La riforma degli ordinamenti professionali sia organica e condivisa

La Confederazione chiede una cornice normativa comune che valorizzi le Società tra professionisti e segnala criticità su incompatibilità, equo compenso, ruolo degli ordini, mandati e intelligenza artificiale

«Accogliamo con favore l’attenzione di Governo e Parlamento verso la riforma degli ordinamenti professionali, ma frammentarla in quattro leggi delega rischia di creare conflitti e disparità tra categorie», ha dichiarato Paola Fiorillo, componente della Giunta di Confprofessioni, ieri in audizione alla Commissione Giustizia della Camera sul disegno di legge C.2629 e abbinati, recanti la delega al Governo per la riforma dell’ordinamento forense.  «Un sistema frammentato non può sostenere la crescita dei professionisti in Europa: serve una cornice normativa comune e organica, a cominciare dalla disciplina delle Società tra professionisti, che dovrebbe valorizzare l’interdisciplinarietà», ha aggiunto Fiorillo.

Confprofessioni ha inoltre segnalato l’assenza di confronto con i corpi intermedi e la mancata analisi di impatto prevista dalla normativa europea. «La fretta di licenziare questi testi rischia di dare alla luce una riforma disomogenea e non al passo con i tempi e le esigenze dei liberi professionisti», ha proseguito Fiorillo.

I punti critici evidenziati da Confprofessioni al ddl “Riforma dell’ordinamento forense”

Società tra professionisti (Stp). «La disciplina proposta scoraggia lo sviluppo di società interdisciplinari e innovative, imponendo vincoli agli avvocati che non hanno senso né sul piano costituzionale né su quello europeo», ha dichiarato Paola Fiorillo.

Incompatibilità. Confprofessioni propone di limitarle alle sole attività di impresa o di lavoro che comportino un reale pregiudizio per l’indipendenza e l’autonomia dell’avvocato, eliminando invece il divieto di esercizio di attività di lavoro autonomo. «Consentire agli avvocati di accedere a nuovi settori interprofessionali è indispensabile per rafforzarne la competitività», ha spiegato Fiorillo.

Equo compenso. La materia deve essere affrontata in modo unitario per tutte le professioni, il solo modo di garantire pari diritti a tutti i liberi professionisti. La disciplina introdotta nel 2023 si è rivelata poco efficace: troppo restrittiva nell’ambito di applicazione e troppo estesa nel demandare agli ordini poteri disciplinari. «Serve una normativa chiara e condivisa, che tuteli davvero i professionisti e non crei distorsioni di mercato», ha evidenziato Fiorillo.

Consigli degli ordini. La delega attribuisce al Consiglio Nazionale Forense una rappresentanza esclusiva, trascurando il principio del pluralismo associativo. «Gli ordini tutelano l’interesse collettivo, mentre la rappresentanza politica e associativa dei liberi professionisti deve restare libera e pluralistica», ha sottolineato Fiorillo.

Mandati dei consiglieri. L’ipotesi di elevare a tre i mandati esperibili nei consigli dell’ordine ostacola il ricambio democratico e generazionale. Inoltre, la concentrazione di funzioni nel Consiglio Nazionale Forense viola il principio di separazione dei poteri: è necessario distinguere nettamente tra funzione giurisdizionale e funzione amministrativa.

Intelligenza artificiale. Un ultimo punto critico riguarda l’assenza di disposizioni sull’uso dell’intelligenza artificiale nella professione forense. «È necessario che la riforma affronti un tema così centrale, soprattutto alla luce del recente AI Act europeo», ha concluso Fiorillo.

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