Anno: XXV - Numero 135    
Venerdì 26 Luglio 2024 ore 13:30
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Legittima la corresponsione differita e rateale del Tfr per gli statali ma solo se l’indennità consegue alla cessazione anticipata dell’impiego.

Unsa-Confsal: sentenza della Consulta per Tfr statali

Legittima la corresponsione differita e rateale del Tfr per gli statali ma solo se l’indennità consegue alla cessazione anticipata dell’impiego.

La Corte Costituzionale con la sentenza n. 159 del 2019, depositata il 25 giugno, nel dichiarare in parte inammissibili le questioni poste a sostegno dell’ordinanza di rimessione del Tribunale di Roma, ha confermato la fondatezza della battaglia legale fortemente sostenuta dalla federazione UNSA-Confsal e del suo segretario Massimo Battaglia per contrastare  le disposizioni che negano al personale del pubblico impiego la corresponsione delle indennità di fine rapporto, comunque definite, in tempi prossimi alla cessazione del servizio. Come ha chiarito la Corte le indennità di fine rapporto comunque denominate assumono il carattere di retribuzione differita e, come tali, devono assicurare le finalità previste dall’art. 36 della Costituzione – garantire cioè al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa. Il Tfr e le altre indennità di fine servizio, spiega la Corte, “si prefiggono di accompagnare il lavoratore nella delicata fase dell’uscita della vita lavorativa attiva” e sono corrisposte al momento della cessazione del servizio “allo scopo di agevolare il superamento delle difficoltà economiche che possono insorgere nel momento in cui viene meno la retribuzione”. In queste situazioni, e solo in queste, l’interesse del lavoratore all’ottenimento del Tfr in prossimità del pensionamento può essere sacrificato a vantaggio delle esigenze di equilibrio del bilancio restando invece impregiudicata la questione di legittimità costituzionale in relazione ai casi in cui il lavoratore venga posto definitivamente fuori dal lavoro. Sulla base di tali considerazioni la Corte, pur segnalando l’estraneità ed esse del caso sottoposto al giudizio di costituzionalità, ha ritenuto di non potersi esimere dal “segnalare al Parlamento l’urgenza di ridefinire una disciplina non priva di aspetti problematici, nell’ambito di una organica revisione dell’intera materia, peraltro indicata come indifferibile nel recente dibattito parlamentare”.

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