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Martedì 7 Maggio 2024 ore 13:00
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Il bilancio dello Stato tra Governo e Parlamento

Fa discutere l’auspicio di parte governativa che il bilancio dello Stato sia approvato dal Parlamento nei tempi più rapidi possibili, “senza emendamenti di maggioranza”, come precisato dal Vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, mentre il Ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti, confida “che il Parlamento apprezzi il lavoro svolto, evitando di presentare emendamenti”.

Il bilancio dello Stato tra Governo e Parlamento

Era stata l’indicazione del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ai Capogruppo della maggioranza, “subito accolta da tutto il centrodestra”, come scrive Marco Rogari per Il Sole 24 Ore. Che riferisce anche il giudizio di Francesco Boccia, Presidente dei senatori del Partito Democratico, secondo il quale la scelta sarebbe “un colpo pericolosissimo alle più elementari regole della nostra democrazia parlamentare”. E Dagospia aggiunge che l’idea della “semiblindatura” del bilancio, perché qualche emendamento sarebbe comunque ammesso, avrebbe irritato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, “basito” per una decisione “che espropria il Parlamento delle proprie prerogative, sulla legge più importante dell’anno, e che riduce deputati e senatori a meri pigia-bottoni”. Ovvero, come si esprime Marco Palombi su Il Fatto, “passacarte dei capi partito che siedono in Cdm e per di più sulla legge più importate e “politica” tra tutte”.

Governo e opposizioni fanno, ancora una volta, la loro parte. Palazzo Chigi che intende mettere la manovra al riparo dai consueti “assalti alla diligenza” e contemporaneamente mandare un messaggio rassicurante a Bruxelles e ai mercati finanziari. D’altra parte l’invito a non presentare emendamenti è stato formulato nei confronti dei parlamentari della maggioranza che sostiene il governo, evidentemente nel presupposto che l’indirizzo politico governativo sia integralmente condiviso dai partiti che sostengono l’Esecutivo.

L’opposizione, ovviamente, rimane libera di presentare emendamenti i quali, peraltro, avranno la possibilità di essere approvati solamente se parti della maggioranza li condivideranno senza rispettare l’invito a mantenere il disegno di legge di approvazione del bilancio nei limiti del testo approvato dal Consiglio dei ministri. Si comprendono quindi i motivi della critica che proviene dalle opposizioni in quanto il cosiddetto “diritto del bilancio” è tradizionalmente il luogo dove si giocano i rapporti tra Governo e Parlamento, tra decisione e rappresentanza. Il ruolo dei parlamenti si è sviluppato sul tema del prelievo fiscale e dell’uso delle risorse finanziarie pubbliche, da quando la Magna Charta Libertatum fin dal 1215 ha stabilito la regola che il potere politico, all’epoca il sovrano assoluto, dovesse chiedere ai sudditi, in quanto contribuenti, l’autorizzazione a riscuotere i tributi per le finalità pubbliche che avrebbe contestualmente indicato. Il sovrano avrebbe poi dato conto al Parlamento, con il bilancio consuntivo, di come quelle risorse erano state impiegate.

Negli anni, dalla rivoluzione francese e nel corso dell’ottocento il “diritto del bilancio” ha governato i rapporti fra governo e Parlamento facendo emergere la natura “formale” della legge di bilancio, in quanto atto deputato a recepire le previsioni di entrata e spesa previste da leggi ordinarie (sostanziali). Così è stato in Italia fino all’ultima riforma della legge di contabilità. Tant’è vero che avevamo una legge finanziaria, poi “di stabilità” con il compito di modificare le norme che prevedevano entrate e spese, al fine di adeguarle alle esigenze di politica economica che sarebbero stata recepite nel piano annuale del bilancio e nella previsione triennale. Questo sistema è cambiato, per cui oggi la legge di bilancio ha perduto la natura di legge formale e può modificare tutte le norme che prevedono entrate e spese, tanto è vero che contiene norme di carattere tributario e la previsione di nuove spese, come quella, di cui molto si è parlato, riguardante il ponte sullo stretto di Messina.

Questo assetto della normativa contabile rende ancora più evidente il ruolo del Parlamento e quindi giustifica taluni malumori nella maggioranza, nei settori che avrebbero desiderato una diversa modulazione del sistema tributario o altri impegni di spesa. Allo stesso tempo si comprende la protesta dell’opposizione la quale, tuttavia, deve rendersi conto che in democrazia contano i numeri e che è fisiologico che la maggioranza faccia valere le sue ragioni che, tuttavia, i parlamentari dei partiti di opposizione saranno impegnati a scalfire nella speranza di trovare consensi in quell’area politica.

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