Anno: XXV - Numero 71    
Mercoledì 24 Aprile 2024 ore 16:45
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SI ASTIENE SOLO IL 48% DEI MAGISTRATI

Con questi numeri viene chiaramente spazzata via ogni ipotesi di fare pressione sul Senato

SI ASTIENE SOLO IL 48% DEI MAGISTRATI

Una vera debacle, lo sciopero indetto dall’Anm per la giornata di ieri: neanche la metà dei magistrati ha incrociato le braccia. Secondo i dati ufficiali delle 19.30, la percentuale di adesione è del 48,45 per cento, ossia 4.285 magistrati su 8.844. Il risultato più “raggelante” arriva forse da Roma, che si ferma al 38%. «Il dato statistico non ci accontenta: dobbiamo lavorare per riportare i colleghi negli spazi comuni – ha spiegato il segretario della giunta Anm del Lazio, Emanuela Attura –. A conferma di ciò il fatto che la tavola rotonda aperta che si è svolta oggi (ieri, ndr) è riuscita molto bene, un momento di confronto costruttivo e utile». Vi ha partecipato anche Vincenzo Comi, presidente della Camera penale di Roma, che ha ribadito: «Il metodo del confronto con gli avvocati, che in altri casi è stato attuato e che si è rivelato proficuo, in questa riforma avrebbe contribuito a individuare un percorso più rapido per l’approvazione e per marcare l’effettivo superamento di una crisi della magistratura nell’interesse di tutti i cittadini».

Se nel distretto di Milano ha scioperato il 51% delle toghe, a Milano città si è astenuto dall’attività appena il 39% dei magistrati. Pure in quello di Napoli si arriva pelo pelo al 53%. Mentre in Cassazione ha scioperato solo il 23% dei consiglieri. Non c’è dubbio, insomma, che quella di ieri sia stata una giornata nera per l’Anm: si è voluta confrontare con una sfida politica nazionale che è chiaramente andata persa. E qualche magistrato già si interroga sul futuro del presidente Giuseppe Santalucia e sulle sue possibili dimissioni. Eppure il segretario generale dell’associazione, Salvatore Casciaro, prova a ridimensionare la sconfitta: «In un contesto generale non facile c’è stato un livello di adesione all’astensione intorno al 50%, comunque importante. Il che dimostra come l’Anm si sia fatta interprete autorevole del disagio e della preoccupazione reale di tanti magistrati». E infine auspica: «Ci sono ancora i tempi e gli spazi per modifiche migliorative del testo sul Csm, e spero ci sia anche la volontà delle forze politiche di confrontarsi per apportare i dovuti correttivi».

Ma con questi numeri viene chiaramente spazzata via ogni ipotesi di fare pressione sul Senato. La magistratura ne viene fuori divisa e debole, con una Anm incapace di aggregare i magistrati intorno a una iniziativa che aveva l’ambizione di dare una scossa al Parlamento, di evitare l’approvazione di una riforma definita «punitiva» e che ridurrebbe il magistrato a burocrate. Tuttavia non parla di flop neanche Eugenio Albamonte, segretario di AreaDg. Sollecitato dall’AdnKronos, punta il dito su una campagna mediatica ostile: «Tutto sommato, in considerazione anche della grande campagna che è stata fatta contro lo sciopero dei magistrati, che ovviamente colpisce anche gli stessi magistrati, nel senso che leggiamo i giornali, guardiamo la televisione, seguiamo le agenzie e così via, direi che è un dato comunque significativo». «Sono convinto – osserva infine il pm di Roma – che il dato da tenere in considerazione siano le quasi 50 iniziative organizzate in giro per l’Italia in altrettanti tribunali, per aprire il dibattito all’opinione pubblica, alla stampa, alla società civile, agli avvocati e agli altri professionisti che lavorano con noi».

Chi invece prova a fare autocritica è il segretario di Magistratura democratica, Stefano Musolino, che così commenta al Dubbio: «La stragrande maggioranza della magistratura giudica questa riforma pessima, anche la maggior parte di quelli che non hanno scioperato. L’esito della giornata di astensione è quello di una magistratura apparentemente divisa, ma, in realtà, è anche l’effetto di una proclamazione eccessivamente affrettata. Proprio per questo avevamo richiesto un tempo più lungo per spiegare meglio le ragioni dello sciopero dentro e fuori la magistratura. Non abbiamo avuto la possibilità di costruire una sintonia collettiva interna, né la capacità di trovare interlocutori solidali all’esterno. I nodi nevralgici della crisi pretendono una seria volontà di auto- riforma, capace di coinvolgere tutti gli attori della giurisdizione. Come Anm, sino ad oggi, non siamo stati capaci di farci carico di questo sforzo, e questo ci ha fatto perdere autorevolezza nelle interlocuzioni con il riformatore, ci ha isolato da accademia, avvocatura, sindacati del personale amministrativo e società civile. Restano ferme le buone ragioni dello sciopero ed è necessario partire dai confronti avviati in questi ultimi giorni in tutte le sedi distrettuali, per recuperare un dialogo, finalizzato a migliorare la riforma».

Ha parlato di «giorno triste, l’ennesimo per la giustizia» la presidente del Cnf Maria Masi: «Non poche perplessità e molto sconcerto ha suscitato nell’avvocatura la decisione dell’Anm di scioperare contro la riforma Cartabia dell’ordinamento giudiziario. Fino all’ultimo momento abbiamo confidato in un ripensamento che non c’è stato. Un’occasione sprecata per dimostrare che, anche di fronte a ipotesi di riforma non del tutto condivisibili, la magistratura italiana, a cui la Costituzione affida il potere e il dovere di applicare la legge e alla quale i giudici sono soggetti, avrebbe potuto scegliere di far prevalere il senso di responsabilità nei confronti dei cittadini e dell’ordinamento e il rispetto nei confronti della sua stessa essenziale funzione. Ancor meno si comprendono le dichiarazioni del presidente Anm Santalucia, soprattutto quando si è riferito al “pericolo di un mutamento del modello di magistratura” che avrebbe convinto i giovani magistrati ad aderire allo sciopero. Esiste già il riferimento a una magistratura ‘ modello” ed è a quella che i giovani magistrati dovrebbero guardare, perpetuandone il coraggio e la generosità».

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