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Bonus 600 euro, ecco la beffa del decreto Rilancio

Avvocati sul piede di guerra, pronti nuovamente a combattere per il “bonus 600 euro” destinato agli autonomi

Bonus 600 euro, ecco la beffa del decreto Rilancio

Dopo aver rischiato di essere tagliati fuori dal dl Cura Italia, dopo aver inutilmente chiesto di consentire l’accesso degli studi professionali ai contributi a fondo perduto per imprenditori, artigiani e commercianti e dopo essere stati illusi dal governo circa il fatto che l’assegno sarebbe stato portato da 600 a 800 euro, i legali, ma più generalmente tutti gli appartenenti agli ordini professionali che finanziano Casse pensione autonome (non sono infatti iscritti alla gestione separata dell’INPS), ora scoprono che un conflitto tra norme rischia di far saltare il bonus o almeno ritardarne la corresponsione. Ma andiamo con ordine. A scoprire il pasticcio normativo la categoria degli avvocati. La Cassa forense, ha infatti comunicato ai propri iscritti: “C’è da risolvere (auspicabilmente mediante un’errata corrige da pubblicare in Gazzetta Ufficiale) il problema creato da due norme del “Decreto rilancio” che, da una parte (art. 78), rifinanzia la misura di marzo anche per aprile e maggio e, dall’altra (art. 86), rende il bonus già erogato incompatibile con quello dei mesi successivi”.

Esaminiamo infatti i due articoli dal testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale. L’art. 78 dispone:

  1. Ai fini del riconoscimento anche per i mesi di aprile e maggio 2020 dell’indennità per il sostegno del reddito dei professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509 e 10 febbraio 1996, n. 103 all’articolo 44 del decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, le parole “300 milioni” sono sostituite dalle seguenti: “1.150 milioni”; b) al comma 2, la parola “trenta” è sostituita dalla seguente: “sessanta”.
  2. Ai fini del riconoscimento dell’indennità al comma 1, i soggetti titolari della prestazione, alla data di presentazione della domanda, non devono essere in alcuna delle seguenti condizioni: a) titolari di contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato; b) titolari di pensione.
  3. L’articolo 34 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 è abrogato. 4. Agli oneri derivanti dal presente articolo pari a 650 milioni di euro per l’anno 2020 si provvede ai sensi dell’articolo 265.

L’articolo 86 invece prevede che: Le indennità di cui agli articoli 84, 85, 78 e 98 non sono tra loro cumulabili e non sono cumulabili con l’indennità di cui all’articolo 44 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27. Le suddette indennità sono cumulabili con l’assegno ordinario di invalidità di cui alla legge 12 giugno 1984, n. 222.

Insomma, il medesimo decreto Rilancio in un articolo rinnova la misura, ampliando il “Fondo per il reddito di ultima istanza” istituito per tutelare i professionisti per mezzo del bonus 600 euro da 300 milioni a un miliardo e centocinquantamila euro (la portata maggiore è giustificata dall’ampliamento della platea e anche delle mensilità, salite da una a due, aprile e maggio), ma con il successivo vieta il cumulo di indennità, bloccando l’accesso ai professionisti che lo hanno ricevuto in marzo.

Sul tema è intervenuto mediante una nota il ministero del Lavoro: “Resta ferma l’erogazione dell’indennità per i mesi di aprile e maggio per i professionisti iscritti alle Casse di previdenza privata che l’hanno già percepita a marzo, come specificato all’art. 78 del decreto Rilancio”.

Ma anche una volta risolto questo pasticciaccio normativo, i 500 mila professionisti iscritti alle Casse previdenziali delle professioni protette dovranno comunque attendere, come del resto avvenne già con il Cura Italia, la messa a punto di un decreto attuativo, che dovrà stabilire: la platea dei soggetti interessati, eventuali limiti di reddito, le modalità di presentazione della domanda e possibili criteri per la graduatoria. Fino ad allora sarà tutto bloccato. Lo dice a chiare lettere l’INPGI, la Cassa dei giornalisti: “In attesa del decreto interministeriale, l’INPGI, al pari degli altri enti e casse di previdenza dei professionisti, non potrà precedere né a ricevere le domande da parte degli iscritti né, ovviamente, a disporre l’erogazione delle somme”.

A differenza di quanto avvenuto con gli iscritti alla gestione separata dell’INPS, infatti, che ha già iniziato a erogare il bonus 600 euro sulla base del database di chi aveva presentato l’istanza per la misura prevista per il mese di marzo, geometri, avvocati, ingegneri, psicologi, geologi, giornalisti ecc… dovranno quasi certamente inoltrare una nuova richiesta.

Particolarmente battagliera la categoria degli avvocati che già nelle passate settimane aveva denunciato il fatto che la Fase 2 valesse per tutte le categorie, eccetto per i tribunali, ancora desolatamente vuoti. “L’Organismo Congressuale Forense registra con sgomento il totale disinteresse dell’Esecutivo, già manifestatosi con il blocco delle attività giudiziarie per due mesi e con la mancata ripresa che sarebbe dovuta avvenire il 12 maggio, che viene confermato con il decreto rilancio pubblicato, dopo l’annuncio di una settimana fa”, comunica una delle sigle di rappresentanza della categoria. “Il decreto – viene inoltre lamentato -, non solo non prevede alcun programma straordinario complessivo per la giustizia ma, addirittura, non estende ai professionisti iscritti alla Casse private neppure la possibilità di accedere al fondo perduto previsto per imprese ed autonomi”.

I professionisti iscritti alle Casse potrebbero poi subire una ennesima beffa: i decreti attuativi dovranno arrivare entro 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Rilancio, datato 19 maggio. Il Sole 24 Ore sostiene che, per dare attuazione a tutte le misure della manovra monstre da 55 miliardi, di decreti ne serviranno almeno 98, quindi è possibile che alcuni arrivino in prossimità della scadenza dei termini, ovvero la seconda decade di luglio. Se tra i ritardatari ci fosse proprio quello del bonus 600 euro, per le partite Iva nulla si smuoverebbe prima della fine del mese di luglio e i primi “fortunati” potrebbero ricevere l’assegno di aprile per agosto…

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