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Le Casse di previdenza dei professionisti e i segreti di Stato

È stata pubblicata un’interessante sentenza del Consiglio di Stato, in Sede Giurisdizionale (Sezione Terza), la n. 4771/20 del 27 luglio. Il caso è di scuola

Le Casse di previdenza dei professionisti e i segreti di Stato

Con istanza del 25 luglio 2017 un giornalista italiano iscritto, ai fini previdenziali, all’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (Inpgi) chiedeva l’ostensione di tutti gli atti e documenti inerenti all’operazione di conferimento del patrimonio immobiliare di INPGI al Fondo INPGI Giovanni Amendola.

(Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 4771/20; depositata il 27 luglio)

Questa operazione si è svolta mediante la selezione di una Sgr immobiliare alla quale conferire l’incarico di costituire il Fondo e di gestire e valorizzare gli asset a esso trasferiti.

L’Inpgi ha negato l’accesso ai documenti per carenza delle motivazioni addotte in merito alla sussistenza di un interesse diretto, attuale e concreto ad accedere alla documentazione richiesta non ritenendo sufficiente, a tale fine, la mera qualità di iscritto alla Cassa.

Dopo un lungo e travagliato iter, è stata pubblicata la sentenza in commento che ribadisce alcuni principi fondamentali che qui vado a evidenziare:

– l’attività di conferimento al fondo immobiliare chiuso assume un particolare rilievo, in termini di concretezza e attualità dell’interesse ad accedere agli atti;

– l’attività di gestione del patrimonio immobiliare, come il Consiglio di Stato ha già chiarito in analoghe vicende, non si può ritenere meramente privatistica, ma ha un sicuro rilievo di interesse generale ed è sottoposta al controllo della Corte dei Conti;

– la disciplina dell’accesso agli atti amministrativi non condiziona l’esercizio del relativo diritto alla titolarità di una posizione giuridica tutelata in modo pieno, essendo sufficiente il collegamento con una situazione giuridicamente riconosciuta anche in misura attenuata;

– l’associato quindi, in quanto titolare di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata, deve essere considerato soggetto “interessato” ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera b) della legge 241/1990;

– l’operazione di conferimento immobiliare ha implicazioni sia sulla stabilità complessiva dell’Ente che sulla vendita degli immobili stessi che, come noto, deve avvenire nel rispetto delle previsioni in ordine alla dismissione del patrimonio immobiliare degli enti pubblici privatizzati, soprattutto nell’individuazione del prezzo di vendita di questi;

– la trasformazione, operata del d.lgs. n. 509/1994, ha lasciato quindi, immutato il carattere pubblicistico dell’attività istituzionale di previdenza ed assistenza svolta dagli enti in esame, che conservano una funzione strettamente correlata all’interesse pubblico, costituendo la privatizzazione una innovazione di carattere essenzialmente organizzativo, sicché anche il conferimento del patrimonio immobiliare appartenente alle Casse deve avvenire secondo le modalità stabilite dall’art. 8, comma 15, della legge n. 122 del 2020, dall’art. 2, comma 3, d.m. 10.11.2010 e dall’art. 3 della direttiva del Ministero del Lavoro del 10.02.2011;

– l’attività di gestione del patrimonio immobiliare, soggetta a controllo da parte della Corte dei Conti, rientra sicuramente nel novero di quelle attività che, per quanto funzionali all’esercizio dell’autonomia privata dell’ente, mediante la successiva dismissione del patrimonio immobiliare, assumono tuttavia un sicuro rilievo pubblicistico, per la corretta gestione dello stesso;

– in ogni caso, quando pure di attività interamente e meramente privatistica si trattasse, non si deve trascurare che anche l’attività meramente privatistica dell’ente, se finalizzata – come nel caso di specie è – al perseguimento di un pubblico interesse, è soggetta al regime dell’accesso agli atti previsto dalla legge 241/1990;

– l’oculata gestione del patrimonio immobiliare, quando pure questa attività si voglia considerare, in tutto e per tutto, meramente privatistica, rifluisce sicuramente sulla stabilità finanziaria complessiva dell’ente e quindi sussiste un sicuro interesse a conoscere degli atti che, potendo incidere fortemente sul patrimonio immobiliare dell’ente, rischiavano di pregiudicare quantomeno la sua tutela previdenziale, con indubbi riflessi anche sull’aspettativa di trattamento pensionistico dell’istante.

Il caso, come dicevo più sopra, è di scuola ma dimostra ancora una volta la pervicace volontà delle Casse di previdenza dei professionisti di evitare il confronto con gli iscritti che si dovrebbe realizzare attraverso la trasparenza che avviene con la pubblicazione sul sito istituzionale di tutti gli atti relativi alla gestione del patrimonio mobiliare e immobiliare e questo perché gli iscritti non sono dei sudditi ma i titolari della mission degli Enti di previdenza che è quella di assicurare a tutti gli iscritti previdenza e assistenza.

Sarebbe tempo e ora che i Ministeri Vigilanti imponessero, non la simbolica adozione del codice deontologico e della trasparenza ma, nei fatti, la pubblicazione sul sito istituzionale di tutte le delibere relative alla gestione del patrimonio mobiliare ed immobiliare.

 

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