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IL CONTRATTO PUÒ RIDARE UNA SPERANZA

Ma non risolverà tutti i problemi dei medici

IL CONTRATTO PUÒ RIDARE UNA SPERANZA

L’Anaao non giocherà partite a scacchi, non parteciperà a fiction mediatiche, non si perderà in proclami o reclami ma continuerà a cercare risposte soddisfacenti, in assenza delle quali si comporterà di conseguenza. L’Anaao non firmerà contratti di lavoro che appariranno peggiorativi e incapaci di migliorare condizioni di lavoro divenute semplicemente non più sopportabili.

Si continua a parlare molto del rinnovo del contratto di lavoro dei dirigenti medici, sanitari e veterinari del SSN. Passano i giorni e sempre più attori e comparse, più e meno eminenti, esprimono pareri e giudizi, come se avessero la pozione magica per portare a una firma attesa da anni.

Soprattutto, come se questo contratto potesse risolvere problemi, annosi e strutturali, legati alla disaffezione di intere categorie professionali, figlia di anni di dimenticanze, destrutturazione di un lavoro ormai allo stremo, tagli lineari contrabbandati per riorganizzazione.

Cerchiamo di fare chiarezza.

Questo contratto non risolverà tutti i problemi delle nostre professioni.

Non li può risolvere. I medici, i dirigenti sanitari e veterinari sono chiusi in una torre di cristallo impermeabile agli interventi puntiformi e mai strutturali, effettuati ogni tanto come segnali di fumo che comunicano almeno briciole di attenzione.

La torre di cristallo, costruita in decenni apparentemente trascorsi senza una idea di programmazione, appare meglio progettata di un bunker.

Inseriti nella pubblica amministrazione, senza riguardo per la natura di un mestiere di cura chiamato a tutelare un diritto sancito dalla Costituzione, incatenati da incompatibilità sempre più antieconomiche e da una organizzazione del lavoro non al passo con i tempi e con le esigenze di cura della popolazione, i medici e dirigenti sanitari lottano tra carenze di posti letto, carenze di tecnologie e di strutture, carenze di personale (con un tetto di spesa che grida vendetta e di cui nessuno si occupa). E, soprattutto, assenza di interlocutori.

Il ministero della salute mostra capacità di ascolto, ma nei fatti è commissariato dal MEF; le Regioni, cui spetta l’organizzazione delle cure, sono tutte, senza eccezioni, alle prese con scarsità di risorse economiche e problemi di tenuta elettorale; i governi appaiono restii a investire per ottenere risultati che vedranno altri dopo di loro. Mentre ancora latita un percorso di presa in carico globale del paziente e il medico si vede sottoposto a 4 diversi tribunali, amministrativo ordinistico, civile, penale e, soprattutto mediatico, capace di trasformarlo da indagato a imputato e condannato senza che nemmeno si aprano le aule dei tribunali.

In questa condizione il contratto, già scaduto, per cui sono stati stanziati ‘pochi spiccioli’, incapaci anche di mantenere il potere di acquisto delle retribuzioni, può mai essere la panacea? La risposta è no.

Però può cambiare, seppur parzialmente, le condizioni di lavoro a patto di avere coraggio sui nodi che ancora oggi sembrano difficili da sciogliere.

Esiste una carenza di circa 15.000 medici e dirigenti sanitari, un tetto di spesa del personale fermo al 2004 meno 1.3%, un deficit in tutte le Regioni esacerbato dal periodo Covid, un abuso delle esternalizzazioni che demanda a cooperative le prestazioni mediche destrutturando definitivamente un lavoro già in piena crisi sociale ed economica.

In questo contesto si inserisce il rinnovo del contratto di lavoro. Nel quale chiediamo che, a differenza di quanto avviene oggi, non possano essere regalate alle aziende circa 300 ore annue da parte di ogni medico e dirigente sanitario.

Che venga posto un limite non derogabile al numero di guardie e reperibilità che le aziende possono chiedere a loro personale. Che il lavoro avvenga nella disciplina per la quale abbiamo studiato. Che la nostra formazione possa essere gestita in maniera più autonoma. Che le carriere siano più fluide. Che venga posto un freno ai medici globetrotter chiamati a coprire turni di lavoro, con l’alibi dell’emergenza, anche a distanze superiori a 50 km dal presidio di assegnazione. Che venga restituito un po’ di quel tempo che ormai il lavoro ha totalmente rubato.

I professionisti che rischiano ogni giorno la propria salute e la propria vita per non decretare la chiusura del servizio sanitario pubblico e nazionale, sono stanchi di essere capri espiatori di disservizi creati da politiche disastrose che oggi presentano il conto finale. E vorrebbero che venisse assicurato il diritto dei cittadini alle cure e il loro diritto a curare.

Forse, allora, invece di perseverare in quella che appare sempre di più una tragicommedia, sarebbe più opportuno utilizzare il valore del contratto di lavoro come strumento capace di garantire un governo concertato del sistema di cure, assicurando una sintesi tra esigenze e ruoli diversi.

Senza interventi economici e normativi non risolveremo la dilagante crisi vocazionale che porta 10 medici al giorno a lasciare il Ssn, senza una riforma del modello di lavoro e di cura continueremo a guardare sgretolarsi il Ssn.

Non è con gli annunci, insomma, che si arriverà alla firma del contratto, o alla risoluzione della crisi sociale e professionale che viviamo, specie se in gioco c’è il futuro della tutela della salute di una intera popolazione.

L’Anaao non giocherà partite a scacchi, non parteciperà a fiction mediatiche, non si perderà in proclami o reclami ma continuerà a cercare risposte soddisfacenti, in assenza delle quali si comporterà di conseguenza. L’Anaao non firmerà contratti di lavoro che appariranno peggiorativi e incapaci di migliorare condizioni di lavoro divenute semplicemente non più sopportabili.

Il contratto non risolverà tutti i nostri problemi, ma può ridare una speranza. Non perdiamo anche quella, altrimenti sarà veramente la fine del nostro Ssn.

Pierino Di Silverio (segretario Anaoo)

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