Equilibri fragili
Il 2027 può ribaltare tutto.
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L’analisi dell’Istituto Cattaneo arriva come un promemoria severo per la maggioranza: la stagione dell’apparente invincibilità è più breve di quanto suggeriscano i sondaggi. Il voto delle regionali non certifica solo un rallentamento del vento favorevole, ma soprattutto mette a nudo la vulnerabilità strutturale del centrodestra nel momento in cui il centrosinistra abbandona la frammentazione per imboccare la via delle candidature comuni.
Per Giorgia Meloni questo significa una cosa semplice: il 2027 non sarà una passeggiata. L’attuale sistema elettorale non perdona errori di strategia. Gli uninominali, che nel 2022 consegnarono alla coalizione una maggioranza larga pur con un vantaggio di voti minimo, oggi appaiono il terreno più insidioso. Nel Nord il blocco conservatore resta forte, ma nel Centro e soprattutto al Sud la situazione può ribaltarsi con sorprendente rapidità se il cosiddetto campo largo dovesse presentarsi compatto.
Il rischio per Meloni non è il tracollo, ma lo scivolamento lento: un collegio perso qui, uno lì, fino a scoprire che la solidità numerica della coalizione si sgretola dove la geografia elettorale è più mobile. Tanto più che, lo ricordano i dati, nel 2022 il centrosinistra prese più voti del centrodestra. Non una curiosità statistica: un campanello.
La premier entra dunque in una fase in cui serve meno trionfalismo e più manutenzione politica. Dovrà tenere insieme una coalizione agitata da pulsioni divergenti e contenere la tentazione di affrontare il 2027 come se fosse già scritto. Perché la storia recente dimostra che in Italia nulla è più pericoloso del sentirsi già arrivati.
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