L’azzardo
È presto per dire con certezza degli effetti di quella che appare, sulle prime, una crepa nei rapporti tra la maggioranza di Governo e il Quirinale.
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Delineata da Maurizio Belpietro su “La Verità” che ieri ha denunciato quello che chiama “piano del Quirinale per fermare la Meloni”. Con l’aggiunta che “per impedire al centrodestra di rivincere nel 2027 ed eleggere il presidente della Repubblica, al Colle lavorerebbero a un’ammucchiata ulivista. Ma non basta: “ci vorrebbe un provvidenziale scossone… “, frase, questa, attribuita ad un Consigliere del Presidente della Repubblica, Francesco Saverio Garofani, per tre legislature parlamentare del Partito Democratico, che non le ha smentite, come chiedeva Galeazzo Bignami, Capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, intervistato da Nicola Porro. Ha, tuttavia, precisato, richiesto dal Corriere della sera, che “era una chiacchierata in libertà tra amici”. Cosa che comunque non si fa quando si riveste un ruolo istituzionale, per l’ovvia ragione che ogni idea manifestata può facilmente essere attribuita all’ambiente se non alla personalità con la quale si collabora. Lo sanno bene Capi di Gabinetto e Consiglieri di ministri tenuti costantemente al silenzio su quanto può riguardare la “politica” dell’Amministrazione.
Garofani riferisce che il Presidente gli avrebbe rivolto un paterno “stai sereno, non te la prendere”. Ma la risposta ufficiale del Colle è stata stizzita e perentoria: manifesta “stupore“ perché è stato dato credito ad un attacco “costruito sconfinando nel ridicolo”.
È evidente l’irritazione per un’accusa che il Presidente sente ingiusta, avendo tenuto puntualmente un atteggiamento “notarile” avallando fin dall’inizio le iniziative del Governo e della sua maggioranza, anche quando alcune scelte avevano destato dubbi in punto di diritto.
Tuttavia, la prospettiva evocata da Belpietro dice d’altro: “c’è un tentativo di mettere a tacere le manovre che lassù sul Colle qualcuno ordisce per impedire che non solo Giorgia Meloni concluda la legislatura, ma si candidi al bis”. Non solo, perché ”se la maggioranza del Parlamento sarà ancora quella attuale, a decidere il nuovo capo dello Stato non saranno Renzi, Schlein, Franceschini, Gentiloni e compagni, come in passato”.
È, dunque, scontro: “tra FdI e Quirinale” (Corriere della Sera); ed è un “attacco al Quirinale” (La Repubblica) de “i meloniani all’assalto del Colle” (Domani).
Quali sviluppi è possibile immaginare? Nell’immediato, gli ultimi scorci della campagna elettorale per il rinnovo dei Presidenti delle Regioni Campania, Puglia e Veneto e delle rispettive Assemblee legislative, saranno certamente infiammati dalla polemica nella prospettiva di giovare ai candidati della maggioranza di governo che potrà dire di essere accerchiata da forze avverse, anche operanti nelle istituzioni, dalla magistratura che si oppone alla riforma della Giustizia, dalla Corte dei conti che nega la legittimità dei decreti che finanziano il ponte sullo Stretto di Messina e adesso dal Quirinale che trama in vista delle elezioni del 2027, quando i cittadini daranno un giudizio definitivo sulla gestione del Governo Meloni.
Per chiunque la cavalchi la polemica sollevata dalla frase infelice del Consigliere del Presidente, che non coinvolge ovviamente il Capo dello Stato, sembra un azzardo destinato solamente a creare confusione e ad intorbidire le acque e certamente a gettare discredito sulla politica, con l’effetto di allontanare dalle urne ancora un po’ di elettori.
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