Una magistratura “proprietaria” degli edifici in cui si amministra la giustizia
L’Associazione nazionale magistrati sta organizzando nei tribunali delle “giornate della giustizia” per presentare il comitato per il No alla riforma della separazione delle carriere. Svolgere campagne elettorali in questi luoghi rischia di compromettere l’affidamento dei cittadini nella neutralità della giustizia.
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Le reazioni della magistratura associata alla riforma della separazione delle carriere stanno portando alla luce la concezione a dir poco proprietaria della giustizia che caratterizza anche quei magistrati che, in ragione dei ruoli istituzionali ricoperti, sono in possesso delle “chiavi” dei palazzi di giustizia del nostro Paese.
L’Associazione nazionale magistrati sta organizzando nei tribunali delle “giornate della giustizia”, per discutere di “giustizia, pace e parità di genere” con studenti, magistrati e “personaggi” (li definiscono loro così…) dello spettacolo e della cultura, e per presentare il comitato per il “no” alla riforma.
Un’associazione privata di magistrati ben può organizzare tutte le iniziative culturali che ritiene, magari – perché siano effettivamente tali – con un contraddittorio qualificato visto che agli studenti, fino da quando fu inventata la scuola, è stato sempre insegnato il valore del confronto tra idee diverse, quantomeno nei paesi democratici. Chiaramente in questo caso però non si tratta di iniziative culturali, bensì di iniziative elettorali per propagandare le ragioni del no alla riforma della separazione delle carriere, utilizzando (nuovamente) gli edifici giudiziari per provare a dare un’autorevolezza argomentativa alle motivazioni del “no”, altrimenti abbastanza fragili perché normalmente supportate da suggestioni o vaticini.
Certo, visto che questa associazione è composta da magistrati, ci si aspetterebbe che agli studenti venisse spiegato come sia mai possibile che due pubblici ministeri, condannati in primo e secondo grado per rifiuto di atti d’ufficio per non aver depositato prove favorevoli alle difese degli imputati in un processo, continuino come se nulla fosse a svolgere la loro funzione inquirente. O anche, come sia possibile che una persona assolta in primo e secondo grado venga poi condannata “al di là di ogni ragionevole dubbio” e come mai nel nostro Paese ci siano così tante vittime di errori giudiziari e praticamente nessuna conseguenza disciplinare per chi quegli errori li ha commessi, spesso rovinando la vita di molte persone. Oppure, perché solo in Italia, Turchia, Bulgaria e Romania le carriere dei magistrati sono uniche al contrario di tutte le democrazie occidentali. Forse proprio per questo ci sono così tante e incredibili storture nel nostro Paese?
L’elenco degli argomenti da sottoporre agli studenti sarebbe lungo e interessante, anche per dimostrare una certa capacità di affrontare con serenità le ragioni delle distorsioni che la giustizia porta con sé, i rimedi che si propongono e come la riforma della separazione delle carriere riuscirà o meno a incidere su queste storture, sulla qualità della giustizia e della sua amministrazione.
Nel frattempo, nel perdurante silenzio delle istituzioni di garanzia del nostro Paese, sono state avanzate forti critiche contro l’utilizzo dei tribunali per iniziative elettorali. Si è fatto sommessamente osservare che svolgere campagne elettorali in questi luoghi rischia di compromettere l’affidamento dei cittadini nella neutralità della giustizia.
Questo pericolo può dirsi superato. Infatti, non c’è più il mero rischio, ora c’è proprio la certezza. Il presidente dell’associazione magistrati locale, nell’aprire la prima di queste giornate, ha infatti voluto sgomberare subito il campo da qualsiasi dubbio. Con un notevole compiacimento ha (testualmente) affermato: “Siamo felicissimi di avere qui, a casa nostra, anche i cittadini oltre numerosi colleghi, anche perché questa è casa nostra e noi riteniamo di poter fare questi incontri a casa nostra”. Il magistrato, giusto per essere chiaro, nelle trentuno parole di questa frase per ben tre volte ha ribadito che la magistratura ritiene “casa sua” i tribunali e con tutta evidenza la giustizia stessa. Ritiene quindi che i cittadini, gli studenti, gli avvocati siano dei meri ospiti negli spazi in cui si amministra la giustizia e manda un messaggio chiaro a chiunque in quei luoghi voglia chiedere ragione delle storture, difendere i diritti delle persone, o semplicemente ascoltare idee contrapposte: non si può, questa è “casa nostra”.
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