Al via il cantiere delle pensioni.
Nuovo tentativo tra governo e parti sociali per mettere mano al sistema previdenziale con una riforma organica che non si limiti a interventi tampone.
Giovedì 19 è fissato un incontro al ministero del Lavoro ma la Cgil sottolinea già la necessità di andare oltre i tavoli con decine di sigle per iniziare un confronto nel merito con i soggetti veramente rappresentativi.
Giovedì probabilmente sarà solo un momento di ascolto, utile per definire un calendario ma poi gli incontri dovranno essere serrati nel tentativo di trovare un accordo su tutti i temi entro l’estate.
La ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, si è detta ottimista, convinta delle necessità di razionalizzare il sistema. Per la Cgil però la legge di Bilancio ha “gettato un’ombra” sul confronto peggiorando la situazione precedente per quanto riguarda le donne e i precoci e sottraendo risorse ai pensionati con il taglio alla rivalutazione degli assegni rispetto all’inflazione. E mentre si affronta il tema previdenziale il Governo deve mettere mano anche al reddito di cittadinanza separando il sussidio di contrasto alla povertà dalle politiche di inclusione lavorativa dando più spazio ai Comuni e ai territori in generale. Si sta affrontando anche il tema della flessibilità del lavoro e, se appare difficile un intervento entro gennaio come inizialmente annunciato, è probabile che entro febbraio si trovi la quadra per una maggiore liberalizzazione del contratto a termine dopo la stretta del decreto Dignità del governo Conte.
Cgil, Cisl e Uil chiedono di introdurre una flessibilità di uscita verso la pensione dai 62 anni “senza penalizzazioni esplicite”. Questo è possibile, spiega il segretario confederale della Uil Domenico Proietti, perché ormai sono pochissimi i lavoratori che hanno il metodo retributivo applicato a tutti i contributi fino al 2011 (quelli che al tempo della riforma Dini scattata nel 1996 avevano già versato 18 anni di contributi).
Una delle ipotesi sulle quali si potrebbe lavorare è dare la possibilità anche a chi è nel sistema misto di andare in pensione prima dell’età di vecchiaia avendo maturato un livello minimo di pensione (adesso è possibile con tre anni di anticipo per chi è totalmente nel contributivo ed ha maturato un importo di pensione almeno pari a 2,8 volte la pensione minima).
Abbassando la soglia di 2,8 (magari fino all’1,5) e allargando anche a chi è nel misto la possibilità di uscire, si avrebbe una flessibilità maggiore. Ma per il Governo resta il tema dei costi (che anche questa ipotesi avrebbe) ed appare difficile che sia data la disponibilità a intervenire anche sulle altre richieste dei sindacati come la pensione contributiva di garanzia e la Quota 41 senza limiti di età. Il confronto negli anni scorsi si è arenato prima a causa della pandemia e poi della guerra in Ucraina, ma anche questa volta ci sono fattori che remano contro l’investimento di risorse nel settore a partire dall’impegno sui costi energetici. Dal Governo comunque arriva la convinzione che la riforma possa arrivare.
“Sono ottimista – ha detto Calderone – credo ci sia necessità di semplificare, razionalizzare, mettere mano a tutte le gestioni, di chiudere con interventi tampone che facciamo in ogni finanziaria, dare certezza a chi deve andare in pensione, di quali sono le regole e quale l’età per andare in pensione e quali sono le anticipazioni. La riforma complessiva chiede tempo ma penso si possa avere una definizione entro l’estate”.
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