Come si ottiene la cittadinanza negli altri paesi europei
Con tempi più simili a quelli previsti dalla proposta di referendum sulla cittadinanza italiana, con un'eccezione: i paesi dell'Europa dell'est.
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Martedì la proposta di referendum che vorrebbe dimezzare il periodo necessario di residenza in Italia per poter presentare la domanda di cittadinanza italiana, da 10 a 5 anni, ha raggiunto le 500mila firme, cioè la soglia minima necessaria affinché il quesito venga sottoposto alla Corte Costituzionale. Sul suo sito il comitato promotore del referendum scrive che la proposta «allineerebbe l’Italia alla maggioranza delle normative europee», e in effetti è vero: in gran parte dei paesi dell’Europa occidentale per diventare cittadini servono circa cinque anni, contro i dieci che al momento occorrono in Italia.
La maggioranza di destra attualmente al governo è contraria alla proposta, e a sostegno della propria posizione cita spesso il fatto che l’Italia è il paese europeo che in assoluto “naturalizza” – cioè garantisce la cittadinanza – il maggior numero di persone: nel 2022 secondo i dati di Eurostat, l’agenzia statistica dell’Unione Europea, sono state circa 213mila, circa una su quattro del totale delle cittadinanze date nell’Unione Europea.
L’Italia però è quinta per numero di cittadinanze garantite in proporzione alla popolazione. Inoltre le norme italiane prevedono percorsi piuttosto disomogenei. Per alcune categorie di persone sono agevolati: per esempio le leggi italiane sui ricongiungimenti familiari sono piuttosto permissive. Per altre categorie sono invece molto più complessi: è il caso dei lavoratori che si trovano da anni in Italia ma che non sono sposati con una persona italiana, o non sono parenti di qualcuno che ha già la cittadinanza.
Anche in altri paesi europei sono previsti percorsi più facili per i coniugi o i figli di persone che hanno ottenuto la cittadinanza, più o meno larghi: il percorso ordinario per ottenere la cittadinanza in assenza di legami è comunque più breve che in Italia.
In Francia per diventare cittadini serve aver vissuto per cinque anni nel paese senza interruzioni, avere un impiego o una fonte di reddito stabile e superare un esame scritto e orale di francese che attesti una conoscenza a livello B1 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (significa conoscere una lingua a un livello intermedio, su una scala che va da A1 a C2). Alla fine del percorso bisogna anche superare un esame di conoscenza della storia francese. Il percorso si può interrompere in ogni momento in caso di una condanna per reati di terrorismo o a una pena di almeno sei mesi di carcere senza la condizionale. Nel 2022, ultimo anno per cui sono disponibili questi dati, in Francia hanno ottenuto la cittadinanza circa 114mila persone.
Anche in Germania per diventare cittadini servono cinque anni di soggiorno nel paese, per effetto di una legge approvata dall’attuale governo di centrosinistra ed entrata in vigore a giugno. In precedenza servivano otto anni di residenza. Anche lo stato tedesco richiede un impiego o un reddito stabile e una conoscenza a livello B1 del tedesco, mentre alcuni parametri sono più restrittivi rispetto a quelli francesi: non può ottenere la cittadinanza chi ha ottenuto una condanna penale, di qualsiasi entità.
Dopo l’entrata in vigore della nuova legge la ministra dell’Interno tedesca, Nancy Faeser, ha celebrato l’accorciamento dei tempi, dicendo che «finalmente riconosciamo le storie di vita e i successi delle molte persone che sono arrivate nel nostro paese tempo fa e lo hanno aiutato a svilupparsi». Nel 2022, ultimo anno per cui sono disponibili dati solidi, in Germania hanno ottenuto la cittadinanza circa 166mila persone.
Il secondo paese che da qualche anno garantisce il numero più alto di cittadinanze è la Spagna. Qui per ottenere la cittadinanza col percorso ordinario sono necessari dieci anni di residenza, ma una clausola molto sfruttata li riduce ad appena due per le persone nate nei paesi dell’America Latina in cui si parla spagnolo, o in altri paesi parzialmente ispanofoni come le Filippine e la Guinea Equatoriale. Anche in Spagna per ottenere la cittadinanza serve un esame di lingua e di conoscenze della storia spagnola, elaborato dall’Istituto Cervantes, l’ente dello stato spagnolo che promuove la lingua e la cultura spagnola all’estero. Nel 2022 la Spagna ha garantito la cittadinanza a circa 181mila persone.
In Austria gli anni necessari di residenza sono invece sei, durante i quali per almeno 36 mesi bisogna dimostrare di avere avuto un reddito stabile (obbligatorio per i 6 mesi precedenti la richiesta). I requisiti sui rapporti con la giustizia sono più stretti che altrove: non bisogna aver ricevuto una condanna penale, ma lo stato austriaco non garantisce la cittadinanza nemmeno alle persone straniere incriminate in attesa di un processo.
In Irlanda invece gli anni richiesti di residenza sono almeno 5 negli ultimi 9, con almeno un anno continuativo di residenza nel periodo immediatamente precedente alla richiesta. Anche nei Paesi Bassi servono cinque anni di residenza, che però devono essere continuativi.
Il paese dell’Unione Europea che garantisce il numero più alto di cittadinanze in rapporto alla propria popolazione è la Svezia: nel 2022 ha garantito la cittadinanza svedese a 8,8 persone ogni mille abitanti, il dato più alto in tutta l’Unione. Anche in Svezia per diventare cittadini servono almeno 5 anni di residenza: non sono richiesti però esami di lingua o di storia svedese. Anche le persone condannate per un reato o illecito amministrativo possono ottenere la cittadinanza, ma devono attendere un periodo di tempo più lungo indicato da apposite tabelle. Esistono poi percorsi semplificati per ottenere la cittadinanza svedese se si è cittadini di altri paesi nordici come Danimarca, Finlandia, Islanda e Norvegia (questi ultimi due paesi non fanno parte dell’Unione Europea).
Ci sono altri paesi dell’Unione Europea in cui è ancora più facile ottenere la cittadinanza, se si è molto ricchi: per questo vengono criticati da anni per i loro criteri troppo larghi, che combinati a norme fiscali piuttosto rilassate li rendono delle specie di paradisi fiscali.
A Malta per esempio si può ottenere la cittadinanza maltese – e quindi europea – in un anno, a patto di avere fatto un «investimento diretto» di almeno 750mila euro nell’economia locale. Ci sono percorsi agevolati anche per chi acquista o affitta una casa e va ad abitarci: basta che abbia valore minimo di 700mila euro o un canone annuo di almeno 16mila euro.
Dall’altra parte dello spettro ci sono invece i paesi dell’Europa orientale, tradizionalmente molto ostili alla migrazione non europea per ragioni storiche e culturali. Uno tra i paesi dell’Unione Europea a garantire in assoluto meno nuove cittadinanze in proporzione ai propri abitanti è la Slovacchia: nel 2022 sono state circa 700. Per diventare cittadini slovacchi servono otto anni di residenza in Slovacchia – così come in Ungheria – e un’ottima conoscenza dello slovacco (una lingua parlata da circa 5 milioni di persone, più o meno quelle che abitano in Veneto).
I principali paesi di provenienza delle persone che nel 2022 hanno ottenuto la cittadinanza da un paese dell’Unione Europea sono gli stessi ormai da anni. Il paese primo in questa classifica è il Marocco: nel 2022 sono diventati cittadini europei circa 112mila persone marocchine. La metà di loro ha ottenuto la cittadinanza in Spagna, circa un quarto in Italia. Seguono poi i siriani (90mila), gli albanesi (50mila, di cui tre quarti in Italia), romeni (37mila) e turchi (29mila, metà dei quali in Germania).
In Italia circa un decimo delle persone a cui nel 2022 è stata data la cittadinanza – 21.280 – provengono da Argentina e Brasile; è possibile che siano insomma parenti alla lontana di migranti italiani che si trasferirono in Sudamerica decine di anni fa, e che possono chiedere e ottenere la cittadinanza italiana piuttosto facilmente per via dello ius sanguinis, senza bisogno di essere residenti in Italia.
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