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Cassa Forense: ecco quanti sono gli avvocati iscritti

La legge professionale forense; la permanenza dell’iscrizione all’albo degli avvocati all’esercizio della professione; i numeri dell’avvocatura.

Cassa Forense: ecco quanti sono gli avvocati iscritti

93.099: non è un numero magico ma sono gli iscritti a Cassa Forense, ivi compresi i fantasmi, che dichiarano un reddito inferiore ad € 5.182,00 all’anno. Sono pari a circa il 38% del totale dell’intera avvocatura e, quindi, non parliamo di marginalità.

Il legislatore previdenziale, prima di por mano a qualsivoglia riforma, nel nostro caso tanto ineludibile quanto tardiva, deve partire dai numeri della platea degli iscritti, analizzarli attentamente per sapere chi sono, cosa fanno e soprattutto cosa intendono fare nel futuro.

Nei 93.099 ci sono 23.616 fantasmi, pari al 9,6% (che sono coloro che nemmeno inviano il Modello 5 e dei quali quindi nulla si sa e che andrebbero per ciò solo cancellati) e 69.483 che dichiarano meno di € 5.082,00 all’anno.

Con questi redditi possono pensare solo alla pensione sociale che in Cassa Forense non c’è con la conseguenza che scaricherebbero tutti gli oneri pensionistici sulla restante collettività che, a mio giudizio, rebus sic stantibus, non è più in grado di far fronte a tale onere.

Con la sentenza 15.03.2021, n. 7227 la Suprema Corte di Cassazione ha, tra il resto, affermato che: «Nell’intento del legislatore, reso palese dalla lettera delle disposizioni citate, l’obbligatorietà dell’iscrizione presso la Gestione separata da parte di un professionista iscritto ad albo o elenco è collegata, infatti, all’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di una professione che dia luogo ad un reddito non assoggettato a contribuzione da parte della cassa di riferimento; la produzione di un reddito superiore alla soglia di euro 5.000,00 costituisce invece il presupposto affinché anche un’attività di lavoro autonomo occasionale possa mettere capo all’iscrizione presso la medesima Gestione, restando invece normativa mente irrilevante qualora ci si trovi in presenza di un’attività lavorativa svolta con i caratteri dell’abitualità. Dirimente è, insomma, il modo in cui è svolta l’attività libero professionale, se in forma abituale o meno; e se nell’accertamento di fatto di tale requisito ben possono rilevare le presunzioni ricavabili, ad es., dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della partita IVA, dalle dichiarazioni rese ai fini fiscali o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività, non è meno vero che trattasi pur sempre di forme di praesumptio hominis, che non impongono all’interprete conclusioni indefettibili, ma semplici regole di esperienza per risalire al fatto ignoto da quello noto».

Io penso che il ragionamento della Suprema Corte lo si possa fare anche per l’iscrizione in Cassa Forense la quale, altrimenti, per quanto verrò dicendo, resta nella incapacità di regolamentarsi a fronte di una riforma per tutti ineludibile.

L’art. 21 della legge professionale forense subordina, infatti, la permanenza dell’iscrizione all’albo degli avvocati all’esercizio della professione in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente, pena la cancellazione dell’iscritto dall’albo.

I requisiti di permanenza dell’iscrizione all’albo sono rinvenibili nel Decreto Ministeriale n. 47 del 2016 e le deroghe sono previste dalla stessa legge professionale forense.

Modalità di accertamento dell’esercizio della professione in modo effettivo, continuativo abituale e prevalente

  1. Il consiglio dell’Ordine circondariale, ogni tre anni a decorrere dall’entrata in vigore del presente regolamento, verifica, con riguardo a ciascuno degli avvocati iscritti all’Albo, anche a norma dell’articolo 6 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96, la sussistenza dell’esercizio della professione in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente. La verifica di cui al periodo precedente non è svolta per il periodo di cinque anni dalla prima iscrizione all’Albo. La disposizione di cui al secondo periodo si applica anche all’avvocato iscritto alla sezione speciale di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96.
  2. La professione forense è esercitata in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente quando l’avvocato:
  3. a) è titolare di una partita Iva attiva o fa parte di una società o associazione professionale che sia titolare di partita Iva attiva;
  4. b) ha l’uso di locali e di almeno un’utenza telefonica destinati allo svolgimento dell’attività professionale, anche in associazione professionale, società professionale o in associazione di studio con altri colleghi o anche presso altro avvocato ovvero in condivisione con altri avvocati;
  5. c) ha trattato almeno cinque affari per ciascun anno, anche se l’incarico professionale è stato conferito da altro professionista;
  6. d) è titolare di un indirizzo di posta elettronica certificata, comunicato al consiglio dell’Ordine;
  7. e) ha assolto l’obbligo di aggiornamento professionale secondo le modalità e le condizioni stabilite dal Consiglio nazionale forense;
  8. f) ha in corso una polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall’esercizio della professione, ai sensi dell’articolo 12, comma 1, della legge.
  9. I requisiti previsti dal comma 2 devono ricorrere congiuntamente, ferme restando le esenzioni personali previste per legge.
  10. La documentazione comprovante il possesso delle condizioni di cui al comma 2, è presentata ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. L’obbligo di cui al comma 2, lettera f), decorre dall’adozione del provvedimento previsto dall’articolo 12, comma 5, della legge.
  11. Con decreto del Ministero della giustizia, da adottarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente regolamento, sono stabilite le modalità con cui ciascuno degli ordini circondariali individua, con sistemi automatici, le dichiarazioni sostitutive da sottoporre annualmente a controllo a campione, a norma dell’articolo 71 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445».

La verifica del possesso di tali requisiti è demandata ai Consigli dell’Ordine ed infatti spetta ai Consigli dell’Ordine Circondariali verificare la sussistenza congiunta di effettività rispetto ad ogni iscritto con almeno 5 anni di iscrizione all’albo.

La verifica ha cadenza triennale ed è effettuata segnalando all’iscritto la necessità di ottemperare all’obbligo ministeriale e invitandolo a trasmettere un’apposita dichiarazione sostitutiva attestante il possesso dei requisiti richiesti.

Con parere n. 6 del 13.02.2021 il Cnf ha deliberato che, in assenza dell’emanazione del Decreto Ministeriale previsto dall’art. 2, comma 5, del D.M. n. 47/2016, i Coa non possano procedere alla verifica.

In tal senso, si sono prontamente adeguati i Coa di Milano e Roma.

Quindi, l’accertamento è fermo per questioni burocratiche e la legge di riferimento è la 247/2012.

Io credo che Cassa Forense, seguendo la giurisprudenza della Suprema Corte sovra citata, potrebbe mettere sotto osservazione i 93.099 chiedendo che ognuno provi l’esercizio della professione in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente, al di là delle mere presunzioni per poi girare il tutto ai COA di riferimento per i provvedimenti di competenza.

Si parla tanto di semplificazioni, cominciamo allora a semplificare.

È  vero che per l’art. 21 della legge professionale le modalità di accertamento dell’esercizio effettivo, continuativo, abituale e prevalente della professione, le eccezioni consentite e le modalità per la reiscrizione sono disciplinate con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 1 e con le modalità nello stesso stabilite, con esclusione di ogni riferimento al reddito professionale ma, in conformità alla giurisprudenza citata, ben si può pensare ad un reddito sotto soglia di esenzione con ciò chiedendo altresì una rapida riforma in materia.

Cassa Forense deve essere posta nelle condizioni di svolgere la propria mission che è quella di garantire previdenza e assistenza ai propri iscritti e non può dipendere da accertamenti di terzi.

Ricordo che:

  1. L’ufficio competente della Cassa, quando riscontra un inadempimento agli obblighi indicati nell’art.63 del presente Regolamento, ne dà avviso all’interessato con PEC o lettera raccomandata da inviare all’ultimo domicilio professionale conosciuto dalla Cassa o con atto equipollente.
  2. Nell’avviso vengono specificati:
  3. a) l’inadempienza riscontrata;
  4. b) l’indicazione degli importi dovuti a titolo di contributi, sanzioni e interessi;
  5. c) l’invito a fornire, entro il termine di giorni sessanta dalla data di ricezione, eventuali osservazioni in merito alla contestazione;
  6. d) l’avvertimento che, in mancanza di osservazioni, si procederà alla esazione mediante iscrizione nei ruoli esattoriali ovvero con altra modalità indicata dalla Cassa;
  7. e) la misura della sanzione ridotta in caso di versamento diretto in oblazione degli importi dovuti, con modalità e termini determinati dalla Cassa;
  8. f) l’indicazione di modalità e termini di eventuali ricorsi ex art. 79 del presente Regolamento.
  9. Qualora l’interessato faccia pervenire osservazioni in merito all’inadempimento contestato l’ufficio competente adotta gli opportuni provvedimenti con sollecitudine:
  10. a) se l’inadempimento contestato risulta inesistente, ne dà avviso scritto all’interessato provvedendo, eventualmente, alle operazioni necessarie all’annullamento dell’accertamento;
  11. b) se le osservazioni comunicate non escludono l’inadempimento, l’ufficio determina in via definitiva l’accertamento, eventualmente correggendo quello inizialmente compiuto e ne dà comunicazione scritta all’interessato con le specificazioni di cui al secondo comma, lettere b), e) ed f).
  12. Qualora l’interessato non faccia pervenire osservazioni entro il termine di cui al secondo comma, lettera c), l’avviso di cui al primo e secondo comma acquista efficacia di accertamento definitivo.

Fonte: Diritto e Giustizia

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