Il vaccino anti-influenzale nelle farmacie non c'è
Le Regioni hanno ordinato 16,7 milioni di fiale, il 43% in più dell’anno scorso, “ma alle farmacie è stato assegnato solo l’1,5%”, fanno notare da Federfarma.
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Parte la campagna di vaccinazione contro l’influenza e non mancano malcontento e preoccupazione. Medici e imprese farmaceutiche sono ottimisti sulla riuscita della campagna, strategica nella lotta al coronavirus, ma per ora – da domani e nelle settimane a venire – trovare il vaccino nelle farmacie sarà difficile. Potrebbero ripetersi le scene già vissute nei mesi passati per le mascherine. “Oggi gran parte della popolazione attiva – trentenni, quarantenni, cinquantenni – non avrà la possibilità di vaccinarsi”, spiega ad HuffPost il segretario nazionale di Federfarma, Roberto Tobia.
Scontenti sono soprattutto i farmacisti perché, nonostante appelli, incontri e rassicurazioni, non hanno ricevuto dosi sufficienti a garantire il vaccino a quanti – e sono la maggior parte – non lo riceveranno gratis dalla Asl attraverso il proprio medico di famiglia. E preoccupati, considerata l’importanza del vaccino che aiuterà a distinguere – la “diagnosi differenziale” cui fanno riferimento i medici – le malattie legate al virus dell’influenza dalla Covid, causata dal virus Sars Cov2, nella fase iniziale accomunate dagli stessi sintomi. Alleggerendo così la pressione su medici e ospedali.
Le Regioni hanno ordinato 16,7 milioni di fiale, il 43% in più dell’anno scorso, “ma alle farmacie è stato assegnato solo l’1,5%”, fanno notare da Federfarma. Troppo poco per i farmacisti che stimavano di avere almeno il doppio delle circa 900.000 fornite l’anno passato. Considerato che oggi il numero di persone che faranno il vaccino è più elevato, “perché – aggiungono da Federfarma – bisogna considerare anche gli studenti e gli under 60 che vorrebbero vaccinarsi come raccomandato da tutti gli scienziati”. “Siamo preoccupati perché abbiamo segnalato il problema due mesi fa – fa notare Tobia – facendoci parte attiva per risolverlo e abbiamo trovato la collaborazione del Ministro Speranza, che si è adoperato per chiedere alla Conferenza Stato – Regioni la rimodulazione delle quote assegnate, prospettando anche la possibile importazione dall’estero di vaccini, attraverso i canali scelti dall’Aifa in collaborazione col ministero stesso”.
Nei fatti, però, “le dosi vaccinali assegnate oggi alle farmacie sono 250.000, ossia l’1,5% di quelle assegnate alle Regioni”, sottolinea Tobia. L’Emilia-Romagna “ha promesso di ampliare la quota al 3% e – annuncia il segretario nazionale di Federfarma – lo stesso potrà avvenire con altre Regioni”. Ma “oggi quell’1,5% è assolutamente insufficiente a coprire il fabbisogno di gran parte della popolazione attiva che non avrà la possibilità di vaccinarsi in un momento in cui sarà importante distinguere i sintomi della malattia da Covid da quelli dell’influenza stagionale”.
Quest’anno il Ministero della Salute ha abbassato da 65 a 60 anni l’età di chi ha diritto al vaccino, perché ritenuto fragile, e alle Regioni è stata data la possibilità di raccomandare anche la vaccinazione per i bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 6 anni. Vaccino gratis anche per le persone di qualunque età con patologie specifiche. In Lazio – 2 milioni e 400.000 le dosi che si è aggiudicata la Regione – è stato stabilito l’obbligo di vaccinazione per gli over 65 e gli operatori sanitari e fortemente raccomandata la vaccinazione per le fasce d’età 6 mesi- 6 anni e 60-65 anni.
E mentre ora, ultimate le gare, per le Regioni si apre la fase della distribuzione, i farmacisti aspettano. “Il pallino è nelle mani del Ministro Speranza e dell’Aifa – sottolinea Tobia – che devono decidere se e quando importare dall’estero, fermo restando che noi rimaniamo a disposizione per qualsiasi altra soluzione prospettata da ministero o Regioni che possa permettere la dispensazione del vaccino nelle forme che essi individueranno”.
Per Filippo Anelli, presidente dell’Ordine nazionale dei medici, “i farmacisti hanno ragione a chiedere un incremento delle dosi a loro disposizione”. Sul piano generale, “i vaccini ci sono, abbiamo un’Italia a varie velocità a seconda delle tipologie organizzative e degli ordini fatti dalle varie Regioni, ma si può dire che le quantità acquistate soddisfino buona parte degli obiettivi fissati dal Ministero, penso al 75% degli ultrasessantenni – spiega – Rispetto al passato, oggi siamo in una situazione più complessa, gli studi medici devono essere riorganizzati, ma vaccinarsi contro l’influenza in questo momento è necessario per ridurre il più possibile patologie, come le malattie delle vie respiratorie alte, che nella fase iniziale presentano gli stessi sintomi e dunque possono essere confuse con la malattia da Sars Cov2”.
Quanto alla risposta, Anelli è “fiducioso, gli italiani aderiranno alla campagna perché ne comprendono le ragioni e anche per dare maggiore valore agli sforzi compiuti nei mesi passati. È bene ricordare che il vaccino va effettuato sempre in presenza di un medico e in ambienti autorizzati”. Anche Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria, è ottimista. “L’anno scorso c’è stata una prenotazione di 11 milioni di dosi, non tutte utilizzate. Quest’anno, grazie all’ampliamento delle fasce protette da parte del Ministero, siamo arrivati a 17 milioni, vale a dire il 43% in più – spiega ad HuffPost – Le aziende riescono a garantire la fornitura. Il Ministero si è attivato e sono state messe a disposizione 250.000 dosi per le farmacie (l’anno scorso ne avevano usate circa 800.000). Presso il Ministero si è aperto un tavolo con Aifa, imprese e farmacisti per trovare una soluzione alle forniture da garantire alle farmacie e credo che ci si arriverà in tempi brevi. Si sta lavorando bene, si sta facendo di tutto per trovare i vaccini e si troveranno. Il Covid ci ha insegnato quanto sia necessario programmare per tempo e credo che dovremmo trarre questo insegnamento per il futuro. Produrre un vaccino non è come produrre un farmaco, richiede più di qualche mese. Per cui, l’anno prossimo le farmacie dovranno prenotare già a partire da aprile. Per fortuna – conclude Scaccabarozzi – noi siamo stati previdenti, se non avessimo prodotto di più non avremmo avuto i quantitativi necessari”.
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