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La questione delle cessioni di fabbricati in corso di costruzione

Al “riesame” della Cassazione (ordinanza n. 13404/2020)

La questione delle cessioni di fabbricati in corso di costruzione

La vicenda

Una società vendeva a una società di leasing un fabbricato in corso di costruzione.

La cessione veniva assoggettata a Iva con applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa.

L’Ufficio notificava al notaio rogante avviso di liquidazione per il recupero delle imposte ipotecaria e catastale nelle misure proporzionali rispettivamente del 3 e 1 per cento, considerando il trasferimento come cessione in campo Iva di fabbricato strumentale per natura.

La CTP rigettava il ricorso del notaio con sentenza confermata dalla CTR.

Il notaio proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che la CTR aveva errato nel considerare l’immobile strumentale per natura, essendo lo stesso in corso di costruzione al momento della cessione, e, come tale, da assoggettare alle imposte ipotecaria e catastale in misura fissa.

La vicenda ci offre lo spunto per ripercorrere l’evoluzione della prassi dell’AE e della giurisprudenza dei giudici di legittimità in tema di cessioni di fabbricati strumentali per natura in corso di costruzione, partendo dalle norme di legge che regolano la materia.

Cessioni di fabbricati strumentali per natura ultimati [Categorie catastali A/10, B, C, D, E] Art. 10, co. 1°, n. 8-ter), d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633

Sono soggette/imponibili Iva:

  1. a) le cessioni effettuate dalle imprese costruttrici o di recupero, entro cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento;
  2. b) le cessioni effettuate dalle imprese costruttrici o di recupero, oltre cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento, e dalle imprese che non hanno costruito o recuperato i fabbricati stessi, cessioni per le quali nel relativo atto la parte cedente manifesti espressamente l’opzione per l’imposizione.

Sono esenti da Iva:

  1. a) le cessioni effettuate dalle imprese costruttrici o di recupero, oltre cinque anni dal-la data di ultimazione della costruzione o dell’intervento;
  2. b) le cessioni effettuate dalle imprese che non hanno costruito o recuperato i fabbrica-ti stessi.

In entrambi i casi in assenza di opzione per l’imposizione.

Di recente la Cassazione ribadisce che “La distinzione tra immobili ad uso abitativo e immobili strumentali deve essere operata con riferimento alla classificazione catastale dei fabbricati, a prescindere dal loro effettivo utilizzo.”

A nulla rilevando, pertanto, con riferimento al caso all’esame della Corte, relativo alla cessione di un fabbricato classificato in catasto in categoria A/10, che l’ unità immobiliare possa essere utilizzata, indifferentemente, sia come ufficio che come abitazione, senza necessità di radicali trasformazioni.

(Cfr. Cass. Civ. Ord. Sez. 5, n. 12000/2020, pubblicata il 19 giugno 2020)

Ai sensi dell’art. 40, d.P.R. n. 131/1986, Testo Unico Imposta di Registro, alle cessioni di immobili strumentali per natura, di cui sopra, in quanto operazioni soggette a Iva, si applica l’imposta di registro in misura fissa, siano esse imponibili oppure esenti.

Le cessioni di immobili in genere, non rientranti nella disciplina di cui all’art. 10, co.1°, n. 8-bis) [fabbricati abitativi] e n. 8-ter) [fabbricati strumentali per natura], d.P.R. n. 633/1972, sono soggette a Iva ai sensi dell’art. 2, del medesimo d.P.R. n. 633/1972.

Ai sensi art.10, co. 1° (catastale) e art. 1-bis, tariffa (ipotecaria) D.lgs. n. 347/1990, alle cessioni di fabbricati strumentali per natura ultimati e classificati nelle categorie catastali proprie di tali immobili, si applicano in ogni caso le imposte ipotecaria e catastale cd rinforzate del 3 e 1 per cento.

In merito con l’ordinanza 12000/2020, sopra citata, la Cassazione, richiamando suoi precedenti giudicati, precisa che: “ In tema d’imposte ipotecarie e catastali, a seguito delle innovazioni apportate al d.lgs. n. 347 del 1990 dalla disciplina introdotta dall’art. 35, comma 10 bis, lett. a), del d. I. n. 223 del 2006, conv. con modif. dalla I. n. 248 del 2006, tali imposte devono essere applicate in misura proporzionale anche se relative al trasferimento di beni immobili strumentali ed indipendentemente dall’assoggettamento di questi ultimi ad IVA” (Cass. n. 17284 del 2017; cfr. Cass. n. 22768 del 2016).

Cessioni di fabbricati non ultimati

Atteso che la disciplina Iva delle cessioni di cui ai citati nn. 8-bis) e 8-ter) dell’art. 10 del d.P.R. n. 633/1972, non contempla i fabbricati in corso di costruzione o non ultimati, si ritiene che un fabbricato in corso di costruzione possa definirsi, a seconda dei casi, abitativo o strumentale per natura, ai fini dell’applicazione della relativa disciplina, soltanto a seguito della sua ultimazione, vale a dire “con riferimento al momento in cui l’immobile sia idoneo ad espletare la sua funzione ovvero sia idoneo ad essere destinato al consumo.”

A tal fine “si deve considerare ultimato l’immobile per il quale sia intervenuta da parte del direttore dei lavori l’attestazione della ultimazione degli stessi, che di norma coincide con la dichiarazione da rendere in catasto ai sensi degli articoli 23 e 24 del DPR 6 giugno 2001, n. 380. Inoltre, si deve ritenere “ultimato” anche il fabbricato concesso in uso a terzi, con i fisiologici contratti relativi all’utilizzo dell’immobile, poiché lo stesso, pur in assenza della formale attestazione di ultimazione rilasciata dal tecnico competente si presume che, essendo idoneo ad essere immesso in consumo, presenti tutte le caratteristiche fisiche idonee a far ritenere l’opera di costruzione o di ristrutturazione completata.”

(Cfr. Circolare 1° marzo 2007, n. 12/E, paragr.10)

Secondo l’AE la cessione di un fabbricato in corso di costruzione, avendo ad oggetto un bene ancora nel circuito produttivo, “deve essere in ogni caso assoggettata a Iva”. (Cfr. Circolare 1° marzo 2007, n. 12/E, paragr.11)

Principio confermato dall’AE con la Risoluzione 8 maggio 2007, n. 91/E, in relazione alla cessione di fabbricati interessati da lavori di ristrutturazione non portati a termine, e in particolare con la Circolare 12 marzo 2010, n. 12/E: “Nel caso in esame, pertanto, trattandosi di cessione di immobili strumentali in corso di costru-zione – operazione esclusa dall’ambito applicativo dell’articolo 10 nn. 8-bis e 8-ter citati – non si applicano, rispettivamente, l’articolo 1-bis della Tariffa allegata al D.Lgs. n. 347 del 31 ottobre 1990 (imposta ipotecaria proporzionale del 3%) e l’articolo 10, comma 1, del medesimo decreto (imposta catastale proporzionale dell’1%), in quanto le disposizioni citate si applicano agli atti che comportano trasferimento di proprietà di beni immobili strumentali ai sensi dell’articolo 10, comma 1, n. 8-ter), del decreto IVA, da cui, come sopra ribadito, sono esclusi i fabbricati non ultimati. Conseguentemente, risulta pienamente operante, nella fattispecie rappresentata, il principio di alternatività tra IVA e imposte di registro, ipotecaria e catastale, per cui queste ultime sono dovute in misura fissa.”

Tali principi, coerenti con le norme di legge, confermati dai documenti di prassi di cui sopra, avevano subito una drastica rivisitazione ad opera di tre decisioni dei giudici di legittimità, e precisamente: sentenza n. 22757/2016, pubblicata il 9 novembre 2016; sentenza n. 23499/2016, pubblicata il 18 novembre 2016; sentenza n. 22138/2017, pubblicata il 22 settembre 2017.

Le tre sentenze avevano accolto le ragioni espresse in giudizio dall’AE, secondo cui la cessione nell’esercizio di impresa di un fabbricato strumentale per natura in corso di costruzione o non ultimato può considerarsi fuori dell’ambito applicativo del n. 8-ter) dell’art. 10, d.P.R. n. 633/1972, soltanto qualora l’immobile resti nel “circuito produttivo”, cioè quando sia il cedente, sia il cessionario, siano imprese edili. Diversamente, qualora il cessionario sia l’utilizzatore finale, il fabbricato, fuoriuscendo da tale circuito assume la natura di “bene finito”, con conseguente applicazione all’atto di trasferimento delle imposte ipotecaria e catastale proporzionali, rispettivamente del 3% e 1%.

La conclusione era stata avversata anche dallo Studio CNN n. 181-2017/T, in considerazione del fatto, tra gli altri, che la nozione di fabbricato in corso di costruzione è una situazione oggettiva e che la disciplina della relativa cessione non può subire variazioni sulla base della posizione soggettiva della parte acquirente.

Dubbie erano apparse anche le argomentazioni della Corte in ordine alla debenza delle imposte ipotecaria e catastale rinforzate, laddove si stabiliva, sia nella sentenza n. 23499/2016, sia nella sentenza n. 22138/2017, che “ai fini di affermare che l’atto di cessione è sottoposto ad Iva, è che il bene non sia ancora uscito dal circuito produttivo sicché nel caso in cui l’immobile, non ancora completato, pervenga al consumatore finale, il quale provveda all’ultimazione dei lavori a mezzo di contratto di appalto, ci si trova in regime di esenzione ai sensi dell’art. 10, comma 8 ter, d.p.r. 633/1972 e l’atto va assoggettato ad imposta di registro. Tale interpretazione della norma appare conforme al dato testuale, considerato che l’art. 10, comma 8 ter, citato, esclude dall’esenzione le cessioni effettuate dalle imprese costruttrici entro cinque anni dalla data della ultimazione della costruzione, ravvisandosi in ciò la ratio della norma che consiste nell’intento di favorire le imprese costruttrici le quali, esse si, possono giovarsi della sottoposizione ad Iva in quanto partecipano del ciclo produttivo”

L’assunto si manifestò di difficile lettura, anche perché nelle tre vicende all’esame della Corte, l’AE non aveva contestato la imponibilità Iva delle cessioni dei fabbricati strumentali non ultimati, ma soltanto, come sopra detto, la mancata applicazione delle imposte ipotecaria e catastale rinforzate, mentre i giudici di legittimità, evidentemente per una svista, avevano fondato il loro convincimento sul presupposto che per l’applicazione delle suddette imposte in misura proporzionale la cessione dovesse essere esente da Iva (non tenendo conto del fatto che per le cessioni di immobili strumentali per natura ultimati le ipocatastali del 3+1 si applicano in ogni caso). Così come in ogni caso a tali cessioni, in quanto considerate soggette a Iva, anche quando esenti, si applica, come sopra precisato, l’imposta di registro nella misura fissa, attualmente di Euro 200.

Alle stesse conclusioni perviene la Corte con l’ordinanza n. 4861/2020, pubblicata il 24 febbraio 2020 “ – a fronte, pertanto, della certa natura strumentale dell’immobile che, nella fattispecie, ha formato oggetto di cessione, alcun effetto dirimente può riconoscersi al principio di alternatività tra Iva ed imposta di registro ed ipocatastale, – qual posto a fondamento della gravata sentenza in relazione al rilevato stato grezzo dell’immobile ceduto (e, così, non ultimato; v., peraltro, Cass., 18 novembre 2016, n. 23499, per il rilievo che le cessioni di beni strumentali non ultimati sono soggette ad I.V.A., non ricadendo nell’esenzione di cui all’art. 10, comma 1, n. 8-ter, del d.P.R. n. 633 del 1972, «ove avvengano nell’ambito del circuito produttivo … mentre, se sono poste in essere a favore del consumatore finale, il quale provveda all’ultimazione dei lavori tramite contratto di appalto, sono sottoposte ad imposta di registro»), – posto che, per quanto sin qui rilevato, proprio detto principio di alternatività non trova (qui) applicazione in ragione delle disposizioni di deroga sopra ripercorse”.

Subito dopo la Cassazione riaffronta la questione con altre due ordinanze, per stabilire che la cessione nell’esercizio di impresa di un fabbricato strumentale per natura non ultimato, nei confronti di una società di leasing, determina la fuoriuscita del bene dal “circuito produttivo”, alla stregua della cessione effettuata nei confronti del consumatore finale, e conseguentemente le imposte ipotecaria e catastale si applicano alla stessa, non in misura fissa, ma, bensì, nella misura rispettivamente del 3% e 1%. In particolare la Corte:

– con l’Ordinanza n.6214/2020, pubblicata il 5 marzo 2020, afferma che “Diversamente da quanto opinato dal ricorrente, la conclusione qui accolta (non priva di precedenti confermativi di legittimità: Cass. nn. 23499/16; 2910/18) non si fonda affatto sulla natura soggettiva della parte acquirente (società di leasing), bensì sul dato oggettivo dell’avvenuta deduzione dell’immobile acquistato in un contestuale rapporto di locazione finanziaria (e nel relativo mercato) implicante la sua utilizza-zione; così palesandosi la sua suscettibilità di immediato impiego e di valorizzazione strumentale in ambito contrattuale e, dunque, giuridico-economico.”;

– con l’Ordinanza n.7908/2020, pubblicata il 17 aprile 2020, ritiene che “Solo la cessione del bene all’utilizzatore finale risulta, infatti, idonea a sottrarre l’immobile al “circuito produttivo”; l’immobile si intende uscito dal circuito produttivo anche nell’ipotesi in cui l’acquisto venga effettuato da un “consumatore finale-impresa” e non solo da un privato, a condizione che il bene sia utilizzato come bene strumentale e non destinato alla vendita.”

La decisione in oggetto

Sulla questione si pronuncia di recente la Cassazione, con l’ordinanza della Sez. 5, n. 13404/2020, pubblicata il 1° luglio 2020.

Con unico motivo di ricorso il notaio deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, co. 1°, numero 3, cod. proc. civ., in relazione agli articoli 10 del D.lgs. n. 347/1990 e 1-bis della tariffa allegata al decreto legislativo medesimo, sostenendo che la CTR aveva errato nel ritenere che l’immobile – il quale risultava essere in costruzione al momento del rogito – fosse da considerarsi strumentale all’attività imprenditoriale e, come tale, che fosse esente o meno da Iva, dovesse scontare le imposte ipotecaria e catastale nelle misure proporzionali rispettivamente del 3% e dell’1%, atteso che si trattava, invece, di bene in costruzione, alla cui cessione dovevano invece applicarsi le predette imposte ipotecaria e catastale nelle misure fisse di Euro 200 ciascuna.

La Corte nel respingere il ricorso del notaio, osserva che la CTR, con la sentenza impugnata, aveva affermato, che l’atto di compravendita non evidenziava in base a quali parametri il fabbricato de quo dovesse considerarsi ancora in costruzione e, dunque, suscettibile di completamento con altra destinazione e non semplicemente bisognoso di opere di ultimazione e/o finizione, aggiungendo che, qualora si dovesse considerare la strumentalità di tipo economico più che strutturale-fisico, il fabbricato di che trattasi era strumentale perché direttamente inserito nel business istituzionale della società acquirente tanto da essere contestualmente concesso in locazione finanziaria.

Con ciò, secondo i giudici di legittimità, compiendo una valutazione in fatto che non è stata in alcun modo censurata, dal momento che il ricorrente si è limitato a esporre a critica l’ulteriore affermazione secondo cui, qualora si dovesse considerare la strumentalità di tipo economico più che strutturale-fisico, il fabbricato di che trattasi era strumentale perché direttamente inserito nel business istituzionale della società acquirente tanto da essere contestualmente concesso in locazione finanziaria. Tale affermazione, secondo la Corte è da considerarsi meramente ipotetica e svolta in via subordinata, fermo restando l’accertamento in fatto della mancanza nell’atto di compravendita di indicazioni circa lo stato dell’immobile sicché non era dato evincere se esso fosse realmente in costruzione o non fosse semplicemente bisognoso di opere di ultimazione e/o finizione.

Non risultando, pertanto, censurata tale ratio decidendi, consistente nell’accertamento in fatto della mancanza di prova circa lo stato dell’immobile, il ricorso si rivela per la Corte infondato e da rigettare, in quanto le argomentazioni sviluppate poggiano su un elemento di fatto (lo stato di costruzione dell’immobile) che non è stato accertato.

La novità evidente dell’ordinanza in commento sta nel superamento dei concetti di “circuito produttivo” e “consumatore finale”, concetti che la Corte aveva posto a fondamento delle precedenti decisioni sfavorevoli ai contribuenti, sulla base delle argomentazioni addotte dalla difesa erariale.

Vale a dire, come sopra ricordato, che, secondo la tesi sostenuta nei giudizi dall’AE, la cessione di un fabbricato strumentale per natura in corso di costruzione o non ultimato avrebbe potuto considerarsi nel circuito produttivo soltanto nel caso in cui fosse intervenuta tra “imprese edili”, comportando il trasferimento al consumatore finale la fuoriuscita del bene da tale circuito, con conseguente applicazione delle imposte ipotecaria e catastale cd rinforzate.

Per quanto scarna, la motivazione dell’ordinanza in commento sembra abbandonare i concetti di cui sopra per concentrasi esclusivamente sull’oggetto della cessione, conferendo, anche sulla base della decisione dei giudici di merito, esclusivo rilievo allo stato di fatto dell’immobile.

Nella specie, sia secondo la CTR, sia secondo la Cassazione, le ragioni del ricorrente erano state ritenute non meritevoli di accoglimento, poiché lo stesso non aveva fornito alcuna dimostrazione sull’effettivo stato di fatto dell’immobile al momento della cessione, cioè non aveva provato se si trattasse effettivamente di fabbricato in corso di costruzione invece che di fabbricato mancante soltanto di finiture e come tale da considerasi, come in effetti i giudici avevano ritenuto, un bene finito idoneo all’uso.

Dal testo pubblicato dell’ordinanza, non è dato conoscere con precisione in base a quali elementi l’AE avesse provveduto a suo tempo alla liquidazione della maggiore imposta, considerato altresì che la stessa si era costituita nel giudizio di Cassazione al solo fine della partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370, co. 1°, cod. proc. civ..

E tuttavia, atteso che il giudizio di merito, confermato da quello di legittimità, ha circoscritto l’ambito dell’indagine all’accertamento di fatto – lo stadio di costruzione dell’immobile – è lecito ritenere che, nella vicenda, questo sia stato l’unico oggetto del contendere.

Tanto dovrebbe portare a ritenere, sotto il profilo operativo, che in fattispecie del genere non sia sufficiente, al fine di evitare che la cessione venga assoggettata alla tassazione più onerosa per quanto attiene alle imposte ipotecaria e catastale (3%+1% invece di Euro 200+200) che il rogito si limiti a dare atto genericamente che trattasi di cessione di immobile in corso di costruzione, essendo necessario che di tale stato venga data puntuale rappresentazione, comprovata, se del caso, anche da una relazione tecnica che ne dia conferma, allo scopo di porre gli uffici nella condizione di valutare con esattezza l’effettivo stato di fatto dell’immobile. Tenuto presente, in base ai principi emergenti dalla decisione in commento, come in ogni caso non possa considerarsi in corso di costruzione un fabbricato mancante soltanto delle “finiture”.

 

Scritto da Redazione Federnotizie

 

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