Anno: XXV - Numero 85    
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L’operazione Poseidone e la Corte Costituzionale

Ho già trattato il tema nei miei L’operazione Poseidone e la politica di universalizzazione delle tutele del 18.12.2018 e L’operazione Poseidone e la sua soluzione del 21 dicembre 2018.

L’operazione Poseidone e la Corte Costituzionale

Ora la questione si chiude dopo la pubblicazione della sentenza n. 104/2022 della Corte Costituzionale i cui passaggi essenziali sono i seguenti:

Sotto il primo profilo, va rilevato che l’art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995 ha istituito la Gestione separata presso l’Inps al fine di realizzare l’estensione dell’assicurazione generale obbligatoria (per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti) alle attività di lavoro autonomo rimaste escluse dai regimi pensionistici di categoria già precedentemente operanti o che sarebbero stati successivamente istituiti.

La disciplina introdotta con questa disposizione, infatti, si affianca, per un verso, a quella contenuta nel d.lgs. n. 509/1994 che, in attuazione della delega conferita dall’art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), ha sottoposto a un processo di privatizzazione, con decorrenza dal 1° gennaio 1995, le casse, gli enti e gli istituti previdenziali professionali già esistenti, prevedendone la trasformazione da enti di diritto pubblico in associazioni e fondazioni private (art. 1, Elenco A); per altro verso, alla disciplina contestualmente introdotta nel precedente comma 25 dell’art. 2 della legge n. 335/1995, recante delega al Governo per emanare norme volte ad assicurare, a decorrere dal 1° gennaio 1996, la tutela previdenziale in favore dei soggetti esercenti attività autonoma di libera professione, il cui esercizio era subordinato all’iscrizione ad appositi albi o elenchi, ma ancora privi di un’autonoma gestione categoriale.

Questa delega è stata poi attuata con l’emanazione del d.lgs. n. 103/1996, il quale ha prescritto – agli enti esponenziali a livello nazionale di quelli abilitati alla tenuta di albi o elenchi, di adottare delibere per realizzare forme autonome di previdenza obbligatoria sul modello delineato dal d.lgs. n. 509/1994 – di provvedere alla copertura assicurativa degli iscritti, indicando modalità alternative: la costituzione di un ente di categoria, la partecipazione ad un ente pluricategoriale, l’inclusione della categoria professionale in una delle forme di previdenza obbligatorie già esistenti per categorie similari, oppure finanche mediante l’inclusione della categoria nella forma di previdenza obbligatoria di cui all’art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995 (artt. 3 e 4). Nel caso di mancata adozione di tali delibere, l’art. 3, comma 2, dello stesso decreto legislativo ha previsto, residualmente, che i soggetti appartenenti alle categorie professionali interessate sarebbero risultati iscritti ex lege nella Gestione separata istituita presso l’INPS.

Si comprende, dunque, come l’istituto introdotto con l’art. 2, comma 26, della legge n. 335/1995 abbia una funzione di chiusura del sistema e trovi il suo fondamento nell’esigenza della “universalizzazione” della tutela previdenziale, rispondendo alla finalità di estendere la copertura assicurativa ai soggetti e alle attività non coperti da forme di assicurazione obbligatoria già realizzate o da realizzare nell’ambito della categoria professionale di riferimento.

In questa prospettiva, l’istituto della Gestione separata rappresenta il punto di arrivo di una linea evolutiva tendenziale dell’ordinamento giuridico previdenziale verso la progressiva estensione della tutela assicurativa sia sotto il profilo soggettivo, in quanto riferita a tutte le categorie di lavoratori autonomi, sia sotto il profilo oggettivo, in quanto riferita ad ogni attività esercitata, con eventuale pluralità di iscrizioni nelle ipotesi di pluralità di attività svolte.

Alla luce di queste disposizioni, si delinea l’ambito complessivo di applicazione dell’istituto della Gestione separata INPS: ad essa sono infatti assoggettati i redditi derivanti da tutte le attività specificamente contemplate da singole norme di legge nonché, in via generale, i redditi riconducibili alle due tipologie contemplate dall’art. 2, comma 26, della legge n. 335/1995, e, segnatamente, quelli derivanti da attività libero-professionali svolte in modo abituale, ancorché non esclusivo (o anche da attività libero-professionali svolte in forma occasionale, ove si tratti di redditi superiori a 5.000,00 euro annui), salvo che in relazione a quell’attività non siano già previsti obblighi di contribuzione in favore dell’ente previdenziale della categoria professionale di riferimento.

Le attività libero-professionali si sottraggono, dunque, alla Gestione separata INPS, quale gestione previdenziale di carattere residuale, solo qualora ricadano nell’ambito di operatività di una cassa di riferimento in base al regime categoriale degli enti professionali tradizionali, privatizzati ai sensi del d.lgs. n. 509/1994, o di quelli successivamente costituiti ai sensi del d.lgs. n. 103 del 1996; in tal senso l’art. 6 del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 2 maggio 1996 (Regolamento recante modalità e termini per il versamento del contributo previsto dall’art. 2, comma 30, della legge 8 agosto 1995, n. 335) ha statuito che non sono soggetti alla contribuzione verso la predetta Gestione i redditi già assoggettati ad altro titolo a contribuzione previdenziale obbligatoria.

Tratto da Diritto e Giustizia

 

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