Anno: XXV - Numero 51    
Mercoledì 27 Marzo 2024 ore 13:15
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La Sanità infiltrata dalle mafie

È un dato di fatto che, dove vi sia più pubblico, ci sono meno casi d’infiltrazioni mafiose rispetto a privato o privato accreditato

La Sanità infiltrata dalle mafie

La sanità è stata sempre oggetto di particolare interesse per la criminalità organizzata. Il motivo è semplice: le ingenti risorse economiche da gestire. L’accreditamento delle strutture, in particolare quelle private, sono uno dei settori più interessati dai condizionamenti del crimine organizzato. Prova inconfutabile è la gran parte della documentazione raccolta a carico delle aziende sanitarie commissariate per infiltrazioni mafiose (da ultimo: Commissariamento Asp di Reggio Calabria, Ministero dell’Interno, Roma 2019). Gli stadi che portano all’accreditamento e agli accordi contrattuali sono per lo più privi di trasparenza e d’idonea regolamentazione regionale. Dai dati esaminati, emerge de plano un eccesso di tecnicismo e requisiti richiesti troppo specifici finalizzati a favorire anticipatamente il contraente vincitore. Nell’insieme queste anomalie sono utili alla difficoltà di rilevare gli abusi occulti. L’eccessiva discrezionalità nella scelta dei soggetti erogatori è una costante. Si sforano continuamente i tetti di spesa da cui originano consistenti disavanzi.

Un ulteriore aspetto che abbiamo rilevato nella documentazione del Ministero dell’Interno è la presenza fra i soci delle strutture private di soggetti coinvolti in procedimenti penali per gravi reati, tra cui anche imputazioni per concorso esterno in associazione per delinquere di stampo mafioso. Dall’esame delle persone coinvolte emerge la commistione fra sanità, impresa, criminalità organizzata e politica. Lo stesso pool prefettizio che procede nelle indagini rileva spesso una palese difficoltà nel ricostruire l’esistenza dei contratti di fornitura e più in generale una frequente assenza o inadeguatezza dei contratti stessi. Il personale in servizio presso alcune Asl (da noi sentito in forma anonima) ha riferito della debolezza e della sporadicità dei controlli in loco. Gli accertamenti ai fini dell’accreditamento definitivo sono insufficienti. La stipulazione degli accordi contrattuali è astrusa, eccessivamente tecnica e spesso tardiva e insufficiente nelle caratteristiche sostanziali, risentendo delle debolezze delle amministrazioni sanitarie rispetto agli erogatori privati. Le strutture accreditate usano spesso il ricatto dell’offerta di lavoro per cui privarle dell’accreditamento metterebbe sul lastrico molte famiglie. Questo ovviamente rafforza la loro capacità di negoziazione nei confronti delle aziende sanitarie e favorisce le infiltrazioni mafiose e la corruzione. Oltre un quinto della spesa sanitaria nazionale finisce a strutture non pubbliche. In alcune Regioni, questa percentuale è superiore alla media, in Lombardia in primis, con il 29,9%, e poi in Lazio con il 27,8%, e stranamente al terzo posto il piccolo Molise con il 24,1% e in Sicilia e Puglia con il 23,5%.

Un altro elemento di particolare debolezza del sistema sanitario è la tendenza ad avvalersi di servizi complementari da parte di fornitori esterni: la cd. esternalizzazione. Adottata con l’obiettivo dei risparmi di risorse, non solo non raggiunge il suo scopo ma è una crepa, dove s’insinua la criminalità organizzata con la complicità della politica. L’esternalizzazione è fattore d’ipotetico rischio, al pari di quello connesso all’acquisto di beni, che diventa concreto quando le organizzazioni criminali hanno agganci con la politica e l’amministrazione sanitaria. Le mafie hanno occupato quasi totalmente i servizi esternalizzati che vanno dalla raccolta e smaltimenti rifiuti ospedalieri, alla preparazione e distribuzione pasti, dalla pulizia, vigilanza e lavanderia fino ai centri unificati di prenotazione, di elaborazione stipendi e di ragioneria, fino ai servizi funerari.

Laddove il rapporto mafia-politica-imprenditoria è particolarmente stretto la criminalità organizzata rientra anche nelle fasi decisorie che riguardano il personale della sanità. Le infiltrazioni mafiose non di rado coinvolgono i vertici delle aziende, sia gli incarichi conferiti dagli organi politici (nomina del direttore generale), sia gli incarichi apicali di natura strettamente fiduciaria (direttore amministrativo e sanitario) o ancora i responsabili di strutture complesse e semplici (dirigenti di strutture e unità operative). Nel caso dei direttori generali, un elemento presente emerge spesso nelle aziende condizionate dalla criminalità organizzata: i direttori generali sono stranamente scelti su base fiduciaria e non in base a un concorso. Restano in carica fino a quando sono utili agli interessi mafiosi, sono sostituiti con altri che comunque ruotano sempre nel giro delle collusioni con la criminalità organizzata.

I contratti di acquisto di beni e servizi sono un altro settore non immune al virus mafioso. Si nota a occhio nudo la presenza di un potere deviato amministrativo, imprenditoriale e politico, rivolto a favorire interessi specifici delle mafie. Negli atti esaminati, emergono illiceità palesi già nella fase di scelta del contraente. Si acquistano ad esempio prodotti che non corrispondono a un reale bisogno della popolazione o in misura superiore al reale fabbisogno. Si procede con atti di gara in modo da favorire uno dei contraenti. Si formulano bando e capitolato con l’aiuto del fornitore stesso. Si nominano commissioni tecniche compiacenti. Si assicura un’infungibilità del prodotto non reale o oggettiva. Non è scevra da illegalità neanche l’esecuzione del contratto. Questa fase fondamentale richiede grande considerazione ma purtroppo mancano controlli sulla prestazione, c’è troppo spesso accondiscendenza allo sforamento della spesa con doppia, tripla e quadrupla fatturazione. Ci sono troppe “transazioni” che consentono di coprire i danni originari. La scelta della tipologia del contratto, infine, desta perplessità proprio di ordine giuridico soprattutto riguardo al fatto che il contratto favorisce troppo spesso l’esecutore.

L’emergenza Coronavirus a livello nazionale ha messo sul piatto, circa, venticinque miliardi di euro, sui trenta totali della spesa pubblica per il servizio sanitario nazionale. Fondi che saranno gestiti attraverso una società del Ministero dell’Economia. In Italia oltre la crisi delle piccole e medie imprese che consentirà con alta probabilità alle mafie di accaparrarsele, vi è anche la sanità con tutti i suoi rivoli, che aprirà un nuovo varco a infiltrazioni mafiose. La privatizzazione del sistema sanitario è stata ed è ancora il tallone di Achille che farà ancora una volta spazio a mafie e corruzione.

È  un dato di fatto che, dove vi sia più pubblico, ci sono meno casi d’infiltrazioni mafiose in sanità rispetto a dove vi sia più privato o privato accreditato.

La liberalizzazione di molte gare d’appalto in ambito sanitario (soprattutto privato) sarà una miniera d’oro in cui le mafie ricicleranno denaro derivante da proventi illeciti (traffico di stupefacenti in primis) e si aggiudicheranno, attraverso opportune strategie corruttive, importanti appalti da cui ottenere nuovi profitti e denaro pulito da reinvestire. La cosiddetta “zona grigia” composta di colletti bianchi correrà in soccorso delle mafie. Addirittura le organizzazioni criminali con il sistema delle collusioni politiche incideranno ancora di più sulle nomine del personale medico-sanitario e amministrativo. Non dimentichiamoci che i mafiosi hanno festeggiato quando è iniziato il processo di liberalizzazione del sistema sanitario regionale. Un famoso pentito di mafia a tal proposito disse: “La regione è territorio nostro e comandiamo noi”.

In questo momento l’Italia è la più esposta in Europa alla corruzione e alle infiltrazioni mafiose. Le misure adottate in questa emergenza sanitaria dovranno essere specifiche ed eccezionali, rigorosamente proporzionate e limitate non solo al tempo di durata dell’emergenza. Lo scioglimento di tali enti infiltrati dalle mafie è tra le misure più efficaci. Occorrerà tuttavia creare un meccanismo che consenta agli investigatori di seguire più facilmente i flussi finanziari, al fine di identificare i soggetti che percepiscono il denaro pubblico, con la finalità di evitare, mediante la tracciabilità, che finisca nelle mani della criminalità organizzata. Le cosche riescono a mettere le mani sulle risorse sanitarie della pubblica amministrazione rendendosi “irriconoscibili”, e riuscendo addirittura a farsi apprezzare per affidabilità imprenditoriale.

Dall’esame dei provvedimenti di scioglimento emerge in tutta evidenza come le organizzazioni mafiose abbiano l’assoluta necessità di infiltrarsi nel settore della sanità pubblica e soprattutto privata poiché da essa traggono facilmente ingenti guadagni. Questo, inoltre, consente loro di ottenere consenso sociale nei più svariati modi, dalle assunzioni alle sovvenzioni fino alla mancata riscossione dei canoni, di garantirsi candidature o appoggio politico, appalti e servizi pubblici, lucrando persino sulle risorse naturali e sulle peculiarità produttive che il territorio riesce a esprimere.

Ritengo che tutte le istituzioni antimafia debbano mettere in campo una strategia di prevenzione e repressione ad hoc proprio nel settore della sanità che sia “ancora più efficace”, specie ora che si possono verificare gli effetti sul piano economico dell’inserimento delle mafie dopo il Covid. Sono convinto che i più esposti agli interessi delle organizzazioni criminali saranno proprio i settori della sanità privata, a partire proprio dalle Regioni che potrebbero beneficiare d’ingenti somme di denaro. Inevitabilmente nella gestione dell’emergenza e del post emergenza in ambito sanitario, molti servizi, di cura e non, dovranno essere esternalizzati. Proprio in questa fase ci saranno le infiltrazioni della criminalità organizzata e le attività corruttive dei colletti bianchi.

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