Pacifisti italiani sotto le bombe in Ucraina
Durante la decima missione del Movimento Europeo di Azione Nonviolenta, 110 attivisti italiani hanno vissuto l’esperienza diretta di un attacco russo nei pressi di Leopoli: “Abbiamo provato ciò che gli ucraini affrontano ogni giorno, il terrore e la forza di resistere.”

Il cielo sopra l’Ucraina si è illuminato a giorno nella notte tra sabato e domenica. Pesanti esplosioni, fumo, fuoco, la contraerea in azione. A bordo di un treno diretto verso il confine polacco, 110 italiani hanno assistito a quella scena irreale, testimoni involontari di una guerra che da oltre tre anni e mezzo non dà tregua al popolo ucraino. Erano i partecipanti alla decima missione del Movimento Europeo di Azione Nonviolenta, impegnati nel progetto Giubileo della Speranza, un’iniziativa che unisce associazioni, enti civici e organizzazioni del terzo settore per portare sostegno e solidarietà nelle zone colpite dal conflitto.
Il convoglio era partito da Kyiv dopo giorni intensi di incontri e momenti di riflessione. Quando si trovavano ormai vicino a Leopoli, gli attivisti si sono trovati nel mezzo di un nuovo attacco russo: “Attorno a noi esplosioni continue, il cielo rischiarato dalle fiamme, colpi di contraerea – ha raccontato Marco Bentivogli, ex segretario dei metalmeccanici Cisl e oggi coordinatore di Base Italia –. Siamo rimasti due ore fermi, ma a bordo, per sicurezza: il personale temeva nuovi bombardamenti.” Nessuno è rimasto ferito, ma l’esperienza ha lasciato un segno profondo.
“Abbiamo provato sulla nostra pelle – ha spiegato Angelo Moretti, presidente e animatore del MEAN – la sensazione di vivere sempre sul filo della paura, come accade ogni giorno agli ucraini. È una paura che non paralizza, ma che si trasforma in una forza collettiva, nella volontà di non arrendersi.”
La missione, partita il 1° ottobre, ha visto la partecipazione di 35 associazioni italiane, tra cui Azione Cattolica, Sale della Terra, Anci, Fondazione Gariwo e Base Italia. A Kyiv, gli attivisti hanno preso parte a un momento di commemorazione in Piazza Indipendenza insieme al Nunzio Apostolico in Ucraina, mons. Visvaldas Kulbokas, e alla celebrazione del vescovo Vitali Kryvytskyi nella Cattedrale di Sant’Alessandro. Sono seguiti incontri con esponenti della società civile ucraina, come Alyona Horova, presidente dell’Istituto per la Pace e la Comprensione, e rappresentanti dell’Associazione nazionale anticorruzione.
Il tema centrale, condiviso in ogni tappa, è stato quello della nonviolenza come azione politica. Non un pacifismo passivo, ma una presenza attiva nei luoghi del conflitto: “Nonviolenza significa occupare spazi contro il sopruso, costruire ponti, promuovere giustizia riparativa e processi di pace dal basso,” ha spiegato Moretti.
Il Mean chiede ora che l’Unione Europea convochi una seconda Conferenza europea dei cittadini sulla pace e la sicurezza, dopo quella voluta da David Sassoli nel 2021, per dare forma concreta ai corpi civili di pace previsti nel Patto europeo sulla sicurezza comune.
Tra Kyiv e Charkiv, nei luoghi martoriati dai bombardamenti, gli attivisti italiani hanno trovato un popolo stremato ma ancora capace di sperare. “Gli ucraini conservano una forza che commuove – raccontano –. La loro resistenza è una lezione di umanità e di coraggio.”
Il treno ha poi raggiunto il confine polacco, dove la missione si è conclusa. Ma per i partecipanti non è finita: il loro impegno continuerà in Italia, con iniziative di sensibilizzazione e proposte concrete di cooperazione. Perché la nonviolenza, spiegano, “non è fuga dal conflitto, ma la scelta di affrontarlo con la forza della coscienza e della dignità umana.”
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