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Taglio Irpef 2026, risparmio fino a 1.400 euro ma solo per pochi

La riforma fiscale del governo Meloni punta a ridurre l’aliquota Irpef intermedia, ma i benefici concreti riguardano solo il 27% dei contribuenti.

Taglio Irpef 2026, risparmio fino a 1.400 euro ma solo per pochi

La riforma dell’Irpef è uno dei punti più caldi della prossima legge di Bilancio. Il Governo Meloni punta a ridurre il carico fiscale per chi rientra nel secondo scaglione di reddito.

Secondo le simulazioni elaborate da Izi, società di studi politico-economici, i vantaggi concreti riguarderebbero solo una platea ristretta: circa il 27,4% dei contribuenti, vale a dire poco più di uno su quattro.

L’ipotesi di lavoro prevede, dal 2026, un ampliamento del secondo scaglione Irpef dagli attuali 28-50.000 euro fino a 28-60.000, con contestuale riduzione dell’aliquota dal 35% al 33%.

In pratica, si pagherebbe meno imposta per i redditi medio-alti, che sono rimasti esclusi dai precedenti interventi sul cuneo fiscale e sull’accorpamento delle aliquote più basse.

I risparmi stimati

Le simulazioni mostrano che il vantaggio è quasi simbolico per chi guadagna fino a 30-35.000 euro. Questi i risparmi:

  • circa 40 euro l’anno a fronte di un reddito lordo di 30.000;
  • poco più di 100 euro a 40.000 euro;
  • 200 euro a 45.000.

La riduzione diventa tangibile solo oltre i 50.000 euro:

  • circa 600 euro a 50.000;
  • 940 euro a 55.000 euro;
  • fino a 1.400 euro annui per i redditi superiori a 60.000.

In pratica, oltre 100 euro al mese in meno di tasse.

Secondo altre elaborazioni riportate da Il Messaggero, il beneficio medio per i lavoratori dipendenti sarebbe di 627 euro a 40.000 euro lordi, per poi stabilizzarsi a 440 euro dai 60.000 in su. Anche pensionati e autonomi rientrerebbero nella misura, con risparmi che oscillano da poche decine a qualche centinaio di euro all’anno.

Per Giacomo Spaini, presidente e ceo di Izi, il provvedimento ha una portata selettiva:

Con questa proposta l’Irpef dovuta si riduce in maniera inapprezzabile per i redditi fino a 45.000 euro, per arrivare ad un massimo di 1.400 euro per i redditi tra i 50 e i 60.000 che significa poco più di 100 euro al mese di riduzione: a questi livelli si tratta di una misura interessante. Sappiamo però bene che la platea dei contribuenti si riduce molto in questa fascia di reddito medio alto, mentre la stragrande maggioranza dei redditi da lavoro si trova nella fascia non interessata dalla riforma e che si ritrova con un vantaggio solo di qualche decina di euro al mese.

La misura, dunque, avrebbe effetti concreti soprattutto su professionisti, quadri aziendali e famiglie con due stipendi che in passato hanno perso bonus e detrazioni a causa delle soglie di reddito.

Perché l’Irpef interessa al governo

L’Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche) è la principale fonte di gettito fiscale in Italia. Si applica a chiunque percepisca un reddito e oggi è strutturata in tre scaglioni:

  • 23% fino a 28.000 euro,
  • 35% da 28 a 50.000,
  • 43% oltre i 50.000.

Il taglio dell’Irpef è uno dei cavalli di battaglia del centrodestra, in particolare di Forza Italia, che da sempre rivendica una visione liberale e favorevole alla riduzione delle imposte sul lavoro. Secondo i sostenitori della riforma, l’alleggerimento del carico fiscale per il ceto medio-alto avrebbe un duplice effetto: rafforzare il potere d’acquisto di una fascia cruciale per i consumi e stimolare investimenti, contribuendo alla crescita economica.

Il costo stimato della riforma è di circa 4,5 miliardi di euro. Una cifra che il governo intende inserire nella prossima legge di Bilancio, presentandola come un investimento per alleggerire la pressione fiscale e rilanciare i consumi interni.

Qui Finanza

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