Anno: XXVI - Numero 224    
Giovedì 20 Novembre 2025 ore 13:30
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Elsa Fornero: "Maxi Pnrr e mini crescita: la solita, italiana, occasione mancata"

L'economista ed ex ministro del Lavoro delusa da come sono state utilizzate le risorse erogate dall'Europa.

Elsa Fornero:

“Forse possiamo sperare che tra un po’ di tempo questi investimenti mostrino i loro effetti positivi. Ma non possiamo sperare di sistemare le cose sempre all’ultimo momento”

Professoressa Fornero, a quanto pare neanche quasi 200 miliardi di euro di fondi del Pnrr sono bastati a far muovere di un palmo il Pil dell’Italia. Da economista, ma anche da protagonista del dibattito politico, come spiega il fatto che aver speso questa montagna di soldi sembra non aver avuto l’effetto sperato sulla crescita?

Diciamo che potremmo tentare un’interpretazione benevola. Il PNRR era focalizzato su tre pilastri fondamentali per la crescita: gli investimenti, l’innovazione, e poi le riforme. Nel contesto degli investimenti rientra anche il green, che io considero un investimento: investire per mitigare il cambiamento climatico è un investimento che migliora la nostra vita. La teoria benevola suggerirebbe che gli investimenti hanno bisogno di tempo per dispiegare i loro effetti positivi.

Ma, si direbbe, c’è un “ma”.

In effetti, io temo che non sia andata così come dice la teoria benevola. Propendo piuttosto per l’interpretazione più negativa, quella secondo cui quella del Pnrr è stata un’occasione mancata. Non abbiamo completa trasparenza di informazione sul PNRR. Abbiamo visto ridiscutere cambiamenti di direzione in diverse occasioni, e non sempre in modo favorevole alla crescita. In effetti, qualche effetto positivo dovrebbe già essere visibile. Eppure, le statistiche ci dicono che quella minimissima crescita che abbiamo avuto negli ultimi anni la dobbiamo al PNRR. Senza questi fondi – e dobbiamo ringraziare l’Europa – ci troveremmo in una situazione di recessione prolungata, ovvero l’opposto della crescita. Però, un barlume di speranza c’è: l’economia dipende molto anche dai comportamenti delle persone, e questi possono cambiare in senso più favorevole alla crescita, magari attraverso una migliore educazione al sistema economico.

Possiamo dire che c’è un problema storico tutto italiano, una difficoltà a spendere i soldi? Non solo le risorse del Pnrr, ma tutti i fondi europei in generale. Non riusciamo a fare i progetti, o li facciamo male e le risorse vengono tolte… Secondo lei, questa incapacità strutturale ha pesato in maniera significativa anche sull’efficacia dei progetti di investimento del Pnrr?

Assolutamente sì. C’è a mio avviso una responsabilità della politica che non si limita solo a questo governo. Questo governo, però, un po’ di aggravanti ne ha, ovvero il fatto di impegnarsi quasi esclusivamente in misure di breve termine. Non ci sono stati periodi di azione bipartisan indirizzata a disegnare un Paese per il futuro, il che implicherebbe puntare molto sull’istruzione e sulla conoscenza. La politica che abbiamo avuto è stata spesso populista, se vuole, concentrata sui vantaggi elettorali di breve periodo. La crescita è una questione di lungo periodo, ed è lì che bisogna agire. Ma non l’abbiamo fatto.

Ma la stabilità del quadro politico, forse, poteva essere un’opportunità…

E’ vero, ci si vanta molto di una stabilità che dovrebbe, per l’appunto, ispirare politiche di lungo termine. Invece, le riforme promesse non si vedono, e forse ce ne dobbiamo rallegrare. E c’è invece una riforma della giustizia che non influenzerà l’efficienza dei processi o dell’amministrazione della giustizia, né cambierà la vita ai cittadini. Al suo attivo questo governo – va detto – almeno ha cercato di contenere i conti pubblici, evitando di portarci vicini a una crisi finanziaria, come era successo in passato.

Tornando al Pnrr, di volta in volta i ministri competenti hanno cercato di prendere risorse inutilizzabili o impegnate su progetti non relaizzabili e spostarle di qua e di là. Un processo che lei definisce poco trasparente, e spesso un po’ affannoso. Che idea si è fatta?

Prima lei diceva che non sappiamo spendere i fondi strutturali o di coesione. Io aggiungerei che non sappiamo spendere secondo i requisiti e i vincoli che ci vengono posti da coloro che ci danno i soldi. L’Europa, come sa chiunque tenti di utilizzare quelle risorse, impone molti vincoli. Noi non riusciamo a rispettarli, perché abbiamo sempre l’idea di spendere con creatività, pensiamo sempre di riuscire ad aggiustare le cose mentre le facciamo, che sia possibile sempre inserire qualcosa all’ultimo momento. L’Europa, invece, ti chiede un piano e vuole che tu lo rispetti. Ricordo bene quando ero ministro: la richiesta dall’Europa era esattamente quella di fare in modo che le Regioni, in particolare quelle del Sud, spendessero meglio le loro risorse, perché se non vengono spese bene devono essere restituite, e siccome non sanno restituirle, preferiscono non spenderle affatto.

Abbiamo fatto progressi da allora?

Molto pochi, direi. Forse alcune amministrazioni pubbliche sono migliorate, ma c’è ancora molta burocrazia inefficiente. Non mi piace dire che tutta la burocrazia sia un peso, perché ci sono figure con un altissimo senso del dovere. Però poi c’è una quantità di persone che forse fa poco il suo dovere, o che si gingilla con piccinerie che fanno perdere la pazienza, magari a un piccolo imprenditore che vuole avviare un’attività. A distanza di decenni, abbiamo ancora troppi “lacci e lacciuoli,” come li chiamò Guido Carli tanto tempo fa.

Qualcuno sostiene che questa nostra tendenza a gestire le cose con creatività (o affanno dell’ultimo minuto) è anche un vantaggio per noi italiani, perché poi nei momenti difficili sappiamo dare il meglio.

Io vorrei che sapessimo dare il meglio anche in condizioni “normali”, sperando che queste condizioni tornino presto. Questo ci permetterebbe di crescere almeno dell’1,5-2 per cento, cioè a un ritmo di crescita compatibili anche con una piena ripresa degli obiettivi verdi di cui parlavamo prima. Obiettivi che invece adesso sembra vengano considerati una “follia” da mettere da parte. Ci saranno state pure state delle esagerazioni, ma bisogna fare attenzione perché le indicazioni degli scienziati mi pare siano molto chiare, e non ci si sostituisce impunemente alla scienza.

di  Roberto Giovannini su Huffpost

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