Privacy da bar dello sport
“Questo Garante per la Privacy è stato eletto durante il governo giallorosso, quindi Pd e M5s, il presidente è in quota Pd, dire che sia pressato dal governo di centrodestra mi sembra ridicolo.
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Cioè se il M5s e il Pd non si fidano di chi hanno messo alla presidenza dell’Authority non se la possono prendere con me, forse dovevano scegliere meglio.”
Così Giorgia Meloni poi aggiunge: “Se volete rifacciamo la legge, ma non l’ho fatta io”.
Il Garante della Privacy doveva difendere i dati, non i partiti. Ma ormai sembra un circolo dopolavoro parlamentare: c’è la quota Pd, la quota M5s, la quota Meloni e, a quanto pare, la quota figuraccia nazionale.
La premier, intercettata all’aeroporto di Fiumicino tra un volo e un alibi, dice che “il Garante è in quota Pd-M5s, ridicolo accusare noi”. Tradotto: noi non c’entriamo, ma ci teniamo a dire la nostra. Poi aggiunge: “Se volete rifacciamo la legge, ma non l’ho fatta io.” È sempre confortante sapere che chi governa si sente ospite abusivo della Repubblica.
Elly Schlein chiede l’azzeramento del collegio: come se bastasse fare “formatta Autorità: sì/no?” per tornare alla purezza istituzionale. I Cinque Stelle, dal canto loro, accusano Meloni di “rispondere da burocrate”: in Italia è come insultare qualcuno dandogli del “lavoratore onesto”.
Nel frattempo, Report mostra messaggi, visite e confidenze tra membri dell’Authority e la politica. La nuova app si chiama “WhatsApp istituzionale – con fuga di notizie incorporata”.
Il Garante, che dovrebbe garantire la riservatezza, ha meno privacy di un profilo Instagram pubblico.
Si scopre che l’organo indipendente non è poi così indipendente: è un po’ come quelle pizzerie “napoletane” aperte a Bolzano da un cugino di Bergamo. Tutti dicono che funziona, nessuno capisce chi comanda.
E mentre Ranucci denuncia “un tribunale politico”, Meloni replica con il consueto scaricabarile prêt-à-porter. Da anni la politica elegge gli arbitri, li usa come pedine e poi si stupisce se fischiano a casaccio.
Ora si invoca la trasparenza. Bene: che inizino col dirci chi paga il conto delle Authority. Perché a forza di quote, correnti e conflitti d’interesse, il Garante per la Privacy è diventato un tavolo da poker dove la posta in gioco è la credibilità dello Stato.
La privacy dei cittadini, invece, è rimasta senza garante. Ma tranquilli: tra un talk show e un comunicato, qualcuno farà un’altra riforma. Magari non la farà, ma intanto ci spiegherà che non era di sua competenza.
“In Italia la privacy è come la politica: tutti dicono di volerla difendere, ma nessuno resiste alla tentazione di spiarla.”
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