L’attività di controllo della Covip sugli investimenti degli enti previdenziali privati di base
La Covip esercita il controllo sugli investimenti delle risorse finanziarie e sulla composizione del patrimonio degli enti previdenziali
Alla pag. 217 della relazione Covip 2018 si legge:
La Covip esercita il controllo sugli investimenti delle risorse finanziarie e sulla composizione del patrimonio degli enti previdenziali di cui ai d.lgs. nn. 509/1994 e 103/1996 (di seguito, enti), in virtù delle previsioni contenute nell’art. 14, comma 1, del d.l. n. 98/2011, convertito con modificazioni dalla Legge n. 111/2011. Essa riferisce quindi ai Ministeri del lavoro e dell’economia (di seguito, Ministeri vigilanti) gli esiti dei controlli posti in essere secondo le modalità contemplate dal DM Lavoro del 5 giugno 2012.
Tale attività di controllo si inserisce in un articolato sistema di vigilanza che vede il coinvolgimento di diverse istituzioni, ciascuna con specifiche competenze. In particolare, trattandosi di enti preordinati alla gestione di risparmio previdenziale di base e di natura obbligatoria (cosiddetto di primo pilastro), il legislatore ha conservato in capo ai Ministeri vigilanti la competenza in ordine agli aspetti più strettamente previdenziali, nonché quella di carattere regolatorio e quella relativa all’adozione degli interventi conseguenti alle risultanze delle verifiche svolte dalla Covip.
L’art. 14 d.l. n. 98/2011 prevede inoltre, al comma 3, l’adozione di una specifica regolamentazione in materia di investimento delle risorse finanziarie degli enti, di conflitti di interesse e di depositario; l’iter di approvazione di tale decreto non risulta tuttavia ancora concluso. Gli enti risultano pertanto gli unici investitori istituzionali privi, ad oggi, di una regolamentazione unitaria in materia; regolamentazione che, viceversa, è di livello primario e secondario per i fondi pensione.
Va anzi sottolineato che per i fondi pensione la Direttiva IORP II e le norme di recepimento nazionali hanno introdotto previsioni che aumentano il grado di dettaglio della disciplina, soprattutto in materia di governance, allo scopo di incrementare la qualità dei processi decisionali e la capacità di monitoraggio dei rischi, attraverso la chiara e documentata attribuzione delle responsabilità e la puntuale definizione delle funzioni fondamentali della struttura organizzativa dei fondi stessi. Conseguentemente la forbice regolamentare tra enti e fondi pensione tende ad allargarsi ulteriormente.
Pur in presenza di un quadro normativo ancora incompleto, la Covip ha comunque svolto in questi anni le proprie funzioni di controllo sugli investimenti degli enti, relazionando ai Ministeri vigilanti – per le valutazioni di competenza – le risultanze degli accertamenti condotti anche tramite ispezioni in loco.
La Covip esercita la propria funzione di controllo – secondo quanto previsto dal d.m. Lavoro del 5 giugno 2012 – ordinariamente attraverso l’attività di rilevazione e analisi delle informazioni e dei dati necessari per il referto annuale su ciascuno degli enti da trasmettere ai Ministeri vigilanti (inerente – come rappresentato nel precedente capitolo – alla composizione delle attività detenute, alla politica di investimento e ai relativi criteri di attuazione, all’articolazione del processo di impiego delle risorse disponibili e al sistema di controllo della gestione finanziaria) e, in casi particolari, attraverso specifiche verifiche, attivate di propria iniziativa o su richiesta dei Ministeri stessi. Relazioni. L’attività annuale di referto si svolge secondo le modalità definite con il citato d.m. Lavoro del 5 giugno 2012, che prevede che la Covip trasmetta le relazioni predisposte per ciascun ente nella seconda metà dell’anno con riferimento al 31 dicembre dell’anno precedente. Qui si fa dunque riferimento alle informazioni relative al 2017, trasmesse ai Ministeri vigilanti con il referto inoltrato nel 2018. L’analisi aggregata delle informazioni trasmesse dagli enti sulla politica di investimento e sui relativi criteri di attuazione, sull’articolazione del processo di impiego delle risorse e sul controllo della gestione finanziaria consente di svolgere – oltre a quanto fatto nel capitolo precedente per i dati acquisiti sulla composizione delle attività detenute – alcune considerazioni sull’intero sistema degli enti previdenziali privati di base sotto il profilo degli assetti regolamentari e organizzativi in materia di investimenti. Sotto il primo profilo, si osserva che la mancanza di un quadro normativo compiuto ha indotto gli enti a prendere a riferimento, nella definizione dei propri assetti regolamentari, la disciplina della previdenza complementare e, in particolare, le «Disposizioni sul processo di attuazione della politica di investimento» adottate dalla COVIP per i fondi pensione il 16 marzo 2012 e le norme sui criteri e sui limiti di investimento delle risorse dei fondi pensione e sulle regole in materia di conflitti di interesse, contenute prima nel d.m. Tesoro 703/1996 e successivamente nel DM Economia 166/2014. Per quanto risulti apprezzabile lo sforzo compiuto dagli enti nel dotarsi di una propria regolamentazione interna in materia di investimenti, deve tuttavia rilevarsi come la circostanza che le suddette previsioni di normativa secondaria non risultino per essi cogenti ne abbia comportato una significativa rielaborazione. Di conseguenza, gli assetti regolamentari si presentano allo stato assai variegati e i documenti che li definiscono risultano assai diversificati quanto a struttura e contenuti. In alcuni casi, tali documenti perlopiù profili organizzativi e procedurali; in altri, esplicitano i criteri da seguire per la definizione di specifici aspetti della gestione finanziaria (ad esempio, la politica di investimento da adottare e il sistema dei controlli da porre in essere), facendo quindi rinvio alla predisposizione di ulteriori elaborati. Si registra, in diversi casi, la coesistenza di più documenti che a vario titolo trattano il tema degli investimenti, talvolta senza il necessario coordinamento, con conseguente scarsa chiarezza complessiva, incongruenze e duplicazioni di contenuti. Tale frammentazione documentale in materia di investimenti è altresì accentuata dalla presenza di specifici elaborati attuativi di talune previsioni normative proprie degli enti, come quelli recanti i “criteri di individuazione e di ripartizione del rischio nella scelta degli investimenti così come indicati in ogni bilancio di previsione” ai sensi dell’art. 3, comma 3, del Decreto lgs. 509/1994, oppure i piani triennali relativi agli impieghi immobiliari da adottare annualmente ai sensi dell’art. 8, comma 15, d.l. n. 78/2010, convertito dalla Legge n. 122/2010. La molteplicità di documenti che trattano la medesima tematica rischia altresì di ridurre l’efficacia dell’azione di vigilanza condotta in materia, non agevolando i controlli che la COVIP è chiamata a svolgere. In argomento è utile evidenziare che la chiarezza nella determinazione degli elementi caratteristici della politica di investimento, nell’attribuzione delle funzioni e delle responsabilità gestionali e nella definizione dei flussi procedimentali e informativi interni agli enti – adeguatamente regolati in appositi documenti – costituisce di per sé un contributo all’innalzamento del livello di qualità dei processi decisionali e all’accrescimento della capacità di gestione dei rischi. D’altronde, si tratta proprio di ciò che la sopra richiamata Direttiva IORP II richiede ai fondi pensione a fini di miglior presidio della relativa solidità ed efficienza. Anche gli assetti organizzativi degli enti in materia di investimenti risultano variamente articolati, anche in funzione della accentuata diversità della dimensione delle attività detenute e della complessità della politica di investimento perseguita; assetti che in taluni casi hanno anche evidenziato elementi di inadeguatezza. In relazione ai profili qui in esame va comunque rilevato che l’attività di vigilanza svolta in questi anni dalla Covip ha certamente stimolato nonché – in taluni casi – accelerato il processo di adozione e di progressivo miglioramento degli assetti regolamentari e organizzativi in materia di investimenti. Per quanto riguarda gli assetti regolamentari, dalle informazioni rilevate per il referto sul 2017, in alcuni casi inerenti anche alle iniziative adottate nei primi mesi del 2018, risulta che 19 enti (due in più rispetto al 2016) hanno definito una propria disciplina – più o meno ampia – in materia di investimenti. Di questi, dieci hanno sottoposto i documenti adottati ai Ministeri vigilanti ai sensi dell’art. 3 del Decreto lgs. 509/1994. L’unico ente ancora sprovvisto, a fine 2017, di una propria regolamentazione in materia di investimenti risulta comunque dotato di linee guida sulla gestione del patrimonio mobiliare, definite dall’organo di amministrazione tenendo conto delle specifiche esigenze poste dall’erogazione di peculiari prestazioni di carattere assistenziale (finalità esclusiva dello stesso). Per completezza, va poi aggiunto che un ente che si è dotato di una regolamentazione per gli investimenti della propria gestione principale (ex d.lgs. n. 509/1994), alla suddetta data ne risulta ancora privo per quelli afferenti alle due gestioni patrimonialmente separate istituite ai sensi del d.lgs. n. 103/1996. Sotto il profilo della governance adottata in materia di investimenti, gli enti presentano – come rilevato in precedenza – assetti variamente articolati che tuttavia sono connotati da alcuni tratti comuni. In particolare, 16 enti prevedono la presenza di uno o più organismi consiliari consultivi che presentano una composizione piuttosto variegata, pur caratterizzandosi di solito per la partecipazione, oltre che dei consiglieri, dei soggetti – sia interni che esterni – coinvolti nel processo di investimento, perlopiù con funzioni di supporto alle istruttorie di competenza. In cinque di essi sono presenti distinte commissioni competenti per la componente mobiliare e per quella immobiliare (per quest’ultima, talvolta con la sola funzione di esprimersi sulla congruità dei canoni di locazione e dei prezzi di compravendita). La totalità degli enti dispone di una struttura interna preposta agli investimenti, connotata dimensionalmente in termini assai variegati e in diversi casi costituita solamente in tempi recenti e quindi non ancora pienamente implementata. Di questi, dieci sono inoltre dotati di un’unità organizzativa specificamente dedicata agli investimenti immobiliari. Inoltre, 18 enti si avvalgono di uno o più advisor, chiamati di solito a supportare l’organo di amministrazione e le strutture operative interne nell’attività di controllo della gestione finanziaria (in diversi casi ricoprendo il ruolo di risk manager) e, talvolta, anche in relazione ad altri profili dell’attività di investimento, quali – tipicamente – l’asset liability management, la definizione dell’asset allocation strategica/tattica e la selezione degli strumenti finanziari/gestori. Taluni di questi enti risultano altresì avvalersi di ulteriori incarichi consulenziali per l’approfondimento di specifici aspetti (legali, finanziari e fiscali) della gestione finanziaria. Per completezza va poi aggiunto che i restanti due enti, connotati da una più contenuta dimensione delle attività detenute, si avvalgono di un supporto consulenziale di portata più circoscritta rispetto a quello caratterizzante gli altri enti. Gestione finanziaria degli enti. In aggiunta all’ordinaria attività di rilevazione e analisi delle informazioni e dei dati necessari per il referto annuale da rendere ai Ministeri vigilanti, la Covip ha esaminato, di autonoma iniziativa, specifiche tematiche afferenti alla gestione finanziaria degli enti. Nel 2018 la Covip ha proseguito l’approfondimento sulle iniziative adottate da un ente ex d.lgs. n. 509/1994 per gestire i problematici rapporti intercorrenti con la società di gestione di due fondi immobiliari dallo stesso detenuti, società la quale – a seguito dell’intervenuta revoca dell’incarico originario – è stata poi sostituita dall’ente medesimo con altri operatori specializzati. Oltre alle suddette verifiche, sono state anche condotte analisi sui processi decisionali connessi alle proposte di investimento/disinvestimento formulate dal servizio finanza dell’ente, nonché sui controlli operati dall’ente medesimo sui gestori dei tre fondi immobiliari cui esso ha apportato propri cespiti e sulle iniziative dallo stesso adottate per far fronte alle criticità riscontrate. Sulla base delle evidenze emerse dall’analisi dei dati funzionali all’attività di referto annuale, la Covip ha svolto – nei confronti di due enti ex d.lgs. n. 509/1994 – un approfondimento in ordine alla gestione degli immobili di proprietà, stante la loro significativa incidenza sulle attività totali detenute. Hanno formato oggetto di verifica le strategie complessivamente seguite nella gestione di tali cespiti, in particolar modo sotto il profilo delle iniziative volte al miglioramento della relativa redditività, in termini sia di incremento dei proventi realizzati, sia di contenimento degli oneri sostenuti, nonché all’effettiva realizzazione delle dismissioni contemplate nei piani triennali relativi agli investimenti immobiliari (predisposti annualmente ai sensi dell’art. 8, comma 15, del d.l. n. 78/2010, convertito dalla Legge 122/2010). A tale ultimo riguardo, in un caso sono state riscontrate criticità nell’attuazione delle operazioni di dismissione programmate; infatti, nonostante il novero dei cespiti da alienare fosse stato individuato oramai da diversi anni, nessuna cessione era ancora intervenuta. Per uno dei predetti enti, unitamente a un ente ex d.lgs. n. 103/1996, sono state altresì approfondite le iniziative assunte a fronte delle criticità afferenti a un fondo immobiliare, costituito in forma di comparto di una Sicav di diritto maltese, e al relativo gestore; iniziative che hanno portato da parte di un ente a conferire un incarico a uno studio legale per l’individuazione di soluzioni, giudiziali o stragiudiziali, volte al recupero delle somme investite e, ove possibile, al risarcimento dei danni. Nei primi mesi dell’anno corrente, la Covip ha avviato un nuovo approfondimento nei confronti di un ente ex d.lgs. n. 103/1996 per il quale erano già state formulate, nell’ambito delle valutazioni rese annualmente ai Ministeri vigilanti sulla relativa gestione finanziaria (anche a esito di un accertamento ispettivo nel frattempo condotto), considerazioni critiche sul generale assetto della stessa e sulla composizione del portafoglio, eccessivamente orientato su investimenti illiquidi. Tale verifica ha interessato alcuni strumenti finanziari (in prevalenza, OICR) detenuti dall’ente – oggetto anche di indagini e iniziative da parte dell’Autorità giudiziaria – con particolare riguardo alla relativa valorizzazione nonché a talune operazioni concretizzatesi nel conferimento in essi di attivi selezionati direttamente dall’ente medesimo. Nel corso del 2018 sono state portate a conoscenza dei Ministeri vigilanti le risultanze degli accertamenti ispettivi effettuati nei confronti di due enti, uno ex d.lgs. n. 509/1994 e uno exd.lgs. n. 103/1996. In tale sede l’attenzione è stata posta sul modello scelto per la gestione di una parte del portafoglio mobiliare (già ragguardevole, in un caso, ovvero destinata in prospettiva a divenire tale, nell’altro) fondato sull’utilizzo di un comparto di un OICVM di diritto lussemburghese di cui l’ente è l’unico quotista, analizzando i seguenti principali profili: processo decisionale seguito per la realizzazione dell’investimento, con particolare riguardo alla procedura di selezione dello strumento finanziario e alle valutazioni afferenti ai costi/benefici di soluzioni gestionali alternative; modalità di raccordo tra il sistema di controllo in essere presso l’ente e quello proprio dell’OICVM, ai fini del costante monitoraggio della relativa attività di investimento condotta dai diversi gestori a ciò delegati, anche nell’ottica di assicurare la funzionalità della stessa alla generale strategia di impiego dell’ente medesimo. In un caso è stato in particolare riscontrato che l’assetto in essere – quale soluzione volta al superamento del precedente modello gestionale fondato sull’utilizzo di più comparti “dedicati” di un fondo sempre di diritto lussemburghese – era stato definito sulla base della proposta formulata dal gestore di quest’ultimo, a cui l’ente aveva formulato apposita richiesta senza però prendere in considerazione l’opportunità (tenuto anche conto della rilevante entità delle risorse in gestione) di individuare ulteriori intermediari a cui avanzare la medesima richiesta, al fine di valutare possibili soluzioni alternative sotto il profilo dei costi/benefici.
È stato inoltre riscontrato – con riguardo alla governance del comparto che prevede nello specifico un Comitato investimenti (i cui componenti sono nominati in maggioranza dall’ente) – qualche disallineamento tra la configurazione effettiva delle relative competenze e la rappresentazione delle stesse nell’ambito della regolamentazione interna adottata dall’ente in materia di investimenti. Regolamentazione per la quale è stata peraltro rilevata l’esigenza di assicurare un miglior raccordo tra la governance del comparto e gli organi dell’ente competenti sull’attività di investimento.
È stata infine rilevata la presenza di un amministratore dell’ente nel consiglio di amministrazione della management company dell’OICVM in questione; presenza che suscita perplessità per la commistione che viene a determinarsi tra i profili di responsabilità del gestore e quelli dell’ente stesso. Infatti, tale presenza, determinando la condivisione degli atti gestori della management company, espone l’ente al rischio di vedersi eccepire – da quest’ultima – un esonero di responsabilità in caso di pregiudizio, per il patrimonio e/o il rendimento del fondo, derivante da tali atti.
Nell’altro caso è stato invece riscontrato, comunque in un ambito risultato nel suo complesso adeguatamente presidiato da parte della direzione finanza dell’ente, un controllo non sempre puntuale delle informazioni inerenti alla composizione del comparto (cfr. Glossario, voce “Principio del look-through”).
Va da ultimo evidenziato che, alla luce di talune criticità emerse – nell’ambito delle analisi cartolari condotte nei confronti di taluni enti – sotto il profilo del non pieno rispetto della relativa regolamentazione interna in materia di investimenti, sono stati programmati accertamenti ispettivi nei confronti di due enti ex d.lgs. n. 509/1994 proprio al fine di verificare l’effettiva conformità dell’operatività concernente la gestione delle risorse a detta regolamentazione.
Ulteriori analisi istruttorie… Nel 2018 la COVIP ha effettuato ulteriori analisi istruttorie per rispondere a specifiche richieste formulate dai Ministeri vigilanti. Per tre enti – due ex d.lgs. n. 509/1994 e uno ex d.lgs. n. 103/1996 – è stata resa la richiesta valutazione del regolamento per la gestione degli investimenti e, in due casi, anche dell’ulteriore documentazione predisposta sempre in materia di investimenti (in particolare, il Documento sulla politica di investimento). Per un altro ente ex d.lgs. n. 103/1996 tale valutazione ha invece interessato solamente la documentazione ulteriore rispetto al regolamento sugli investimenti (già approvato dai Ministeri vigilanti in epoca risalente). Tali documenti sono stati ricevuti da detti Dicasteri anche ai fini dell’approvazione prevista dall’art. 3, comma 2, lettera a), del Decreto lgs. 509/1994.
Per due dei suddetti enti si trattava, nello specifico, di modifiche apportate al precedente testo al fine di recepire le osservazioni su di esso formulate dalla COVIP; modifiche di cui quest’ultima ha conclusivamente ritenuto di poter prendere atto.
Sul piano generale va evidenziato che, nella perdurante assenza del Decreto recante le disposizioni sull’investimento delle risorse finanziarie degli enti, sui conflitti di interesse e sul depositario previsto dall’art. 14, comma 3, del d.l. n. 98/2011, l’attività di controllo operata dalla COVIP sui documenti in questione è limitata alla valutazione della complessiva coerenza delle scelte operate dagli enti.
Va poi rilevato che, nonostante l’apprezzabile sforzo compiuto dagli enti nel dotarsi di una disciplina interna in materia di investimenti (ovvero nel migliorare quella già esistente), le analisi effettuate hanno messo in evidenza una problematica comune a tale disciplina: il difetto di coordinamento tra i diversi documenti in cui essa si presenta spesso articolata, che di solito comporta scarsa chiarezza complessiva, incongruenze e duplicazioni di contenuti.
Nel corso del 2018 la COVIP ha infine reso ai Ministeri vigilanti le richieste valutazioni in ordine alle modifiche apportate da un ente ex d.lgs. n. 509/1994 al proprio regolamento per la gestione dei conflitti di interesse; modifiche volte a recepire le osservazioni formulate dalla COVIP medesima sul testo precedente e di cui la stessa ha conclusivamente ritenuto di poter prendere atto. Si tratta, nello specifico, di un documento – con cui l’ente ha inteso dare autonomamente attuazione a quanto previsto in materia dallo Schema del sopra citato decreto – recante le procedure da seguire per individuare le situazioni che generano o potrebbero generare conflitti di interesse, le misure da adottare per la gestione degli stessi e le attività di monitoraggio e controllo dei conflitti medesimi nell’ambito dei processi rilevanti.
Le cose più importanti sono:
– La mancanza, dal 2011, del regolamento in materia di investimento delle risorse finanziarie degli enti, regolamento pronto da anni ma mai inviato dai Ministeri competenti in Gazzetta Ufficiale per la pubblicazione.
Si è creato così per anni un vuoto normativo che ha cagionato dei danni dei quali i Ministeri competenti potrebbero essere chiamati a rispondere.
– La COVIP ogni anno trasmette ai Ministeri vigilanti il referto annuale su ciascuno degli enti ma questo referto viene segretato nel senso che gli iscritti, obbligati a esserlo per legge, ne sono tenuti allo scuro.
– A causa della mancanza del regolamento investimenti, gli assetti regolamentari si presentano allo stato assai variegati e i documenti che li definiscono risultano assai diversificati quanto a struttura e contenuti.
– La molteplicità di tali documenti non agevola i controlli della COVIP.
– La cosa è tanto più grave perché l’ingente patrimonio delle Casse viene prevalentemente gestito in via diretta.
Al 31.12.2017 il totale delle attività detenute dagli Enti ammonta, a valori di mercato, a 85,3 miliardi di euro.
Nel 2017 le attività finanziarie gestite in forma diretta ammontano a 55,1 miliardi di euro, pari al 76,6% del totale.
Le attività finanziarie gestite tramite mandati conferiti a intermediari specializzati ammontano a 16,8 miliardi di euro e fanno riferimento a 42 gestori.
La porzione delle attività finanziarie gestite tramite mandati a intermediari italiani è pari al 35,6%. Il restante 64,4% è gestito da intermediari residenti in altri Paesi UE. Nella gestione diretta è preponderante il ricorso agli OICR, che ammontano a 36,2 miliardi di euro, pari al 65,7% delle attività finanziarie totali.
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