Minneapolis: vittime dimenticate?
I media oscurano i nomi dei killer, ma il rischio è che la tragedia diventi una narrazione “politicamente corretta”, lasciando in secondo piano le vittime.
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Negli ultimi anni, i media occidentali hanno adottato una strategia chiara: oscurare i nomi di chi commette stragi o attentati. L’obiettivo dichiarato è ridurre il rischio di emulazione, evitando di trasformare criminali in star effimere.
Ma c’è un rovescio della medaglia. Concentrarsi esclusivamente sulle vittime, senza contestualizzare chi e perché ha compiuto il gesto, rischia di creare una narrazione edulcorata, che sacrifica la verità sull’atto per il rispetto delle regole editoriali o per conformismo politico. Così, mentre la società resta vulnerabile a nuove minacce, il dibattito si concentra su chi può o non può essere nominato.
In Inghilterra, dopo l’attentato sul ponte di Londra, i media hanno scelto il silenzio sul nome dell’attentatore. Nessuna celebrazione, nessun proselitismo. Ma la domanda resta: proteggiamo davvero le persone dai potenziali imitatori o stiamo semplicemente costruendo una cronaca “sicura”, conveniente e parziale? Il dolore delle vittime merita più di una narrazione filtrata e politically correct.
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