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Venerdì 17 Maggio 2024 ore 13:00
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NON CE LA FACCIAMO PIÙ

È il grido dei professionisti in attesa di una boccata d'ossigeno

NON CE LA FACCIAMO PIÙ

Potremmo definirle «storie di tutti i giorni», come la vecchia canzone di Riccardo Fogli. Il 2020 si è chiuso con 209.000 lavoratori autonomi in meno, il 4% dell’intero popolo delle partite Iva. È come se 563 liberi professionisti e lavoratori in proprio ogni giorno dell’anno scorso (comprese le domeniche) avesse gettato la spugna e deciso di abbandonare il suo sogno chiudendo per sempre la porta dello studio professionale o la saracinesca del negozio e del laboratorio. Niente soldi per pagare l’affitto, le bollette, i fornitori. A volte niente soldi nemmeno per fare la spesa. Nessuna tutela. E invece tante, troppe preoccupazioni.

Paola, 42 anni, è architetto. Prima del Covid aveva uno studio tutto suo a Napoli e un paio di collaboratori che chiamava per sbrigare le pratiche burocratiche per ottenere i permessi e i nuovi accatastamenti. Non è mai stato un architetto ricco Paola. Ha sempre preferito fare pochi lavori per volta, con molta precisione. A ogni modo, tolte le spese, qualche migliaio di euro al mese a casa Paola da anni l’aveva sempre portati. Poi è arrivato il Covid, hanno chiuso i cantieri, i lavori si sono fermati e anche le fatture, in alcuni mesi Paola non è riuscita nemmeno a coprire le spese fisse dello studio. E di certo non erano sufficienti i ristori. Il suo vero ammortizzatore sociale è stato suo marito, Claudio, bancario. «Ho disdetto il contratto di locazione dello studio, non mi sembrava giusto pesare così tanto sulle spalle di Claudio» racconta Paola. «E mi sono messa a studiare per il concorso di insegnante. Non vedo l’ora di avere uno stipendio fisso tutti i mesi. Lo so, con l’agevolazione al 110% ora per molti miei colleghi il lavoro è ripartito. Ma io non ho più voglia di combattere con i clienti che pagano in ritardo, le banche che non ti fanno credito, le angosce che non fai in tempo a consegnare i progetti se ti viene un po’ di febbre».

Un problema serio, quello della malattia del libero professionista. In Senato c’è un disegno di legge, fermo, che prevede il differimento delle scadenze, per consentire al lavoratore autonomo ammalato, o infortunato, di aver tempo per potersi curare: «Abbiamo detto al ministro del Lavoro, Andrea Orlando, che è necessario farlo procedere, così come è urgente rafforzare le norme sull’equo compenso per le prestazioni professionali» riferisce Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni, al termine della riunione che il ministro ha avuto ieri con le associazioni datoriali sulla riforma degli ammortizzatori sociali. «Entro fine mese proporrò un primo documento con un impianto di riforma» ha assicurato il ministro.

 

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