Quota modulare della pensione della cassa forense
La Cassazione chiarisce i limiti.
Il 24 marzo 2025 io sulla quota modulare della pensione di Cassa forense scrivevo questo:
“«Cominciamo con il ricordare che l’istituto è nato nel 2009 per mettere a disposizione degli iscritti, su base volontaria, uno strumento per incrementare, in prospettiva futura, la propria pensione, ottenendo, da subito, importanti benefici fiscali. La contribuzione modulare, infatti, non è altro che un contributo soggettivo versato, su base volontaria, con una aliquota maggiore rispetto a quella minima prevista come obbligatoria. Non è soggetta ai limiti di deducibilità previsti per la previdenza integrativa, perché, a tutti gli effetti, si tratta di una quota aggiuntiva di contribuzione soggettiva che darà luogo, in futuro, ad una quota aggiuntiva di pensione.
I forfettari potranno utilizzare la deducibilità ove in possesso di redditi Irpef ulteriori rispetto a quelli professionali. Tale quota di pensione verrà calcolata sempre con il sistema contributivo ma con una importante variante rispetto alla quota di base. La rivalutazione del montante contributivo versato volontariamente per la quota modulare non avverrà sulla base della media quinquennale del Pil nazionale, ma sulla base del rendimento netto del patrimonio della Cassa, calcolato sempre con riferimento al quinquennio antecedente e con un minimo garantito dell’1,50%.
Per la precisione il rendimento del patrimonio della Cassa viene valorizzato al 90% sul montante contributivo mentre il restante 10% va a costituire un fondo di riserva a reale garanzia dell’1.50% previsto come rendimento minimo. Come si può verificare consultando gli ultimi bilanci della Cassa si tratta di rendimenti ben superiori all’andamento del Pil nazionale, a tutto vantaggio degli aderenti.
Ovviamente trattandosi di un istituto totalmente diverso da un fondo di previdenza integrativa, non sono previste anticipazioni a nessun titolo né la restituzione del capitale in alternativa alla rendita vitalizia.
Ma quali sono le innovazioni apportate con la Riforma del 2024?
Innanzitutto l’aliquota percentuale massima entro cui è possibile effettuare il versamento annuo del contributo modulare volontario è aumentata dal 10% del 2024 al 20% del 2025 (fermo restando il versamento volontario minimo fissato all’1%). In questo modo la convenienza dell’istituto aumenta sensibilmente, soprattutto, per i percettori di redditi medio alti, sia sotto il profilo della deducibilità fiscale, sia sotto quello pensionistico, in prospettiva futura. Inoltre l’aumento del tetto pensionabile, da euro 121.900,00 del 2024 a euro 130.000,00 del 2025, contribuisce ad aumentare i possibili margini di utilizzo dell’istituto.» (avv. Michele Proietti in Contribuzione modulare – novità in arrivo del 13.11.2024 su CFnews, DG di Cassa Forense in quiescenza).
Nel libro “La nuova previdenza forense” (Cedam 2025) scritto da Marina Piovera e Michele Proietti, il tema della quota modulare viene trattato con molta attenzione al capitolo V.
I due autori denunciano però che l’utilizzo di questo strumento è ancora molto contenuto perché nel 2023, solo l’11% degli iscritti (pensionati esclusi) ha optato per la quota modulare della pensione e che, come testimoniato dall’indagine Censis del 2016, oltre il 50% degli iscritti non conosce il contributo modulare e la sua funzione.
Cassa Forense ha quindi il problema di far conoscere la pensione modulare e il suo funzionamento, con i suoi pregi e difetti e, de iure condendo, renderla più appetibile agli aventi diritto.
E’ bene chiarire, a questo punto del nostro approfondimento, che la quota modulare non è una forma autonoma di pensione complementare ma, sotto il profilo della natura giuridica, costituisce un’ulteriore aggiunta volontaria del contributo soggettivo, con gli effetti della deducibilità fiscale, senza obbligo di versamento ed a cui sono legittimati gli iscritti attivi a Cassa Forense ed i pensionati di invalidità.
La quota modulare ha la mera natura, quindi, di un versamento aggiuntivo, destinato ad ampliare il montante contributivo della pensione come un «secondo salvadanaio personale in aiuto al montante obbligatorio.
Che non si tratti di una pensione complementare è peraltro confermato dalla mancata costituzione, ex artt. 1 co. 4 e 4 del d.lgs. 252/2005, di un apposito fondo o patrimonio separato ovvero per la carenza di tutte le caratteristiche sostanziali e formali della previdenza complementare, tanto da non esser consentite né anticipazioni né erogazioni di capitale.
Dunque, quota base e quota modulare costruiscono un’unica pensione, nella sommatoria di due quote, la base e quella modulare, entrambe calcolate con il criterio contributivo.
Il libro, numeri alla mano, dimostra però che il montante della quota modulare viene rivalutato utilizzando un parametro più vantaggioso rispetto a quello della quota contributiva e questo perché la rivalutazione della quota modulare viene riferita al patrimonio della Cassa che ha offerto valori più elevati rispetto alla variazione del PIL nominale su cui viene calcolata, invece, la pensione contributiva.
Lo studio offre poi un altro dato, estremamente interessante, e cioè che il rischio finanziario si riduce progressivamente all’aumentare del periodo di investimento, azzerandosi completamente dopo 14 anni. Questo significa, scrivono gli autori, che se si fosse investito nel mercato azionario (diversificato) per almeno 14 anni in un qualsiasi periodo degli ultimi 50 anni, non si sarebbe mai ottenuto un rendimento negativo con la conseguenza che il rischio del mercato finanziario sarebbe stato neutralizzato.
Il dato dei 14 anni si basa su campionamenti, stime o medie e rispecchia una tendenza generale piuttosto che un valore puntuale, pertanto, incontra una componente di incertezza e un margine di errore, ma tale margine di errore viene misurato.
Oggi la quota modulare della pensione si commassa nel restante patrimonio e manca la personalizzazione nella gestione del montante.
De iure condendo, pur tenendo conto che la quota modulare, come chiarito più sopra, ha la stessa natura del contributo soggettivo cosi da consentirle la totale deduzione fiscale, sarebbe probabilmente utile gestirla in maniera autonoma, consentendo all’iscritto la scelta tra le varie linee di investimento, suggerendo, poi, a chi si trova lontano dal pensionamento, l’opzione dell’asset azionario diversificato per i vantaggi di cui sopra.
Commassamento sì, ma gestione diversa in una sorta di “astuzia della ragione” per renderla più profittevole anche in considerazione del fatto che il tasso di sostituzione per gli iscritti dal 01.01.2025 risulta insufficiente a mantenere il livello di vita raggiunto durante l’attività lavorativa e questo non lo dico solo io ma anche Cassa Forense, ma di questo parlerò in un prossimo commento.
Recentemente un paper (Beyond the StatusQuo: A CRITICAL Assessment of Lifecycle Investment Advice in Investimenti 19.2.2024) conclude che un investimento 100% azionario per tutta la vita, realizzi dei rendimenti medi più elevati rispetto ad una serie di asset allocation più o meno dinamiche, con la conseguenza di minimizzare il rischio di rovina dopo il pensionamento.
Ovviamente questo è possibile trattandosi di una QUOTA CONTRIBUTIVA VOLONTARIA e non obbligatoria.”
Non avevo però notizia della sentenza n. 5345 della Cassazione civile, Sezione lavoro, depositata in Cancelleria il 28.02.2025.
Con questa sentenza, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso che era stato proposto avverso la sentenza n. 1298/2019 della Corte di Appello di Roma che aveva, a sua volta, confermato la sentenza del Tribunale di Roma che aveva rigettato il ricorso del Collega che aveva chiesto il trasferimento della quota modulare versata presso il fondo di Generali Italia SpA o altro fondo pensionistico complementare, ai sensi dell’art. 14, comma 6, del d.lgs. n. 252/2005 o in subordine la restituzione della somma.
Sulla sentenza del Tribunale di Roma la dottrina ha sin qui giustificato la natura di contribuzione integrativa quanto alla modulare.
La Corte di Cassazione nella motivazione della sentenza ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso “perché non si confronta con la statuizione espressa dalla Corte del merito secondo la quale il contributo soggettivo modulare obbligatorio rientra nell’ambito della previdenza obbligatoria della categoria forense ed è del tutto estraneo alla previdenza complementare”.
Ora, giunti a questo punto, a mio giudizio, si pone il problema sulla natura giuridica della contribuzione modulare perché al momento della sua introduzione, nel 2010, e fino al 2012, il contributo modulare è stato obbligatorio nella misura dell’1% con possibilità di versare facoltativamente dal 2% al 10%.
Dopo il 2012 la quota obbligatoria è stata eliminata e tutta la quota modulare è diventata volontaria e l’aliquota percentuale massima entro cui è possibile versare il contributo annuo è aumentata dal 10%, del 2024, al 20%, del 2025 (fermo restando il versamento volontario minimo fissato all’1%).
Ora, leggendo la motivazione della sentenza della Cassazione citata, sembra di capire che la quota del contributo soggettivo modulare è stata ritenuta estranea alla previdenza complementare perché in parte obbligatoria, come quota integrativa del contributo soggettivo, dove la obbligatorietà era stata prevista proprio per sfuggire al regolamento fiscale della previdenza complementare e assicurare la deducibilità fiscale totale ai fini Irpef.
Ma dal 2012 in poi l’obbligatorietà è stata, imprudentemente, eliminata e da allora la contribuzione modulare è diventata solo volontaria.
È ancora estranea alla previdenza complementare e solo perché non è gestita separatamente?
Ho i miei seri dubbi al riguardo.
Nella recente riforma, entrata in vigore l’01.01.2025, non era meglio seguire la Cassa Commercialisti per la quale:
“Art. 8 – Contributo soggettivo
- Gli iscritti sono obbligati al versamento di un contributo soggettivo annuo.
- Il contributo soggettivo è dovuto in percentuale variabile dal 12% al 100%:
- del reddito professionale netto, di cui al comma 1 dell’art. 53 D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, prodotto nell’anno precedente, quale risulta dalla relativa dichiarazione fiscale;
- della quota di reddito prodotto dalla STP nell’anno precedente, quale risulta dalla relativa dichiarazione fiscale, ed attribuita al socio in ragione della quota di partecipazione agli utili. A tal fine si prescinde dalla qualificazione fiscale del reddito e dalla destinazione che l’assemblea della STP abbia eventualmente riservato a detti utili, e pertanto non rileva l’eventuale mancata distribuzione ai soci.
- Le percentuali di cui al comma 2 si applicano fino a un reddito massimo pari a euro 173.050,00 rivalutato annualmente ai sensi dell’art. 11.
- Salvo quanto previsto ai commi 5, 6 e 7, è comunque dovuto un contributo minimo pari a euro 2.610,00 rivalutato annualmente ai sensi dell’art. 11.”
Omissis.
Per Cassa Forense ora il problema è di carattere fiscale perché la contribuzione nella previdenza complementare volontaria non è tutta detraibile. Ogni anno hai a disposizione al massimo € 5.164,57 che lo Stato ti consente di dedurre con il tuo fondo pensione.
Sembra una cifra assurda, ma sono i vecchi 10 milioni di Lire, convertiti in Euro.
Tra 31.164,57 che è la somma di 26.000 euro pari al 20% sul tetto di euro 130 mila + 5.164,57 deducibile con la modulare e soli 5164,57 deducibile nella previdenza complementare, la differenza è notevole e quando su questa differenza si accenderanno i fari del fisco non so come andrà a finire!
Alla domanda alla IA di Google se la contribuzione modulare volontaria sia previdenza complementare, questa la risposta:
“Sì, la contribuzione modulare volontaria è una forma di previdenza complementare perché è una contribuzione facoltativa e aggiuntiva che aumenta la pensione futura, proprio come un fondo pensione. Permette di destinare volontariamente una quota del proprio reddito professionale alla cassa di previdenza per integrare l’importo della pensione di base”.
Avv. Paolo Rosa
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