L’ALIBI DEL MINISTRO E LE ILLUSIONI INFRANTE
Si è svolto venerdì’ scorso un dibattito molto chiaro e franco, senza infingimenti e false cortesie, sul tema della riforma dell’ordinamento professionale forense.
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Venerdì sera, nell’ambito della scuola di politica forense provvidenzialmente organizzata da Mga, si è svolto un dibattito molto chiaro e franco, senza infingimenti e false cortesie, sul tema della riforma dell’ordinamento professionale forense, ed in particolare sulle modalità con le quali si è ritenuto di procedere per giungere alla elaborazione di un testo riformatore che asseritamente sarebbe stato poi presentato alla politica dal Consiglio Nazionale Forense e da un compiacente e trasparente Ocf. Nel corso di questo dibattito, senza mezzi termini, gli interventi, tra i quali quelli di chi scrive, hanno segnalato come, al di là dei pure fortemente criticati i contenuti di merito, sia stato il metodo seguito che ha presentato più di una criticità, soprattutto in termini di democraticità, trasparenza, rispondenza dei contenuti alle mozioni congressuali, capacità di interpretare le esigenze della modernità e di costruire la figura di un avvocato “Nuovo“, così come richiesto dai tempi e dalla galoppante evoluzione tecnologica che finora abbiamo purtroppo subito.
Si è fatto presente come l’attuale situazione sia in realtà il frutto di un disegno partito da lontano, elaborato da pochi sulle spalle di molti, per ricondurre l’avvocatura alla situazione precedente la svolta democratica rappresentata dalla creazione di un organismo politico, indipendente, quale è stato l’OUA, non a caso volutamente raso al suolo al congresso di Rimini 2016, anche per mano di alcuni che ne furono tra gli ideatori e i più accesi sostenitori. Ma, si sa, il cambio di casacca nell’avvocatura è sport largamente praticato.
L’obiettivo perseguito, ed oggi quasi raggiunto, è quello di mettere a tacere qualsiasi voce libera, di impedire una democratica formazione della volontà, di impedire ogni occasione in cui possa essere messa in discussione la volontà di taluni vertici, di riportare il congresso, che le norme vigenti vorrebbero quale massima assise dell’avvocatura, anche in termini di formazione della volontà, al congresso giuridico forense ante-Oua, quando si discuteva sostanzialmente della coltivazione del pistacchio nella Sicilia meridionale, ma non certo di temi politici e di come gestire l’avvocatura e le riforme, temi sui quali chi oggi comanda vorrebbe imporre solo e soltanto la propria volontà e visione, riconducendo a sé l’elaborazione e la titolarità del potere di varare testi e sottoporli alla politica, libero dall’indesiderato vaglio congressuale. E, del resto, il CNF non ha mai accettato di piegarsi al contenuto dei deliberati del congresso, malgrado i poteri adesso conferiti dalla normativa tuttora vigente, che si è preferito e si preferisce aggirare.
Chi scrive ha segnalato che all’attualità non risulta presentata in parlamento, né alla Camera né al Senato, alcuna proposta di legge avente ad oggetto la riforma dell’ordinamento professionale forense, e questo a conferma del fatto che se anche questo improvvido testo fosse stato consegnato alle forze politiche, nessun parlamentare avrebbe finora ritenuto opportuno farlo proprio e presentarlo nelle forme dovute perché si possa avviare l’iter dell’eventuale approvazione.
Tutto quanto emerso poteva sembrare solamente il frutto di polemiche, o comunque una interpretazione di parte e lontana dal reale, ma sono bastate solo poche ore perché altri fatti, e molto più autorevoli interventi, decretassero l’affossamento dell’illusione di vedere in questa legislatura avviato l’iter parlamentare e approvata la riforma così fortemente propugnata dal Principe e da coloro che lo affiancano.
Infatti, proprio rispondendo ad una domanda dello stesso Principe, non chi scrive bensì il ministro di giustizia Nordio, ha affermato con estrema chiarezza che la riforma dell’ordinamento professionale forense, ancorché auspicabile, è secondaria rispetto alla priorità della preventiva approvazione della riforma costituzionale che vorrebbe l’inserimento in termini diversi dell’ “avvocato in costituzione”. Riforma costituzionale del tutto superflua, poiché il diritto di difesa è già ampiamente contemplato dalla carta costituzionale, ma addirittura perniciosa come autorevolmente sostenuto sin qui da molti, ivi compreso chi scrive.
Ma quand’anche fosse ritenuta utile e necessaria, si tratta di una riforma che giace in parlamento oramai da oltre due anni senza che si sia minimamente avviato l’iter previsto per pervenire alla sua approvazione, che tutti sappiamo essere percorso irto di ostacoli, assai complesso, lungo nel tempo e necessitante di ampi amplissimi consensi nell’ambito delle forze politiche. Senza contare l’eventuale successivo referendum. Ma ancor più senza contare l’esistenza di tematiche ben più rilevanti e importanti che richiedono la trattazione e l’attenzione dei due rami del parlamento, ed anche dello stesso ministro di giustizia.
Molteplici sono le fonti che hanno riportato la risposta del ministro, nella quale chiaramente si antepone la riforma costituzionale di cui sopra alla eventuale approvazione della riforma dell’ordinamento professionale forense, prima fra tutte la voce ufficiale del ministero, che ha diffuso sul web un comunicato stampa relativo alla partecipazione del ministro alla manifestazione organizzata dai fori siciliani a Siracusa. E quindi non si può volutamente sostenere che la stampa ha mal compreso, né che abbia travisato il contenuto del dire di Nordio. Vi sono sul web varie riproduzioni video e audio dell’intervento del ministro ed è disponibile anche la registrazione di Radio Radicale, con la relativa trascrizione, disponibile a tutti.
Frutto di una mal comprensione, o forse soltanto di piaggeria o interesse personale, appare per contro ogni diversa strumentale interpretazione di quanto è accaduto e del chiaro significato delle parole del ministro: sostanzialmente Nordio ha garbatamente segnalato all’avvocatura, e per essa al Principe che lo interrogava, che l’approvazione della riforma della legge professionale è cosa assai lontana nel tempo e verosimilmente non realizzabile, certamente in questa legislatura. Lo ha fatto utilizzando un sapiente alibi e cioè anteponendo l’approvazione della riforma costituzionale, ben sapendo che l’attuale situazione non è tale da consentirla. E, sorprendentemente, e’ stato anche applaudito.
Ci spiace, non troppo, essere stati facili profeti nel valutare come irrealizzabile il portare a compimento un disegno riformatore che poggia su un testo del tutto avulso da un contesto europeo e sovranazionale, che non tiene conto dei divieti posti dalla normativa europea, che è stato elaborato con una tecnica legislativa che preferiamo non commentare, che nulla introduce di realmente utile all’avvocatura italiana ma prevede unicamente il rafforzamento di posizioni di vertice, di controlli penetranti e invasivi e esercizio di poteri, soprattutto del CNF, privi di un adeguato sistema di contrappesi, la riduzione al silenzio, quantomeno nella sostanza, di ogni ventata realmente riformatrice in senso democratico.
Qualcuno potrebbe dire “chi la fa l’aspetti“, e in questo caso certamente il detto ci pare davvero appropriato.
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