Cos’è lo “scudo penale” per i medici
E perché il ministero della Salute e quello della Giustizia non riescono a mettersi d'accordo su come dovrebbe funzionare.
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In uno dei primi Consigli dei ministri dopo la pausa estiva si discuterà del cosiddetto “scudo penale” dei medici, ovvero una legge che esclude le conseguenze penali nei confronti dei medici in caso di morte dei pazienti o lesioni, ma solo in alcune circostanze e con alcune premesse. Su queste circostanze e premesse si stanno confrontando i ministeri della Salute e della Giustizia, che finora hanno sostenuto due versioni diverse della legge; una più estesa e tutelante, l’altra con effetti più limitati. Questo confronto che va avanti da settimane è il motivo per cui l’approvazione della bozza del provvedimento, attesa all’inizio di agosto, è stata rinviata suscitando le critiche degli Ordini dei medici e dei sindacati.
Da almeno tre anni Ordini e sindacati chiedono al governo una legge per definire meglio e rendere stabile e definitivo lo scudo penale introdotto nel 2021 durante l’emergenza coronavirus. Allora il governo di Mario Draghi approvò un decreto dedicato soltanto al personale sanitario impiegato nella campagna vaccinale contro il Covid. Successivamente, quando il decreto fu convertito in legge, lo scudo penale venne esteso a tutto il personale – medici, infermieri, tecnici di laboratorio – per il lavoro fatto nel corso dell’emergenza coronavirus. Ogni anno, negli ultimi tre anni, lo scudo penale è stato poi prorogato: l’ultima scadenza è prevista alla fine del 2025.
Di fatto lo scudo penale esclude processi ed eventuali condanne nel caso in cui la morte del paziente o le lesioni siano avvenute nell’esercizio della professione sanitaria e soprattutto quando non c’è intenzionalità o colpa grave. Sulla valutazione della colpa grave, diversa caso per caso, incidono criteri come l’adesione ai protocolli medici, le condizioni di lavoro, l’urgenza e il contesto organizzativo in cui si sono verificati i fatti. Se un medico non segue i protocolli obbligatori oppure ha un comportamento chiaramente negligente, imprudente, distratto o avventato, non interviene lo scudo penale.
Nei lavori preparatori del Consiglio dei ministri di inizio agosto erano circolate due versioni della legge. Quella del ministero della Salute prevede di confermare e rendere stabile lo scudo penale in vigore negli ultimi anni, quella del ministero della Giustizia invece lo riserva solo alle attività sanitarie «di speciale difficoltà», senza però chiarire concretamente quali. I distinguo riguardano anche la definizione di colpa grave, su cui negli ultimi anni ha lavorato una commissione istituita dal ministero della Giustizia per studiare una riforma complessiva della responsabilità medica. È un lavoro che finora, tuttavia, non ha portato da nessuna parte.
Il ministero della Salute spinge per un’approvazione più estesa, anche su spinta degli Ordini e dei sindacati, perché vorrebbe risolvere alcuni problemi strutturali del sistema sanitario.
L’obiettivo principale dello scudo penale è infatti limitare la cosiddetta medicina difensiva, cioè la prescrizione da parte dei medici di un gran numero di esami e visite per prevenire il rischio di una denuncia. La medicina difensiva è anche una delle cause dell’aumento dei tempi di attesa per visite o esami. Molti studi sulla gestione dei sistemi sanitari dicono che una delle soluzioni ai tempi di attesa così lunghi è chiedere ai medici di famiglia e agli specialisti di fare meno prescrizioni favorendo una “appropriatezza prescrittiva”, come si dice in gergo tecnico. Evitare, insomma, visite ed esami inutili.
La medicina difensiva ha anche conseguenze economiche. Secondo l’Agenas, l’agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, esami e visite dovute all’eccessiva premura dei medici costituiscono il 10 per cento della spesa sanitaria complessiva, circa 10 miliardi di euro ogni anno.
La legge avrebbe benefici anche per il sistema giudiziario. Secondo i dati dei sindacati dei medici, negli ultimi anni sono state fatte 35mila denunce contro il personale medico, di cui la quasi totalità – il 97 per cento – finisce con un’archiviazione o un proscioglimento. Tutte queste denunce impegnano molto procure e tribunali: sempre secondo i sindacati, sarebbero circa 300mila i fascicoli su casi sanitari accumulati nelle procure.
Filippo Anelli, il presidente della federazione nazionale degli Ordini dei medici (FNOMCEO), ha detto al Foglio che lo scudo penale ha indubbi vantaggi per il sistema sanitario e alla lunga anche per i pazienti, ma che finora il governo ha tentennato perché molti giuristi considerano la legge un privilegio verso i medici. «È un ostacolo giuridico e culturale», ha detto Anelli. «È la statistica a dirci che in ogni intervento ci può essere una percentuale di casi avversi. Non si capisce allora perché un medico debba essere accusato di un reato che non ha mai voluto commettere».
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