La situazione delle pensioni in Italia
Mentre Sinner diventava il re di Wimbledon e il Chelsea strapazzava il PSG, l’OCSE il 9 luglio 2025 ha pubblicato il suo Report e l’8 luglio UPB è stato audito dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica in atto.
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Lo scenario delineato dall’OCSE è il seguente:
- tra il 2023 e il 2060 la popolazione in età lavorativa in Italia diminuirà del 34% e il numero di anziani a carico di ogni persona, in età lavorativa, passerà dallo 0,41, cioè un anziano a carico ogni 2,4 persone in età lavorativa, allo 0,76, cioè a 1 un anziano per ogni 1,3 persone che lavorano;
- nello stesso periodo il rapporto tra occupati e popolazione totale diminuirà di 5,1 punti percentuali.
A fronte di questa situazione, l’OCSE chiede al Governo italiano di aumentare l’età lavorativa.
Le considerazioni generali svolte poi dalla Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, vanno nella stessa direzione ed è bene interrogarsi per tempo sulle iniziative da prendere.
«Considerazioni generali
Nei prossimi decenni la transizione demografica in corso produrrà cambiamenti rilevanti nella numerosità e nella struttura per età della popolazione italiana che si ripercuoteranno sulla società e l’attività economica. Il progressivo calo e l’invecchiamento della popolazione peseranno sulle prospettive di crescita, così come su un sistema di protezione sociale concepito in condizioni demografiche molto diverse da quelle attuali. Le previsioni di consenso prefigurano una crescita del prodotto potenziale moderata, in ragione della demografia sfavorevole e della bassa produttività. Le proiezioni dell’UPB per il prossimo quinquennio indicano una crescita che perde vigore man mano che si riduce la spinta dell’accumulazione di capitale per effetto degli investimenti del PNRR e il contributo dell’occupazione diviene nel complesso negativo. Il sistema pensionistico si troverà a fronteggiare pressioni di spesa significative nei prossimi quindici anni, per effetto del pensionamento dei baby boomers e di un passaggio a regime del sistema contributivo graduale nel tempo. Nel lungo periodo, le sfide riguarderanno piuttosto l’adeguatezza delle prestazioni previdenziali in un quadro nel quale si ridurranno gli importi medi delle pensioni di vecchiaia e anticipate rispetto ai redditi medi da lavoro Sono previste in crescita, con una dinamica nel complesso moderata, le principali ulteriori spese legate all’invecchiamento della popolazione, sanità e long-term care, sebbene i livelli di partenza di tali spese siano bassi nel confronto internazionale. In prospettiva, sarà necessario garantire adeguati livelli e qualità delle prestazioni su tutto il territorio. Nel lungo periodo, in assenza di interventi che controbilancino le tendenze di riduzione della fertilità e che rafforzino il saldo migratorio, la popolazione in età da lavoro si ridurrà e sarà superata da quella anziana fuoriuscita dal mercato del lavoro. Invertire o anche solo attenuare le tendenze che comprimono il ricambio generazionale e deprimono il saldo naturale della popolazione richiede politiche che incidano sulle preferenze e sui comportamenti individuali – spesso legati alla dimensione del sistema socioassistenziale e alla fiducia nel suo funzionamento – e soprattutto molto tempo perché possano manifestare i propri effetti. Occorre, dunque, intervenire al più presto per contrastare il calo dell’offerta di lavoro e comprimere l’indice di dipendenza degli anziani, aumentando al contempo la produttività e migliorando le condizioni economiche e reddituali di una popolazione attiva che si troverà a sopportare il peso di una quota crescente di anziani. Sono necessarie politiche che favoriscano una più ampia partecipazione al mercato del lavoro, volte ad aumentare la numerosità degli attivi e a migliorare le condizioni di occupabilità degli individui in età da lavoro. Il Paese ha un esteso bacino di inattività, che nel 2024 contava più di dodici milioni di persone, due terzi delle quali donne. Vi appartengono in prevalenza individui caratterizzati da bassa scolarità, mancanza di competenze specifiche da spendere sul mercato del lavoro e scarsa motivazione, giovani che non studiano e non lavorano, donne oberate da carichi di cura e assistenza, così come persone scoraggiate dalla mancanza di opportunità, effettiva o percepita. Occorrono misure specifiche per intercettare le caratteristiche, i bisogni e le aspettative delle diverse tipologie di inattivi e incidere in modo efficace sulle scelte di partecipazione. La ricetta non è uguale per tutti e le esigenze sono molto differenziate tra i diversi territori. Sono necessari interventi volti a favorire il raggiungimento di un maggiore livello d’istruzione, soprattutto per i giovani, ad affinare e riqualificare le competenze professionali, oltre che a garantire una più agevole conciliazione della vita con il lavoro. Incentivare l’ingresso nel mercato del lavoro delle donne, in particolare, richiede di rafforzare le politiche di conciliazione e assicurare una maggiore presenza pubblica nei servizi di cura della famiglia (figli e familiari anziani), attività in cui è ancora prevalente la presenza femminile. Un contributo significativo ai flussi in entrata nel mercato del lavoro può venire dal saldo migratorio. Nel breve termine, i flussi migratori possono sopperire alle carenze di manodopera che già si registrano in settori quali il turismo e le costruzioni. In prospettiva, occorrerà rafforzare la capacità di attrarre lavoratori qualificati, in particolare giovani che potranno contribuire alla crescita demografica. Le caratteristiche per titolo di studio del saldo migratorio in Italia sono sfavorevoli nel confronto internazionale. È bassa la quota di immigrati con titolo di studio almeno pari alla laurea (13,9 per cento, contro il 31,8 nella media europea), mentre è elevato il numero di laureati italiani che cercano all’estero opportunità di lavoro in linea con le loro aspettative di carriera e crescita professionale. Colmare il divario richiede migliori condizioni lavorative e un ambiente favorevole a sviluppare un progetto di vita radicato nel Paese. È un terreno fertile per politiche pubbliche volte a migliorare infrastrutture e servizi sul territorio, con un’attenzione particolare alle esigenze delle giovani famiglie. È altresì importante agire sui flussi in uscita dal mercato del lavoro, con incentivi a prolungare la durata dell’attività lavorativa e misure mirate a un più rapido reinserimento dei disoccupati. Le vigenti regole del sistema pensionistico, con l’adeguamento automatico dei requisiti minimi di pensionamento alla variazione dell’aspettativa di vita, trattenendo gli attivi più a lungo nel mercato del lavoro, contribuiscono a mantenere elevato il tasso di partecipazione, riducendo, a parità di altre condizioni, l’indice di dipendenza dei pensionati. Ragioni di equità intergenerazionale e di attrattività dell’attività lavorativa richiedono di migliorare le condizioni economiche e reddituali per la popolazione attiva, garantendo al contempo prospettive adeguate di dinamica salariale e un più saldo legame delle retribuzioni con la produttività del lavoro. Carriere lavorative lunghe, remunerative e continuative assicurano, oltre a trattamenti pensionistici più elevati, una maggiore contribuzione al sistema previdenziale e consentirebbero di ridurre le pressioni che il progressivo invecchiamento della popolazione genererà sul suo equilibrio finanziario e sulle finanze pubbliche. Bilanciare le esigenze di generazioni in diverse fasi del ciclo di vita e contrastare l’impatto sfavorevole della demografia richiederà di sbloccare appieno il potenziale di crescita dell’economia. Per ripartire in modo equo e sostenibile la ricchezza tra le generazioni è necessario, in primo luogo, che la ricchezza sia generata in misura adeguata. La leva fondamentale che occorre attivare è la crescita della produttività dei fattori. In un contesto internazionale caratterizzato da complesse transizioni tecnologiche, forti tensioni geopolitiche e riorientamento degli scambi, sarà vieppiù cruciale la capacità di innovare, sia per competere sui mercati globali sia per assicurare propulsione al motore interno della crescita. Occorre promuovere lo sviluppo e l’adozione su vasta scala delle tecnologie di frontiera e favorire un efficace adeguamento delle competenze della forza lavoro, attraverso un’azione mirata di supporto all’accumulazione di capitale fisico e umano e contribuendo a creare un ambiente favorevole alla crescita e all’innovazione. Riguardo all’effetto diretto della transizione demografica sui conti pubblici, le proiezioni disponibili restituiscono un quadro di sostanziale tenuta, pur con la prospettiva di un significativo aumento delle spese legate all’invecchiamento nel prossimo decennio. Il picco dell’incidenza di tali spese sul prodotto si raggiungerebbe intorno al 2040, trainato dall’incremento della componente previdenziale. La programmazione di bilancio di medio termine dovrà tenerne conto per assicurare la continua e plausibile discesa del debito pubblico in rapporto al PIL richiesta anche dalle regole europee. Sull’intero orizzonte temporale delle proiezioni si assisterebbe a un processo di parziale ricomposizione della spesa, con la componente pensionistica che, pur rimanendo di gran lunga maggioritaria, vedrebbe diminuire il suo peso relativo a causa di un sensibile aumento dell’età di pensionamento e di una riduzione significativa nel rapporto tra pensione e retribuzione media. Parallelamente, crescerebbero le quote delle spese sanitaria e per long-term care all’interno della spesa complessiva. Tra il 2022 e il 2070 il rapporto della spesa pensionistica lorda sul PIL diminuirebbe di 1,9 punti percentuali. Le analisi di sensitività confermano che le modifiche normative introdotte nel corso dei decenni passati, insieme all’aggancio dell’età di pensionamento all’aspettativa di vita, sono state e saranno essenziali per il controllo della dinamica della spesa. È importante che venga mantenuto l’adeguamento automatico alla variazione dell’aspettativa di vita dei requisiti anagrafici e contributivi minimi per l’accesso al pensionamento al fine di attenuare l’aumento dell’indice di dipendenza dei pensionati ed evitare che le pensioni risultino troppo basse, con conseguenti pressioni sugli istituti assistenziali. Le prestazioni future saranno comparabili con quelle attuali se il mercato del lavoro sarà in grado di assicurare carriere lunghe, continuative e ben remunerate. Nelle proiezioni di lungo termine la spesa sanitaria è attesa aumentare in rapporto al PIL di 0,6 punti percentuali rispetto al 2025, per stabilizzarsi sul 6,4 per cento nel 2070. Dopo il 2040, ormai ridimensionato l’impatto dei baby boomers, le maggiori pressioni proverrebbero dal lato dell’offerta dei servizi sanitari. L’equilibrio finanziario richiederà un’adeguata programmazione e un rigoroso controllo sulla regolazione del sistema, che dovranno associarsi con l’attenzione all’appropriatezza delle prestazioni. Rimangono aperte le questioni dell’adeguatezza dell’attuale finanziamento del Servizio sanitario nazionale e del miglioramento del trattamento economico e delle condizioni di lavoro del personale. La spesa per la long-term care è prevista in aumento dall’1,6 per cento del PIL del 2022 al 2,1 nel 2070. Il sistema attuale di assistenza per la non autosufficienza, poco sviluppato nel confronto internazionale e incentrato sui sostegni monetari, non appare pienamente adeguato ad affrontare i maggiori carichi connessi con l’invecchiamento della popolazione. Un suo rafforzamento, in linea con gli standard europei, implicherebbe ulteriori incrementi di spesa e un riorientamento dai sostegni monetari ai servizi pubblici, un passaggio che la recente riforma, prevista dal PNRR, non ha effettivamente realizzato. Eventuali maggiori risorse che si dovessero rendere necessarie per potenziare i servizi sanitari e di assistenza richiederanno misure compensative in altri settori di spesa o aumenti discrezionali della pressione fiscale per evitare un impatto sfavorevole sulla discesa del debito in rapporto al PIL. La distribuzione territoriale dei bisogni sanitari e di assistenza così come delle risorse si modifica nel tempo per effetto delle dinamiche demografiche e migratorie. Le migrazioni interne, in particolare, determinano un flusso netto di popolazione e capitale umano dal Mezzogiorno verso il Centro-Nord, rendendo alcune aree fragili e a rischio di spopolamento, soprattutto nelle zone interne del Paese. È dunque necessario superare i divari nell’accesso e nella qualità dei servizi per evitare che le differenze territoriali rafforzino gli incentivi all’emigrazione. Sarà altresì necessario valutare in maniera tempestiva, con dati capillari e integrati tra Istituzioni, come evolveranno i bisogni sanitari e di assistenza, per poter programmare per tempo interventi di mitigazione e adattamento. L’impatto della transizione demografica è parte integrante del nuovo quadro di regole europee. Il consolidamento di bilancio durante il periodo di aggiustamento (2025-2031 per l’Italia) viene stabilito considerando esplicitamente l’impatto dell’aumento delle spese per invecchiamento sulle proiezioni del debito in rapporto al PIL nel decennio successivo. L’obiettivo è di raggiungere un saldo primario strutturale alla fine del periodo di aggiustamento tale da assicurare una discesa continua e plausibile del debito in rapporto al prodotto anche a fronte del previsto aumento delle spese legate alla transizione demografica. Le proiezioni di tali spese, e quindi il loro impatto sulla dinamica del debito, sono molto sensibili alle ipotesi demografiche sottostanti e alle misure di policy. Per continuare ad assicurare la discesa del debito nel medio termine, dovrebbero essere previste verifiche periodiche delle ipotesi demografiche e assicurare che eventuali interventi in ambito pensionistico, sanitario e di assistenza non vengano finanziati in disavanzo. In questa prospettiva, è auspicabile che la revisione della legge di contabilità rafforzi i presidi per garantire la trasparenza della programmazione degli interventi, il monitoraggio della loro attuazione e la valutazione degli effetti. In fase di programmazione, un arricchimento del contenuto informativo del Piano strutturale di bilancio con l’evidenziazione degli andamenti tendenziali e programmatici dei principali comparti di spesa legati agli andamenti demografici, quali pensioni e sanità, favorirebbe una più approfondita valutazione da parte del Parlamento. Nell’ambito del monitoraggio annuale sullo stato di attuazione delle riforme, il Documento di finanza pubblica potrebbe dare una evidenza specifica relativamente a quelle rilevanti per la transizione demografica. Una particolare importanza riveste la valutazione degli esiti degli interventi in modo tale che le scelte di mantenimento o riforma dei programmi di spesa esistenti siano fondati sulla valutazione ex post della loro efficacia ed efficienza. In questo contesto, una forma più strutturata di valutazione a posteriori degli impatti delle politiche pubbliche potrebbe essere individuata nell’ambito della revisione dell’articolo 39 della L. 196/2009 relativo all’analisi e alla valutazione della spesa. Alla luce delle dinamiche demografiche già in atto, in Italia come in altre economie avanzate, rinviare interventi mirati sul fronte dell’occupazione, della natalità, della valorizzazione del capitale umano e del miglioramento dei saldi migratori rischierebbe di compromettere la sostenibilità economica e, in ultima istanza, anche sociale del Paese. Intervenire con lungimiranza permetterà, invece, di affrontare la transizione demografica non come un freno, ma come una sfida da governare.» (Fonte: Audizione della Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica in atto, 8 luglio 2025).
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