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Cosa succede quando il premier si dimette

Consultazioni, Camere ferme e affari correnti

Cosa succede quando il premier si dimette

Dopo oltre 500 giorni di attività, cala il sipario sul Conte bis. Il premier ha rassegnato le dimissioni nelle mano del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. L’incontro è durato mezz’ora. E ora, che cosa accade? Con le dimissioni del presidente del Consiglio si aprono tutta una serie di passaggi istituzionali legati alla crisi di governo, di cui il Quirinale è il baricentro.

Quando il presidente della Repubblica riceve le dimissioni del premier, si apre formalmente la crisi di governo. In linea con la prassi e i precedenti, dopo le dimissioni del presidente del Consiglio il Capo dello Stato ha indetto le consultazioni dei gruppi, che potranno essere accompagnati dai leader di partito o di coalizione. Le consultazioni gli servono per “ascoltare la voce del parlamento”, constatare la situazione e, di conseguenza, assumere decisioni sulla nomina di un nuovo presidente del Consiglio o, eventualmente, sul conferimento di un altro mandato esplorativo. L’ultima ratio, in caso di impossibilità accertata di formare un nuovo esecutivo, è che decida di sciogliere le Camere per andare ad elezioni. Le consultazioni per la formazione del nuovo governo si apriranno domani pomeriggio, 27 gennaio. Il calendarioi sarà reso noto attraverso l’Ufficio Stampa del Quirinale.

Con le dimissioni, e fino al giuramento di un nuovo esecutivo nelle mani del Capo dello Stato, il governo uscente rimane in carica per lo svolgimento degli affari correnti. Tra questi rientra l’eventuale emanazione di decreti legge in casi di necessità ed urgenza.

In mancanza del rapporto fiduciario, con la crisi di governo si ferma tutta l’attività parlamentare, eccetto che per gli atti urgenti come la conversione dei decreti legge in scadenza. Per quanto riguarda la Camera, la conferenza dei capigruppo ha deciso lo stop per ogni attività legislativa e ispettiva. I gruppi di Montecitorio hanno però deciso unanimemente che proseguono solo le audizioni in commissione sul Recovery Plan. L’attività ordinaria delle Camere riprende solo dopo che il nuovo esecutivo avrà incassato la fiducia da entrambe le Camere.

Che cosa accade alla relazione della giustizia, sul voto della quale il Conte ter rischiava di andare sotto (era in calendario alla Camera per mercoledì 27 gennaio)? In base alla riforma della legge sull’Ordinamento giudiziario del 2005, entro il ventesimo giorno dalla data di inizio di ciascun anno giudiziario, il ministro della Giustizia rende comunicazioni (cui segue un voto) alle Camere sull’amministrazione della giustizia nel precedente anno. La relazione è di fatto propedeutica alla inaugurazione dell’Anno Giudiziario in Cassazione. Tuttavia, si registrano due precedenti di relazioni presentate ma non votate. Il primo è stato nel 2008, quando l’allora Guardasigilli Clemente Mastella si recò in Aula a Montecitorio per tenerla a poche ore dall’arresto (ai domiciliari) della moglie Sandra Lonardo. Mastella parlò alla Camera ed andò a dimettersi, per cui non ci fu un voto sulla relazione. L’unico precedente di relazione tenuta durante un governo dimissionario risale, invece, all’epoca di Mario Monti nel 2013. Si decise in quella occasione di dare per assolto l’obbligo con la semplice trasmissione della relazione alle Camere senza svolgere le comunicazioni in Aula.

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