Anno: XXV - Numero 72    
Venerdì 26 Aprile 2024 ore 13:00
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L'arroganza del potere

La nostra legge professionale è una perfetta macchina da guerra.

L'arroganza del potere

Nell’ottica del puro “concetto di autogoverno dell’avvocatura”, utopisticamente orientato da una sana, corretta e democratica formazione del consenso e nel rispetto della legge, l’ideale, i principi ispiratori, in astratto, sono assai nobili. Nel concreto, nel panorama ormai magmatico della “illegalità istituzionalizzata”, è decisamente una perfetta macchina da guerra. Normativa di potere nelle mani di chi, in nome dell’avvocatura tutta ma nell’interesse di pochi, decide e pianifica gli strumenti per effettuare il controllo sulle sorti della categoria. Alla base, un sistema elettivo del Cnf rigorosamente ancorato agli Ordini locali ed autoreferenziale. Rappresentanza esclusiva con il Ministero della Giustizia, rapporti con il potere giudiziario, autonomia regolamentare e rapporti con gli Ordini,  autonormazione deontologica, il tutto condito ed assaporito dalla imposizione dei minimi slegati dal reddito e dalla negazione di un sistema previdenziale improntato alla  proporzionalità rispetto al reddito effettivamente realizzato (strumento di distruzione/distrazione di massa) al fine di affamare e distrarre le masse e non renderle attente alla realizzazione dell’obiettivo principale: governo di pochi e selezione darwiniana fino al paradosso dell’annientamento delle fasce più deboli. La deontologia è questione corporativa, in dispregio del suo reale fondamento, volto alla tutela e affidamento riposto dalla collettività su un esercizio corretto della professione in funzione anche del suo specifico ruolo di strumento attuatore del diritto di rango costituzionale alla difesa (art. 24 Cost.). Tutto nelle mani di chi disattende in maniera sprezzante ed eversiva il rispetto della Legge.  La spirale dei ricorsi ormai attivata attende completamento in pronunce, si spera, risolutive ed idonee al ripristino della Legalità violata; ma, nelle more, il Ministero tace e pare tollerare questo illegittimo ed illegale atteggiamento di chi ignora la regola del doppio mandato, ostentandone addirittura quattro, di mandati. L’arroganza del potere è sfacciata ed evidente, non per particolari competenze ed attitudini di chi la ostenta, ma per l’inerzia, ignavia e indifferenza dei destinatari: noi, noi avvocati. Il Ministero della Giustizia svolge la funzione di vigilanza e controllo su molti ordini professionali. L’attività di vigilanza dovrebbe rientrare nel più ampio concetto di controllo e garanzia del rispetto della legalità: un particolare esame volto a rivedere, appunto vigilare o riscontrare la regolarità di una funzione esercitata da un soggetto diverso da quello che pone in essere il controllo stesso. Essa si esplica attraverso richieste di chiarimenti ai Consigli degli ordini professionali e, in alcune ipotesi, può estendersi ad attività di tipo ispettivo. Secondo una previsione sostanzialmente omogenea delle leggi che regolano gli Ordini professionali, compete al Ministro della Giustizia lo scioglimento dei Consigli che non siano in grado di funzionare (per qualsiasi ragione) o commettano reiterati atti illegittimi.  L’acquiescenza per il caso del plurimandatario reggente del Cnf è ormai così eclatante e tollerata che si può solo presumere che tale indifferenza sia scelta volontariamente adottata “perché mani non sorvegliate da nessun controllo tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora.” “Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare.” Nonostante tutto…si continua a sperare nella Magistratura……

 

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