La vita è altrove.
L’avvocatura smarrisce ruolo e autonomia, prigioniera di leadership autoreferenziali e sudditanze politiche trasversali.
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Il presidente del Cnf dichiara guerra alla Cartabia con quasi un lustro di ritardo e naturalmente trova un Paolo Mieli che lo canzona.
La questione ha due facce, la prima di politica dell’avvocatura e la seconda della politica nell’avvocatura.
La prima, l’irrilevanza politico-sociale dell’avvocatura, non è un meteorite venuto dallo spazio, una maledizione biblica o una congiura, ma responsabilità precisa degli avvocati, delle loro scelte e delle loro leadership. questa deriva era stata prevista, annunciata e paventata vent’anni fa. ma si è preferito stracciare il responso, e fare gli struzzi.
La seconda, la contiguità organica col pd dei vertici forensi a partire dall’era Mascherin, ha ridotto le istituzioni forensi (ammesso che se ne possa ancora parlare al plurale) a un sindacato giallo quando governa il centro-sinistra che si muta in rosso quando governa il centro-destra. Persino sulla separazione delle carriere Cnf e Ocf sono stati tiepidi e poco incisivi, si sono viste solo le Camere Penali. quanto al congresso nazionale, non sappiamo se sia più patetico, grottesco o solo una mega gita scolastica. dopo Venezia ho smesso di andarci, a rimini sono andato per salutare i vecchi amici che ancora ci credevano, ma sono rimasto fuori.
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