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Lo sfogo del medico sugli specializzandi e il test di Medicina

Gabriele Bronzetti, medico dell'ospedale Sant'Orsola, lancia l'allarme sulla professione: lo sfogo sugli specializzandi e il test di Medicina.

Lo sfogo del medico sugli specializzandi e il test di Medicina

Lo sfogo di un medico dell’ospedale universitario Sant’Orsola di Bologna affronta due temi cruciali per chi si forma in ambito sanitario: non solo i test per l’ammissione alle facoltà di Medicina, ma anche il ruolo degli specializzandi. In una lettera, il dottore descrive una situazione vissuta in ospedale durante le festività natalizie e riflette sulle difficoltà che incontrano i giovani medici nel loro percorso, e anche i medici più “anziani”, spesso lasciati soli nei giorni “superfestivi”.

L’allarme del medico: “Siamo in pericolo”

Siamo in pericolo e non l’abbiamo capito“. È l’allarme lanciato da Gabriele Bronzetti, cardiologo al Sant’Orsola, sulle pagine del Corriere della Sera, in cui ha descritto quanto accaduto in ospedale nel giorno di Natale.

“Come si spiega altrimenti l’indifferenza al fatto che in giorni tipo Natale e simili in un ospedale universitario diversi medici ‘anziani’ facciano le guardie senza specializzandi? – ha proseguito -Che dire di reparti ricchi di specializzandi nei giorni feriali (addirittura in competizione per completare la curva di apprendimento) dove, nei giorni superfestivi, strutturati maturi o prossimi alla pensione sono soli per dodici ore o più dietro quella porta a fare il giro? Niente di sindacale, corporativo o vittimistico”.

Secondo Bronzetti, la carenza di specializzandi nei turni festivi non è un dettaglio organizzativo, ma un rischio concreto per la sicurezza dei pazienti e per la tenuta del sistema sanitario. Il medico sottolinea che nei giorni “superfestivi” capita che un solo professionista strutturato debba gestire l’intero reparto per molte ore consecutive, senza il supporto dei giovani in formazione.

Per spiegare la gravità della situazione, utilizza un paragone molto netto: “Non si è mai visto un 737 con un solo pilota, neanche nei giorni di festa e nemmeno nelle peggiori compagnie”. In ospedale invece, racconta il cardiologo, questo accade. Ed è, a suo giudizio, “un’ingiustizia didattica verso cui i medici in formazione dovrebbero ribellarsi per primi“.

Per Bronzetti, quindi, il problema non riguarda solo la fatica dei medici più esperti, ma anche la formazione dei futuri professionisti. La presenza degli specializzandi nei reparti è parte integrante del loro percorso: imparano osservando, affiancando, intervenendo sotto supervisione. Se nei momenti più complessi non ci sono, la loro crescita professionale si impoverisce e il sistema perde un tassello fondamentale.

Cos’ha detto il medico su specializzandi e test di Medicina

Nella sua lettera, Bronzetti collega la situazione degli specializzandi al tema del semestre filtro di Medicina. Parla di “aspiranti medici umiliati” e del “pasticciaccio dei test”, definendolo un meccanismo che “ha rivelato una stolidità prossima alla nequizia che, senza un ravvedimento, potrebbe superare i quiz per arrivare agli stadi più inoltrati della formazione professionale“. Secondo lui, il sistema di selezione rischia di produrre effetti negativi lungo tutta la filiera formativa: dal primo anno di università fino alla specializzazione.

Ed è anche per questo, sostiene il medico, che si finisce per accettare come normale che in un giorno come quello di Natale “diversi medici ‘anziani’ hanno fatto le guardie senza specializzandi”.

Bronzetti ha aggiunto: “Specializzando è una parola brutta ma pratica, si dovrebbe dire medico in formazione. Allora, cosa c’è di più formativo che essere presenti sull’abbagliante soglia della vita che viene e che va? Converrete che la probabilità di assistere agli ‘eventi’ cresce all’aumentare del tempo che si trascorre in ospedale”.

In gioco, sostiene il medico, “c’è la necessità didattica e la dignità di una professione. Gavetta è altra cosa dal nonnismo ed è bizzarro che un trentenne debba riposare più di un sessantenne”.

Il suo messaggio finale è un monito: “Anche una professione può morire ed è per questo che non dovrebbe mai essere lasciata sola”.

 

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