Anno: XXV - Numero 52    
Giovedì 28 Marzo 2024 ore 15:40
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Il sorriso di Biden tra le macerie dell'Ue

Il presidente Usa non si impegna sulle dosi. I leader litigano e il summit chiude prima. Draghi a von der Leyen su Anagni: ma le fiale Astrazeneca restano in Ue?

Il sorriso di Biden tra le macerie dell'Ue

Il sorriso di Joe Biden risalta tra i visi scuri dei leader europei, riuniti in videoconferenza. Quando si collega con il Consiglio Europeo, il presidente Usa ha appena finito di sfoggiare i successi della campagna vaccinale americana, nella sua prima conferenza stampa da quando si è insediato alla Casa Bianca due mesi fa. Biden addirittura raddoppia: “200milioni di vaccinati nei primi 100 giorni di presidenza”, anziché i 100 milioni stimati inizialmente e già raggiunti. Un altro mondo, visto dall’Ue, che per ora non può nemmeno contare sull’arrivo delle dosi in eccesso negli Stati Uniti: Biden non prende impegni precisi su questo, ci riferiscono alte fonti europee, la sua partecipazione straordinaria al summit era solo un’altra tappa del percorso di riavvicinamento dell’Ue agli Usa dopo la parentesi Trump. Buio, con il giallo di Anagni ancora aperto. Mario Draghi chiede chiarimenti a Ursula von der Leyen sugli export di Belgio e Olanda.

L’Europa che si presenta a Biden è in cocci, stremata da una pandemia che non riesce a domare, a differenza dell’alleato americano. Prima che arrivi il presidente Usa, i leader europei passano oltre cinque ore a litigare sulla distribuzione delle dosi, un caos innescato dal cancelliere austriaco Sebastian Kurz, furioso con Bruxelles perché secondo lui la ripartizione dei vaccini non è avvenuta in maniera equa. Dalla sua parte anche Lettonia e Bulgaria.

Ma “i contratti sono stati firmati dagli Stati membri e non da qualche stupido burocrate!”, gli urla Angela Merkel. Se il summit si fosse tenuto in presenza a Bruxelles, l’avrebbe preso per la collottola con sommo compiacimento anche da parte degli altri leader. Kurz ha torto marcio. Sfoga la rabbia dei paesi che hanno deciso di puntare su prodotti più economici tipo Astrazeneca e ora si trovano particolarmente danneggiati dalla drastica riduzione delle consegne: solo 30 milioni di fiale a fronte di una promessa di 120 milioni per il primo trimestre, è il nuovo calcolo portato da Ursula von der Leyen al vertice.

L’affare Kurz blocca il summit, tanto che il presidente del Consiglio europeo Charles Michel è costretto a sospendere la discussione per passare ad altro (Turchia, digitale, eurosummit). E da quel momento in poi si capisce che non c’è margine per prendere decisioni e nemmeno per una discussione pacata: questo summit tanto atteso alla fine dura solo una mezza giornata, invece che le canoniche due. Si chiude stasera.

Sui criteri di ripartizione delle dosi la soluzione non è a portata di mano. Il cancelliere austriaco rifiuta anche la mediazione tedesca. Se ne occuperanno gli ambasciatori degli Stati membri in apposite riunioni, anche perché ora c’è da decidere come ripartire le nuove dosi di Pfizer-Biontech (10 milioni): nessuno Stato vuole rinunciare per accontentare Vienna, che tra l’altro non è nemmeno messa malissimo sulla campagna vaccinale, nonostante il cancelliere sia molto criticato in patria. Quasi il 18 per cento degli austriaci ha ricevuto almeno la prima dose, in Italia la percentuale è del 15,8 per cento, ma ci sono paesi come la Bulgaria e la Lettonia dove il calcolo non arriva nemmeno al 7 per cento.

Ma la frustrazione di tutti è su Astrazeneca, ormai simbolo di tutti i mali della lotta europea al covid. Tutti i leader alla fine si dicono d’accordo con la nuova versione del meccanismo di controllo sugli export, presentata ieri dalla Commissione Europea. Mario Draghi, unico in Europa ad aver preso alla lettera il regolamento europeo bloccando 250mila fiale Astrazeneca in partenza per l’Australia, ne è stra-convinto. Ma l’ok da parte di tutti non era scontato. Paesi come il Belgio, l’Olanda, l’Irlanda continuano a nutrire più di qualche perplessità e lo hanno fatto presente. Ma nessuno contesta il regolamento apertamente: difficile, di fronte ad un’azienda che anche nel secondo trimestre consegnerà 70 milioni di dosi rispetto ai 180mln pattuiti. “Però speriamo di non doverlo usare”, dice il premier olandese Mark Rutte in conferenza stampa.

Ecco però su Astrazeneca ci si ferma qui. C’è l’idea della Commissione Ue di avviare un’azione legale per farsi rispettare, ma al vertice non se ne discute, ci riferiscono fonti Ue. Anche le poche dosi di Astrazeneca sono necessarie in questo momento di penuria di vaccini: un conflitto con l’azienda potrebbe essere controproducente, anche se ormai la pazienza europea è al limite. Sul tavolo virtuale dei leader plana anche il caso dello stabilimento di Anagni, dove i Nas hanno scoperto ben 29 milioni di dosi di Astrazeneca destinate in parte al Belgio, dove c’è il centro di smistamento europeo, e in parte ai paesi poveri del Covax. Ne parla Mario Draghi, che ha dovuto predisporre l’ispezione alla fabbrica dietro segnalazione di Bruxelles.

E qui spunta la novità. O meglio il sospetto che quelle dosi fossero in realtà destinate, almeno in parte alla Gran Bretagna, via Belgio. Lo fa capire Draghi quando, ripercorrendo i punti salienti della vicenda di Anagni, chiede a von der Leyen se ritiene giusto che le dosi di vaccini localizzate in Belgio e in Olanda restino destinate all’Unione europea, “in tutto o in parte”. La presidente assicura che “le dosi prodotte in Ue saranno destinate alla Ue”. Ma resta il dubbio.

Del resto, ieri, la mano tesa del premier britannico Boris Johnson alla trattativa con l’Ue sulla ripartizione delle fiale Astrazeneca si è palesata solo dopo che è scoppiato il caso di Anagni. Vuol dire che le dosi stipate nello stabilimento laziale erano destinate, almeno in parte al Regno Unito? Il Belgio, come si è detto, è sempre stato critico del meccanismo di controllo sugli export. E ieri, prima che si parlasse di trattativa con Londra, da Bruxelles non facevano che minacciare controlli ancora più rigidi sugli export, sulla base della nuova proposta della Commissione. “I cittadini europei hanno la sensazione di essere stati ingannati da alcune case farmaceutiche”, sono le parole di Draghi.

Frustrazione massima, ma per ora la via d’uscita non si vede. “La situazione resta preoccupante”, dice a fine giornata von der Leyen. Michel parla di “vertice difficile”, anche perché costretto in video-conferenza. C’è un accordo di massima sul certificato vaccinale, che servirà per riprendere i viaggi. Ma anche per questo bisognerà aspettare: si punta ad adottarlo per giugno. Vanno approfonditi i possibili ostacoli ed evitare i rischi di discriminazione tra vaccinati e non, è il ragionamento anche di Draghi. “Gli Stati Membri avranno bisogno di tutto l’aiuto che la Commissione può dare perché avere piattaforme nazionali e renderle interoperabili non è un risultato banale”.

Biden esorta gli europei a unirsi alla sfida delle “democrazie” contro le “autocrazie” dell’est. Ma i problemi (macerie?) sul campo in Europa non permettono di volare così in alto.

Fonte Huffpost

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