Commercialisti e ragionieri: no in un’unica cassa
Ungdcec e Aidc dopo l'interrogazione del deputato Scotto (Pd).
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“Siamo fermamente contrari all’idea di promuovere un’unificazione delle Casse di previdenza dei dottori commercialisti (Cdc) e dei ragionieri (Cnpr).
Gli importanti equilibri patrimoniali e finanziari raggiunti dalla Cassa dei dottori commercialisti sono il frutto della condotta e della lealtà contributiva che contraddistingue la categoria, unitamente all’oculata gestione che la governance della Cdc ha saputo attuare nel tempo, assumendo decisioni corrette e adottando provvedimenti che hanno potuto proiettare in avanti l’autonomia della Cassa”.
A pensarla così sono i presidenti di due sindacati di categoria, Francesco Cataldi (Unione giovani dottori commercialisti ed esperti contabili, Ungdcec) e Andrea Ferrari (Associazione italiana dottori commercialisti, Aidc).
“Non intendiamo entrare nel merito delle paventate difficoltà in cui versa la Cassa ragionieri, di cui si fa cenno nell’interrogazione parlamentare del deputato Arturo Scotto (Pd) ai ministri del Lavoro, dell’Economia e della Giustizia. Ciò che ci preme sottolineare è che la soluzione alle eventuali difficoltà della Cassa ragionieri a garantire un equilibrio previdenziale nel lungo periodo, secondo quanto rilevato dalla Corte dei Conti nel novembre 2023, non può essere demandata (o meglio scaricata) su una sola Cassa di previdenza virtuosa”, aggiungono, sostenendo che “non si tratta di mero interesse corporativo, bensì della volontà di tutelare il risparmio previdenziale della nostra categoria e la qualità e quantità dei servizi assistenziali finora resi dalla nostra Cassa.
Per questo, concludono Cataldi e Ferrari, “chiediamo ai ministri interessati dall’interrogazione parlamentare di respingere la proposta formulata, tenendo in debito conto la posizione dei dottori commercialisti e, soprattutto, dei giovani colleghi.
Viviamo un momento storico di grave disaffezione verso la nostra professione, delicata ed importante per la collettività, e non riteniamo sia il caso di minare ulteriormente uno dei pochi punti fermi del sistema, ovvero la stabilità e l’autonomia della nostra Cassa di previdenza”.
Ansa
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