Il “posto fisso” nel settore pubblico non affascina più ma anzi può apparire una gabbia, qualcuno va a lavorare nel privato o, potendo, all’estero. «In Spagna, paese dove il potere d’acquisto è in genere più favorevole, sono stati capaci di migliorarsi e di valorizzare le figure sanitarie in questi anni difficili. Altri paesi come l’Olanda e la Germania, rispetto alla direttiva europea che chiede giustamente un orario lavorativo settimanale di 48 ore, hanno istituito eccezioni come l’opt-out, il medico può chiedere deroghe su base volontaria e in questo caso è pagato molto di più che da noi, dove invece una reperibilità di 12 ore è inchiodata al compenso di 20 euro, e la paga oraria è più povera. In ogni caso, i numeri di oggi un po’ sorpassati bastano a farci concludere che l’Italia è il paese europeo dove vanno messi più urgentemente in campo strumenti per valorizzare il lavoro del medico dipendente. E non solo del dipendente…»

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