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Avvocati e previdenza, si cambia

Le professioni legali e il passaggio al sistema contributivo puro

Avvocati e previdenza, si cambia

Per il mondo dell’avvocatura è arrivato il momento di interrogarsi sul futuro della professione e della previdenza. Il Covid ha stravolto le abitudini, ha generato in salto digitale ma anche aperto una crisi che costringerà a ripensare il sistema di welfare. Non a caso è in corso, in seno a Cassa Forense, la discussione su possibili correttivi al sistema previdenziale forense attuale e su un ipotetico passaggio al sistema contributivo puro. Il parere degli esperti incaricati dall’ente di previdenza sembra orientato per la seconda soluzione.

Un’ipotesi che ha già provocato una spaccatura in seno all’avvocatura italiana, al punto che il tema sarà uno degli argomenti centrali del prossimo congresso nazionale dell’Associazione nazionale forense in programma a Roma dal 16 al 19 settembre. «La prima considerazione su una riforma della previdenza – afferma Gigi Pansini, segretario generale dell’Anf — è la seguente: non è un bene che la discussione non coinvolga i diretti interessati, le istituzioni e le associazioni forensi. La seconda considerazione, la più importante, è che risulta assai singolare che ipotesi di correzione del sistema previdenziale vigente o, addirittura, nuove riforme vengano ipotizzate sull’organizzazione attuale della professione». La crisi pandemica, il reddito di ultima istanza e le altre misure emergenziali hanno però evidenziato la necessità di qualche correttivo nel sostegno alle fasce più deboli degli avvocati. «Le complessità — ricorda Pansini — hanno evidenziato anche tutte le contraddizioni della legge ordinamentale del 2012. Non a caso, degli interventi di welfare sono risultati beneficiari anche coloro che forse non ne avevano bisogno e coloro che cumulavano altri redditi con quelli professionali, a discapito di chi vive della sola professione. Il riconoscimento del reddito di ultima istanza e il ristoro di quota parte del canone di locazione degli studi professionali hanno dovuto fare i conti con i numeri dell’avvocatura e con le numerose incertezze e zone grigie legate all’effettivo esercizio della professione, agli oneri dichiarativi degli iscritti, alle possibilità di controllo delle singole posizioni, all’incompatibilità della professione con l’esercizio di altre attività lavorative. Pertanto è innegabile che il sistema previdenziale attuale richieda necessari correttivi ma alla fine di un confronto che eviti che la toppa sia peggio dello strappo».

Quali le possibili proposte da parte dell’Associazione nazionale forense? «Innanzitutto un welfare universale per i lavoratori autonomi — propone il segretario generale Anf — non potendosi più prescindere dall’urgente analisi del nuovo rapporto tra organizzazione della professione, da un lato, e capacità reddituale e sistema previdenziale, dall’altro. Ma sul tavolo ci sono anche le riforme processuali previste nel Pnrr, l’avvento dell’udienza da remoto e dell’intelligenza artificiale applicata al diritto che lasciano presagire un decisivo cambio di passo per la professione. Ciò che lascia sconcertati è che di tutto questo non si parla nelle nostre sedi istituzionali nemmeno nella recente sessione del congresso nazionale forense di luglio scorso».

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