Malattia professionale, non tutti i medici sono indennizzati.
Ecco chi è escluso dalle tutele
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Lo dice il presidente Inail Franco Bettoni, “non è più rinviabile l’ampliamento della platea degli assicurati contro infortunio e malattia professionale”, e cita i medici di famiglia. Dichiarazione subito raccolta da Pina Onotri, Segretario Generale Sindacato Medici Italiani (SMI): «Siamo d’accordo con il Presidente Inail sulla necessità di ampliare l’infortunio sul lavoro a medici di medicina generale e liberi professionisti e ad altre categorie di lavoratori senza questa tutela». Intervistato da ADNKronos, Bettoni ha ricordato come oltre 3,5 milioni di lavoratori non possano accedere alle prestazioni in caso di infortunio o malattia professionale. Cita i medici ma anche i commercianti titolari di impresa individuale, i volontari della protezione civile e della Croce Rossa, polizia e vigili del fuoco, prendendo atto degli impatti mortali del Covid e dei tanti mancati indennizzi. È stato il decreto-legge 18/2020 (Cura-Italia) all’articolo 42 a riconoscere l’indennità infortunistica a tutti i lavoratori contagiati sul lavoro, ma le tutele scattano per i soli dipendenti pubblici e privati. Per medici liberi professionisti e convenzionati a fine 2020 la senatrice Maria Cristina Cantù (Lega) aveva presentato un disegno di legge che, ispirato da alcuni ordini come quello di Milano, prevedeva un indennizzo di 100 mila euro per ogni sanitario deceduto ed un’indennità in caso di infortunio permanente. A fine 2021 il testo, trasformato in emendamento, è stato fatto saltare in parlamento suscitando indignazione in tutti sindacati medici. Alla vigilia del 5° Congresso Nazionale Smi torna alla carica: «Non sono bastati i circa 400 medici di famiglia deceduti», osserva Onotri. «È quanto mai urgente uno strumento normativo adeguato che riconosca ai medici convenzionati le tutele previste per tutti gli altri lavoratori. Le famiglie dei medici hanno diritto ad essere indennizzate in caso di morte dei propri congiunti». Onotri sottolinea come in altri paesi europei siano previste tutele per i camici.
Covid come malattia “ordinaria” – Da noi i medici hanno innanzi tutto l’indennità di inabilità assoluta temporanea Enpam che copre un anno o poco più. Certo, competitiva rispetto all’indennità di malattia Inps dei lavoratori dipendenti, erogata per massimo 180 giorni. L’erogazione ai medici di medicina generale funziona così: I primi 30 giorni di assenza sono coperti da compagnie (Cattolica in coassicurazione con Groupama); dal 31° giorno subentra l’Enpam che, come anticipato, eroga il 62,5% del compenso giornaliero per un massimo di 24 mesi (anche non continuativi nell’arco degli ultimi 48 mesi). Lo specialista ambulatoriale ha invece per 180 giorni la copertura del Ssn e poi subentra Enpam che eroga fino a un massimo di 18 mesi il 50%del compenso – la parte restante è a carico Ssn – e per i successivi 15 mesi il compenso integrale. Per i liberi professionisti Enpam versa dal 31° giorno un’indennità pari all’80% del reddito dichiarato fino a un massimo di 167 euro al giorno. E qui si inserisce il primo sussidio straordinario post-Covid; per alleviare le perdite da chiusura dell’attività, Enpam ha concesso ai contribuenti in quota B contagiati un’una tantum che va dai 600 euro per le forme lievi ai 3 mila in caso di ricovero ai 5 mila per il ricovero in terapia intensiva. Ma dal 1° luglio non si può chiedere più: i ministeri di Lavoro, Salute, Economia la prevedevano nell’arco dell’emergenza sanitaria nazionale, ormai finita. È possibile che con la recrudescenza della patologia sia riattivata.
Covid come malattia professionale – E veniamo all’indennità d’infortunio Inail -di cui i medici liberi professionisti non godono. Qui le tutele sono ben diverse. In caso di infortunio accertato l’Inail eroga (retroattivamente) dal 4° giorno fino al 90° giorno il 60% della retribuzione, e dal 91° giorno il 75% della retribuzione media giornaliera fino alla guarigione. Se il lavoratore non guarisce e se ne accerta l’invalidità oltre il 15%, l’Inail riconosce una rendita vitalizia crescente di grado in base a specifiche tabelle. In caso di morte,c’è unarendita pari al 50% dello stipendio per il coniuge o compagno unito civilmente, al 20% per ogni figlio, al 40% per il figlio orfano di entrambi i genitori, al 20% per genitori o fratelli in mancanza di coniugi o figli. Da Tivoli, Onotri lancerà un appello ai sindacati ed ai partiti, di cooperare affinché il nuovo Parlamento riconosca subito le tutele Inail per i medici convenzionati. Il congresso sarà elettivo, venerdì 7 si vota il nuovo direttivo di Assimefac, società scientifica vicina al sindacato; sabato 8 ottobre 2022 si eleggeranno Ufficio di Presidenza, Segreteria Nazionale, Consiglio Nazionale, componenti Smi in Fvmed in Fespa.
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