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Avvocati in fuga dalla professione: parte una nuova rincorsa al posto fisso nella Pa

Con il maxipiano di assunzioni del Pnrr - prime le 16mila per il neonato Ufficio del processo - attesa una valanga di cancellazioni dalla Cassa: redditi in calo e poche tutele spingono verso la Pa

Avvocati in fuga dalla professione: parte una nuova rincorsa al posto fisso nella Pa

È cominciata la grande fuga dalla professione di avvocato? Sembrerebbe così stando alle cancellazioni dall’Albo che nell’ultimo anno sono state 5.800, il doppio rispetto a sette anni prima. Un fenomeno atteso in crescita nei prossimi tempi per una professione che paga il non aver superato le proprie contraddizioni: come il gender pay gap, un reddito medio in picchiata e una densità di colleghi/competitor che resta comunque altissima. Senza contare le difficoltà della complessa macchina della giustizia, al centro della sessione straordinaria del congresso forense tenutosi la scorsa settimana.

Si sa, gli avvocati in Italia sono tanti e nulla è comunque cambiato nell’ultimo anno: 245mila iscritti, cresciuti del 13% se si guarda al 2010. In media 4,1 avvocati per mille abitanti, ma in Calabria si arriva a 7.

Ma la situazione cambierà a breve. Dopo un processo di crescita avvenuto, secondo il presidente di Cassa forense, Valter Militi, «in maniera totalmente incontrollata e disordinata, già dal 2016 al 2020 abbiamo registrato un modesto 1,56% in più di avvocati». Aumentano in parallelo le cancellazioni: 5.160 nel 2019, salite a 5.800 lo scorso anno. Ma una vera e propria emorragia è attesa dai prossimi mesi. «Nel 2021 – avverte Militi – ci saranno tantissime cancellazioni in virtù dei numerosi concorsi previsti nella pubblica amministrazione». In pratica un “effetto Pnrr”: del resto, solo per potenziare il neonato Ufficio del processo sono attese oltre 16mila assunzioni. «I dati ci dicono che dalla professione molti scappano in cerca di sicurezza – conclude Militi – Lo fanno non solo più i giovani, ma anche i 50enni che si sentono marginali soprattutto sul fronte economico».

La questione dei redditi è uno degli aspetti più dolenti. Quello medio dichiarato per il 2019 ammonta a 40.180 euro che rappresenta un -15% rispetto al 2010. In realtà, dopo il drammatico crollo tra il 2013 e il 2014 (-20% rispetto agli anni passati) ora ci si è avviati verso una stabilizzazione, persino con una lenta crescita: più 1,8% nel 2019 rispetto al 2018.

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