Manovra, lo scontro sui decreti
Durante la sessione di bilancio riaffiora il tema di un decreto-legge di accompagnamento. Tra vincoli costituzionali, prassi consolidate e margini di discrezionalità del Quirinale.
Nelle ore convulse dell’approvazione della manovra di bilancio è trapelato un niet del Quirinale in ordine all’ipotesi di un decreto-legge che ne raggruppasse gran parte degli emendamenti – a quanto si è capito – lasciando il testo-base inalterato, salve le proposte di modifica su cui c’è consenso e soprattutto ci sono coperture da tutti accettate. Poiché in punta di principio è la questione dell’ammissibilità di un decreto-legge di tal genere a costituire il problema più interessante, vale la pena di fare un po’ di chiarezza.
Ciò che è richiesto dal sistema – e non si può dire certo dalla Costituzione, che ammette l’esercizio provvisorio – così come si è andato strutturando dopo le normative europee di questi ultimi anni è solo che entro il 31 dicembre si approvi una legge di bilancio con i saldi di finanza pubblica e le relative norme di supporto, in termini di spese che di entrate, il tutto in linea con le regole europee. Nulla esclude dunque che il Governo, a fronte di richieste di modifica da parte dei partiti della maggioranza, soprattutto se molte, numerose ed impegnative dal punto di vista finanziario, adotti un decreto-legge per tradurre queste proposte in norma, alla sola condizione però del conforto di una solida, credibile ed integrale copertura finanziaria di tutti gli oneri che ne derivano, escludendosi pertanto le coperture agevolate tipiche della legge di bilancio. Si tratterebbe in altre parole di un normale provvedimento, autonomo rispetto alla stessa legge bilancio.
Stando così le cose, se il niet del Quirinale è riferito ad un decreto-legge così concepito, che quindi nulla avrebbe a che vedere formalmente con la sessione di bilancio vera e propria, non si comprendono le motivazioni di una tale presa di posizione, sempre e solo dal punto di vista costituzionale ed ordinamentale e lasciando in disparte eventuali, altre ipotesi. D’altro canto, per una delle leggi di bilancio di altri governi (Conte, per esempio) gli obiettivi di finanza pubblica cambiarono più volte senza che il Parlamento ne avesse contezza prima della chiusura della sessione, che pure si basava su questi saldi in evoluzione, e nessuno ebbe da ridire in quell’occasione, sul piano ordinamentale e procedurale.
Altro caso è invece quello in cui l’ipotesi del decreto-legge abbia riguardato il fatto di approvare l’intera legge di bilancio con un decreto-legge, nel qual caso giustamente esistono ostacoli di natura formale, a norma dell’ultimo comma dell’art. 72 Cost. Ipotesi che potrebbe essere resa perseguibile, invece, ossia il bilancio dello Stato adottato nella forma del decreto-legge, per es., solo nel caso in cui al 30 aprile (dopo i quattro mesi dell’esercizio provvisorio) non si fosse riusciti a tradurre in legge la proposta di bilancio: ciò per evitare che a partire dal 2 maggio lo Stato di si possa bloccare non potendo né fare pagamenti né incassare entrate.
Gianni Torre. (Direttore Centrale Affari Generali e Bilancio)
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