Anno: XXVI - Numero 185    
Lunedì 29 Settembre 2025 ore 13:30
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La flottiglia va avanti.

La portavoce in Italia a spiegare perché le proposte non sono state accettate.

La flottiglia va avanti.

“Io attualmente mi trovo sulla barca Alma, la Family stanno venendo a trainarla via, il nostro piano è di partire anche oggi per Gaza, siamo pronti”. Lo dice all’Adnkronos Tony La Piccirella, l’attivista barese della Global Sumud Flotilla, la flotta internazionale che sta portando aiuti umanitari ai civili palestinesi. La Piccirella ha dovuto abbandonare la barca Family, dove si trovava il direttivo della missione, perché a causa di un guasto al motore non può più essere utilizzata. La Piccirella spiega che la situazione che ora si deve risolvere è “complicata, perché vanno smistate 30 persone tutte con ruoli diversi in altre barche, va ricercato un equilibrio anche su questo aspetto”.

Quanto ai possibili incontri degli attivisti italiani con esponenti delle istituzioni, “non si tratta di trattative perché la missione non è negoziabile. Il nostro obiettivo – precisa – è interrompere il blocco navale e aprire un canale di aiuti umanitari permanente”. La portavoce della delegazione Maria Elena Delia, “è tornata in Italia per spiegare perché le proposte non sono state accettate, visto che molti non capiscono che noi non siamo un partito o un’associazione. Siamo un movimento -spiega- che, tra l’altro, è anche più grande della Global Sumud Flotilla e anche senza il direttivo probabilmente la missione continuerebbe”. Escludere la forzatura del blocco navale israeliano, tenere aperto il canale con il Vaticano, creare un corridoio umanitario permanente. Su queste ipotesi si sta ragionando a terra e a bordo della Global Sumud Flotilla. Perché vero è che sui cinquanta vascelli ci sono attivisti di 44 nazionalità, e l’iniziativa italiana non è ascoltata qui come altrove. Ma l’apprezzamento del Quirinale all’operazione umanitaria ha aperto una breccia

Escludere la forzatura del blocco navale israeliano, tenere aperto il canale con il Vaticano, creare un corridoio umanitario permanente. Su queste ipotesi si sta ragionando a terra e a bordo della Global Sumud Flotilla, almeno dopo l’appello del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Perché vero è che sui cinquanta vascelli ci sono attivisti di 44 nazionalità, e l’iniziativa italiana non è ascoltata qui come altrove. Ma l’apprezzamento del Quirinale all’operazione umanitaria ha aperto una breccia. Mentre la portavoce del movimento torna in Italia per un “dialogo diretto con le istituzioni”, le imbarcazioni lasceranno presto le acque greche. Si dirigeranno verso Gaza, ma una mediazione è in atto.

A largo delle coste di Creta, mentre riparano una vela colpita dagli attacchi dei droni del 24 settembre, nella delegazione italiana tutti leggono il messaggio che il presidente Mattarella ha deciso di mandare per placare la tensione, innescata dal governo italiano con le parole di Giorgia Meloni (“Flotilla irresponsabile”). La stessa premier che, in serata, ringrazia “i partiti e gli esponenti dell’opposizione che, raccogliendo le sagge parole del Presidente Mattarella – al quale siamo grati – hanno invitato gli attivisti della Flotilla ad accettare le soluzioni alternative proposte”. Anche perché forzare il blocco navale sarebbe una scelta “estremamente pericolosa”.

Il messaggio del Colle ha una doppia natura, concordano a bordo e a Roma. Il presidente chiede di “evitare di porre a rischio l’incolumità di ogni persona” e riconosce “il valore dell’iniziativa assunta”. Proprio per questo, Mattarella invita i partecipanti a “raccogliere la disponibilità offerta dal Patriarcato Latino di Gerusalemme” di consegnare gli aiuti a Gaza. Una via d’uscita nobile, per distribuire i beni ed evitare lo scontro con la marina israeliana, che pattuglia le 12 miglia di fronte alla Striscia.

In molti tirano un sospiro di sollievo. Il telefono del Quirinale è stato molto attivo nelle scorse ore. Tra gli interlocutori, ieri e quindi prima del messaggio, c’è stata anche Meloni. Il senso dell’iniziativa del presidente viene apprezzato, nonché condiviso, dai centristi e dal Partito democratico. Peppe Provenzano, responsabile degli Esteri di Elly Schlein, ringrazia per le parole “importantissime” e conferma che il Pd condivide la richiesta di una mediazione. Una dichiarazione anticipata dall’appello dei riformisti, che ha fatto innervosire i più accesi sostenitori della spedizione: “Sbagliato dirgli cosa devono fare”. Anche Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra rimette la decisione agli attivisti. Dalla Sardegna, il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte ribadisce il sostegno all’iniziativa: “Adesso spetta agli organizzatori” decidere, ma è auspicabile un “supplemento di riflessione”.

Da bordo ricordano che è sbagliato focalizzarsi solo sull’Italia. Sono 44 le nazionalità rappresentate e i 59 italiani non bastano a dettare una linea sugli altri. E nemmeno intendono farlo. Le chiamate sono incrociate. Le opposizioni sono in contatto col ministro della Difesa, Guido Crosetto, che ha inviato una fregata a soccorso della Flotilla. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani assicura protezione ma si augura che “l’appello di Mattarella venga ascoltato”, ma dal governo filtra una sola certezza: “Facciamo di tutto per una soluzione di buon senso”.

Rifocillati gli animi, è necessaria una soluzione. Alcuni partecipanti sono sbarcati, ma il grosso degli attivisti è rimasto a bordo. Tutti i parlamentari italiani confermano a HuffPost di continuare la missione. Le navi salperanno domani, appena scemerà il vento che soffia in direzione opposta dalla Grecia. Il punto è capire verso dove.

Nel direttivo della Flotilla ci sono pochi dubbi: “Non possiamo accettare” la proposta di Mattarella. “L’obiettivo della nostra missione – spiegano – è rompere il blocco navale di Israele”. Quindi, è nelle intenzioni uno sbarco a Gaza. Una strada esclusa da molti a bordo, vista la prevedibile reazione israeliana. La via della mediazione è viva. Lo testimoniano i commenti dei parlamentari dem a bordo della Karma: i parlamentari Arturo Scotto e Annalisa Corrado auspicano che “il dialogo tra i cardinali Zuppi e Pizzaballa e i coordinatori della Global Sumud Flotilla continui proficuamente”. Il fine, come spiega l’eurodeputata di Avs Benedetta Scuderi imbarcata sulla Morgana con il senatore 5S Marco Croatti, deve essere “l’apertura di corridoi umanitari permanenti”. 

La trattativa si sta sviluppando. Dopo l’appello del Colle, la delegazione italiana del movimento ha richiamato in Italia la portavoce Maria Elena Delia, al fine di condurre un dialogo diretto con le istituzioni per garantire l’incolumità dei membri italiani dell’equipaggio e il raggiungimento degli obiettivi della missione nel rispetto del diritto internazionale”.

Tutto si muove velocemente. Domani le barche saranno di nuovo in mare aperto, territorio internazionale, e temono un nuovo attacco con i droni. Le opzioni sul tavolo sono poche e sono tutte dettate dalla geografia. La prima, tornata sul tavolo con l’intervento di Mattarella, è sempre la soluzione cipriota: entro due giorni quasi tutte le navi saranno vicine a Cipro, gli attivisti potrebbe a questo punto mettere gli aiuti sotto la tutela di Pizzaballa, che li consegnerebbe a Gaza, magari con una delegazione della Flotilla. La seconda, discretamente raccontata in queste ore, è quella di una zona cuscinetto creata dalla marina italiana e da quella spagnola a ridosso del blocco israeliano, che consentirebbe agli attivisti di dare gli aiuti e poi di tornare indietro illesi. Una terza ipotesi, quello di uno sbarco a Gaza, è esclusa e se qualcuno forzerà, spiega chi segue le trattative, “pochi li seguiranno”. Lo sanno nel governo, lo ammette più d’uno a bordo della Flotilla, in qualche modo lo spiega il cardinale Matteo Zuppi a Repubblica, che pure parla di “gesto simbolico” di fronte a Gaza.

In due giorni di navigazione l’opzione cipriota può risalire. Egitto e Libano sono da scartare. Un porto israeliano nemmeno a parlarne, perché da Ashdod o Askhelon i manifestanti verrebbero fermati, e messi sul primo volo per l’Europa. Sempre che la tensione non si alzi prima, e l’Idf intervenga militarmente. La ricerca di una via d’uscita per portare gli aiuti a Gaza diventa spasmodica.

Khaled Boujemâa, coordinatore tunisino della Global Sumud Flotilla, che ha lasciato l’incarico in protesta per la presenza di attivisti LGBTQ+ a bordo, fra cui Saif Ayadi, che si identifica come “attivista queer”.

Khaled Boujemâa ha annunciato le sue dimissioni (o si è dissociato) dal ruolo di coordinatore tunisino della missione, con la motivazione che gli organizzatori lo avrebbero ingannato circa l’identità di alcuni partecipanti.

In particolare, Boujemâa ha detto: «Ci hanno mentito sull’identità di alcuni dei partecipanti in prima linea nella Flottilla, accuso gli organizzatori di averci nascosto questo aspetto».

Ha nominato direttamente Saif Ayadi, attivista che si identifica come queer, come persona il cui impegno avrebbe generato il conflitto e la decisione di dissociarsi.

Boujemâa ha detto di volersi dissociare da quella “persona che avete portato” che si definisce attivista queer.

Da Huffpost

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