IL SORRISO DI PAPA LEONE
Sorridente, visibilmente commosso, così papa Leone XIV è apparso ai fedeli di tutto il mondo affacciandosi alla Loggia centrale della Basilica di San Pietro.
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Con mozzetta, rocchetto e la stola di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, com’è nella tradizione, interrotta solo da Jorge Mario Bergoglio.
Ha iniziato il suo saluto alla Città e al Mondo con “la pace sia con tutti voi”. Eletto nel giorno della supplica alla Madonna di Pompei ha recitato l’Ave Maria insieme ai fedeli in piazza e nel mondo. Ha ripetutamente parlato di pace, “disarmata e disarmante” e questo è stato sottolineato come se fosse una novità da quanti hanno scarsa conoscenza delle vicende della Chiesa che non ha mai trascurato di auspicare la pace tra i popoli e di concorrere a realizzarla, autorevole dinanzi ai potenti anche di fronte a chi, come il Capo del Governo dell’Unione Sovietica, Iosif Stalin, chiedeva ironicamente di quante divisioni disponesse il Papa.
Frate agostiniano, ispirato a quel grande Dottore della Chiesa che ha ricercato la verità attraverso la fede e la ragione, laureato in matematica, filosofia e teologia, papa Leone è immerso nella storia di Roma e nella sua identità, quella nella quale credeva Sant’Agostino da Ippona che, alla caduta dell’Impero, conservava il senso della universalità romana, quella che distingue la Chiesa di Roma, attenta a tutte le realtà locali ma non dispersa nei territori. Naturalmente dalla sua personalità e dalla vicinanza a papa Francesco, come responsabile del Dicastero dei Vescovi, taluno ritiene sia stato eletto per garantire la continuità dell’insegnamento del papa argentino. Sbagliato, non solamente perché anche visivamente papa Leone si è presentato diverso, ma anche perché ogni personalità esprime una propria interpretazione del ruolo. Eppure, molti hanno cercato fin da ieri sera di tirarlo per la tonaca, nel definirlo un progressista missionario, mettendo in risalto la sua esperienza in Perù e il distacco dal Presidente Trump, tanto che Alessandro Sallusti immagina che la sua nomina “potrebbe essere stata decisa proprio per riequilibrare in Occidente e tra l’Occidente e il resto del mondo le politiche del Presidente americano”. Insomma, che “sia stata una scelta di mediazione”. Di contro, la scelta del nome richiama un grande Pontefice di fine ‘800, Leone XIII, Vincenzo Gioacchino Raffaele Luigi Pecci, di Carpineto romano, che estese l’attività pastorale al campo socio-politico. È ricordato come il Papa delle encicliche (ne ha scritte ben 86 con lo scopo di superare l’isolamento nel quale la Santa Sede si era ritrovata dopo la perdita del potere temporale e l’unità d’Italia). La più famosa la Rerum Novarum con la quale realizzò una svolta nella Chiesa cattolica ormai pronta ad affrontare le sfide della modernità come guida spirituale internazionale. Suoi sono i fondamenti della moderna dottrina sociale della Chiesa. Aperto anche alla cura dell’ambiente, è stato rigido nella difesa della tradizione. Quel che molti si attendono da Papa Prevost.
Come che sia, il fatto di essere americano, di appartenere ad un paese nel quale i cattolici sono prevalentemente conservatori non sarà indifferente, anche perché questa “etichetta” che le sinistre di tutto il mondo usano per demonizzare chi non la pensa come loro, sbagliata in partenza lo è soprattutto quando si parla di religione e di regole tratte dai testi sacri che costituiscono un riferimento ineludibile per ogni fedele.
Per Corrado Formigli, intelligente esponente di una certa cultura di sinistra, l’America non è solo quella di Trump. C’è l’America dei muri, dei deportati in catene, della riduzione dei diritti civili e c’è l’America di quei cardinali “che sono tanti in America che si sono battuti per abbattere i muri, per allargare lo sguardo, per costruire ponti”. Del resto, è il ruolo dei “Pontefici” che il nome (Pontifex) traggono da quel ruolo antico, proprio della Chiesa.
Riconosciuto per il suo stile sobrio, il suo passato tra i missionari e la sua attenzione ai temi sociali, Papa Prevost rappresenta una svolta spirituale e politica che vuole tornare all’essenziale alla cura degli ultimi ma con una visione globale e concreta. Ha parlato solamente in italiano e spagnolo. Il suo messaggio è chiaro. Non basta a riportare la Chiesa al centro del dibattito mondiale attraverso l’attenzione agli ultimi perché è compito dei sacerdoti anche la cura dei “poveri in spirito”, dei miseri dalla fede incerta dei quali occorre riscaldare i cuori.
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