Accorpare i tribunali? Come si fa curare un malato con l’ospedale chiuso?
Il monito dell'Associazione nazionale forense da Firenze: "Non si cura il malato chiudendo l'ospedale". E guardando al futuro della professione dicono: "Gli avvocati dovranno cambiare pelle"
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L’Associazione nazionale forense riunisce il direttivo a Firenze, in concomitanza con i 75 anni del sindacato degli avvocati fiorentini, e fra i temi di discussione non può mancare un riferimento forte alle riforme che gravitano attorno al pianeta giustizia. Una questione di particolare salienza per l’Anf è indubbiamente la geografia degli uffici giudiziari e i tentativi compiuti dai governi nell’ultimo decennio di tagliare tribunali anche per ottenere una deflazione del contenzioso.
Una ricetta che viene bocciata con nettezza dal segretario generale dell’associazione, Giampaolo Di Marco, il quale parlando coi giornalisti a margine del convegno degli avvocati di Firenze che si è svolto giovedì 29 giugno, commenta: “Non si cura il malato chiudendo l’ospedale, se a regime ci devono essere 43.000 persone al lavoro, ma negli uffici ce ne sono 32.000 probabilmente il punto non è che ci sono tanti tribunali, ma che sono poche le persone– osserva- vale lo stesso discorso per i magistrati. Se l’accorpamento deve servire per migliorare la risposta di giustizia non dimentichiamo che il nostro Paese per tre quarti è toccato dal mare, per larga parte è interessato da un territorio orograficamente piuttosto complesso da gestire. Se la giustizia è ancora un moNdo di relazioni, un mondo fatto di oralità, incontro e ascolto difficilmente si può tenere un tribunale a 160 chilometri dal proprio posto o lasciare che alcune realtà produttive ne siano sprovviste”.
Esempi tangibili si trovano sparsi in Italia e nello specifico anche in Toscana: “Qui abbiamo il caso di Empoli che ci grida e grida al Paese una situazione paradossale”, sostiene Di Marco. L’empolese è ormai sprovvisto da anni di una sede distaccata. “Così come- riprende il ragionamento il segretario generale di Anf- abbiamo assistito alla situazione di Prato dove è apparso un cartello che dice ‘da oggi in poi qui non si può più rilasciare un decreto ingiuntivo‘. Chi l’ha scritto ha avuto tanto coraggio, denunciandosi come persona che interrompeva un pubblico servizio, ma del resto oggi senza il clamore difficilmente si riesce a ottenere qualcosa”.
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