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«Verrà il giorno in cui i pm si arresteranno tra loro».

La cupa profezia di Craxi Ora che persino Davigo è stato condannato in primo grado, quelle parole tornano alla mente

«Verrà il giorno in cui i pm si arresteranno tra loro».

«Verrà il giorno in cui i magistrati si arresteranno tra di loro». Ora che Piercamillo Davigo, magistrato in pensione, è stato condannato in primo grado per rivelazione d’atti di ufficio, e il garantismo deve valere per tutti, quindi anche per lui dalle posizioni estreme sui politici, non può non risuonare in testa quella tagliente profezia di Bettino Craxi, nei giorni di Hammamet. Lo statista socialista, che aveva fatto esposti contro Davigo, per il quale usò parole durissime difendendosi da quelle altrettanto trancianti che l’esponente del pool di Mani pulite aveva usato per lui, quella cupa profezia la ripeteva spesso fin dal 1994, quando iniziò il suo esilio.

Quelle parole le diceva ai pochi ormai che lo andavano a trovare e gli stavano vicini, oltre alla sua famiglia, come l’ex capo dei giovani socialisti, Luca Josi, e pochi altri del suo stesso Psi. Giustificava solo Gianni De Michelis per non averlo lì con lui. Disse alla cronista: «Povero Gianni, lo capisco, lo hanno messo in croce sul piano giudiziario, però lui come può mi chiama sempre da una cabina telefonica».

Erano gli anni in cui lui diceva, preoccupandosi quasi più degli altri: «Attenzione, chi tocca i fili muore». E questo persino per riguardo dei pochi giornalisti, come la sottoscritta, che pur scrivendo allora per un giornale avversario, l’Unità, durante i periodi di ferie lo andava a trovare in forma privata per un libro-intervista sulla mancata unità a sinistra, I conti con Craxi (MaleEdizioni con prefazione di Stefania Craxi). Erano i giorni in cui già stavano emergendo le prime crepe nel pool milanese, Craxi aveva denunciato in uno dei suoi libretti clandestini, diffusi da Critica social”, dal titolo Giallo, grigio, turchino, la violazione allo stato di diritto che era stata fatta per la sua persona, il suo partito e la sua famiglia. E sperava che qualche verità emergesse dal processo di Brescia contro Di Pietro. Craxi non piangeva, lo fece platealmente in un’intervista a Carlotta Tagliarini, per la tv tedesca, solo per il suicidio di Sergio Moroni. Ma, quando lo incontravamo sul terrazza dello Sheraton hotel si vedeva che i suoi occhi trattenevano dignitosamente e con fierezza le lacrime dell’amarezza per la sua fine. Per il fatto di essere stato trattato «peggio dei peggiori criminali, mentre io ho sempre servito solo il mio Paese e spero di averlo fatto bene». «Ma, non mi hanno neppure lasciato fare il pensionato», è scritto in uno degli appunti notturni di Hammamet, raccolti dallo storico Andrea Spiri, nel libro L’ultimo Craxi- Diari di Hammamet, per Baldini e Castoldi. Sempre Spiri nel libro

Io parlo e continuerò a parlare (Fondazione Craxi per Mondadori) ricorda le denunce ai colpi dati allo stato di diritto: «Giustizieri, protagonisti, forcaioli mostreranno tutta la corda della loro falsità». Craxi fu il primo a denunciare il perverso circuito mediatico- giudiziario. Lo stigmatizzò più esattamente così: «Clan politici, mediatici, giudiziari». Ma guardava lontano, non si fermava al suo personale calvario giudiziario, tragedia politica per un intero Paese, guardava al futuro dell’assetto tra i poteri, denunciava il colpo inferto al primato della politica da quell’uso politico della giustizia sotto il quale cadde un’intera, storica classe dirigente che aveva ricostruito il Paese nel dopoguerra, fatto importanti riforme e raggiunto successi, come i suoi, dalla scala mobile al nuovo Concordato, all’Italia nel G7. Il terremoto di quella che definì «la falsa rivoluzione» salvò solo gli ex Pci poi Pds e Ds e la sinistra della Dc. Dall’archivio della Fondazione Craxi, in suo schema autografo, riportato da Spiri in Nell’ultimo Craxi, emergono in modo spietatamente chirurgico tutti i nodi di quella stagione, alcuni dei quali ancora oggi irrisolti: «L’uso violento del potere giudiziario. Gli arresti illegali ( le modalità ingiustificate agli arresti), per esempio l’uso illegale delle manette. Gli incredibili Tribunali della Libertà. Il ruolo del Gip. Le detenzioni illegali. I trucchi adottati per allungare le detenzioni. Le discriminazioni negli arresti. La orologeria politica rispetto alle scadenze politiche. Il rapporto con il potere legislativo, con l’istituzione parlamentare. Esibizionismo logorroico. Politicismo nelle valutazioni e nella condotta».

Infine, uno dei punti più dolenti, ancora oggi alla ribalta: «Rapporto illegale e perverso con la stampa». Conclusione: «Violazioni sui diritti dell’uomo». Forse, Craxi aveva ben intuito con la sua profezia che un sistema politico, schiacciato e che aveva in parte avallato «la falsa rivoluzione», gioco forza, per contraccolpo, avrebbe prima o poi generato spinte e controspinte tra aree in lotta in quella stessa parte di magistratura allora dominante. «Verrà il giorno in cui i magistrati si arresteranno tra di loro». Craxi azzeccò anche la profezia su di sé: «Io parlo e continuerò a parlare»

Da Il Dubbio

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