È delle dittature cancellare i libri
L’appello contro Passaggio al Bosco – editore di titoli fascisti che esporrà a Più Libri Più Liberi – ricorda quando l’Urss sospese la pubblicazione degli scritti di Stalin maledetti da Chruščev. E allora li pubblicò l’università di Stanford, perché le democrazie fanno così.
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Confesso di avere sui miei scaffali molti libri dei più feroci dittatori del Ventesimo secolo. Non solo gli Scritti e discorsi di Benito Mussolini in dodici volumi (regalo natalizio del mio dentista, che è molto più a sinistra di Fratoianni), ma anche il Mein Kampf in traduzione italiana (pubblicato nel 1991 dall’editore La Lucciola, che immagino lontano da sinceri sentimenti democratici) e ovviamente le opere complete di Stalin e di numerosi tra i suoi terribili gerarchi.
“Vabbè – diranno forse alcuni – sei uno storico e gli storici lavorano anche sui testi”. Vero. Ma leggendo l’appello degli Ottanta Purissimi che chiedono di bandire da Più Libri Più Liberi lo stand dell’editore Passaggio al Bosco, il cui catalogo si fonda effettivamente “sull’esaltazione di esperienze e figure fondanti del pantheon nazifascista” come scrivono nell’appello, mi sono ricordato di cosa accadde nel 1956 all’edizione sovietica delle opere di Stalin.
Avviata con tirature faraoniche nel 1946, all’apice del culto del despota sovietico, e progettata come una serie di volumi che avrebbero dovuto ospitare le migliaia di pagine dei suoi scritti dalla giovinezza in avanti, fu improvvisamente interrotta da Chruščev subito dopo il XX congresso del partito e la sacrosanta denuncia delle malefatte staliniane. Da quel giorno, l’ordine del Cremlino fu di non pubblicare più niente del dittatore ormai defunto e caduto in disgrazia. Il risultato fu che l’edizione in russo delle opere di Stalin riprese poi da dove si era fermata, ma questa volta negli Stati Uniti e a cura dell’università di Stanford. Perché uno dei tratti che rendono tale una democrazia è che gli editori non devono essere autorizzati dalla politica a pubblicare quello che vogliono, anche quando scelgono di pubblicare il male.
Non so se gli Ottanta Purissimi ne sono consapevoli, ma nella loro richiesta c’è molto di quella mentalità totalitaria che è sempre stata nemica della libera attività editoriale. Una libertà che tra l’altro farà sì che tra gli stand di Più Libri Più Liberi vi sia anche quest’anno Teti Editore, specializzato nella pubblicazione dei testi sacri del putinismo (che del fascismo novecentesco è la versione contemporanea, peraltro assai attiva nella pratica fascistissima della strage di civili). Ed è giusto che sia così. Anzi, se una critica dev’essere fatta agli organizzatori di Più Libri Più Liberi è semmai quella di non aver difeso nel merito la scelta di ospitare Passaggio al Bosco, cavandosela con una risposta burocratica alle critiche degli Ottanta.
“I nuovi espositori vengono accolti sulla base dei posti disponibili e nell’ordine di arrivo delle domande”, hanno fatto sapere dall’Associazione degli Editori Italiani. Come se si trattasse di smaltire la fila mattutina allo sportello dell’ASL e non di una scelta culturale, quale effettivamente è stata la decisione di accogliere Passaggio al Bosco dopo anni in cui la stessa richiesta era stata invece respinta. Se quest’anno si è scelto di ospitare anche un editore di simpatie neofasciste lo si poteva e doveva rivendicare fino in fondo: non certo come una scivolata verso l’apologia di fascismo – perché pubblicare un libro del collaborazionista hitleriano Léon Degrelle, per quanto rivoltante, non ha niente a che fare con la propaganda pubblica del nazifascismo o con la riorganizzazione politica del PNF – ma come interpretazione dello spirito più autentico di quella libera, caotica e disinibita attività editoriale che le dittature cercano sempre di reprimere.
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